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La condizione ambientale dei corpi idrici e il monitoraggio dell’ARPAC

by Stefano Sorvino
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Parte II

L’Irpinia, provincia prevalentemente montuosa e caratterizzata dai notevoli massicci del Partenio e Terminio Tuoro, si connota peculiarmente per rilevanti giacimenti idrici di qualità e con valenza interregionale, oggetto di massicci prelievi di risorsa ad uso potabile, con le connesse e rinnovate problematiche di equa regolazione nei rapporti con la Puglia, storicamente risalenti e più che mai attuali.

Le consistenti captazioni di risorse idriche, soprattutto del complesso sistema Sele-Calore (Caposele, Cassano, Serino, ecc.) determinano un rilevante depauperamento della portata delle principali aste fluviali dell’Irpinia, incidendo negativamente sul bilancio idrico e sul deflusso minimo vitale dei corsi d’acqua che si riducono quasi a regime torrentizio – in periodi estivi quasi come rigagnoli – con negativi riflessi anche sullo stato qualitativo per l’abbattimento della capacità naturale di autodepurazione (collegata al rapporto quantità/qualità).

Il reticolo idrografico dell’Irpinia risulta articolato tra il versante occidentale tirrenico e quello orientale adriatico, con i Monti Picentini come spartiacque, e, sotto il profilo qualitativo, emerge la necessità di misure specifiche di protezione, interventi correttivi ed azioni di risanamento per recuperare e mantenere gli obiettivi di qualità dello stato “buono” entro il 2021.

Sull’esteso versante orientale fluiscono i bacini dei torrenti Calaggio e Cervaro e, soprattutto, dell’Ofanto che origina in Alta Irpinia assumendo significativo rilievo interregionale, che – senza soverchie problematiche ambientali – sversano le acque di scorrimento superficiale nel versante adriatico. Invece il fiume Sele, il bacino della Solofrana-Alto Sarno, i corsi d’acqua artificializzati nei canali dei Regi Lagni, l’importante ed articolato sistema del Calore-Sabato, con i suoi principali affluenti in sinistra e destra idrografica (Ufita), sversano le acque di scorrimento superficiale nel versante tirrenico.

Tra i corsi più significativi è il Sabato, affluente del Calore (irpino e beneventano) – a sua volta confluente nel bacino principale del Volturno a Castelcampagnano (CE) – che, con i suoi affluenti secondari (San Francesco e Fenestrelle) attraversa l’area del capoluogo ed il suo hinterland, beneficiando – a differenza della città di Benevento sul Calore ancora priva di impianti di depurazione – del buon funzionamento del moderno depuratore comprensoriale di Pianodardine/Manocalzati.

I tratti iniziali e montani dell’Ofanto e del Sele in Alta Irpinia, poi confluenti in più ampi bacini interregionali – rispettivamente a prevalenza pugliese il primo ed il Sele/Tanagro con preminenza salernitana – denotano una buona condizione ambientale. Più problematica si presenta la situazione del Sarno, bacino interprovinciale che origina dalla Solofrana-comprensorio dell’Alto Sarno, dell’Isclero affluente del Calore – con notevoli criticità per le pressioni della zona caudina  nel suo sviluppo beneventano – e dalla limitata porzione irpina dei Regi Lagni nella parte occidentale della provincia (sottobacini del Clanio, Sciminaro e Quindici), ai limiti della Piana campana Nolana/Acerrana, che si sviluppa soprattutto verso l’hinterland napoletano e casertano.

Nel complesso lo stato ecologico dei corsi d’acqua delle province di Avellino e Benevento – risultante dal combinato di elementi biologici, idromorfologici, fisico-chimici e chimici – è piuttosto critico nelle aree vallive, mentre le aste principali (Sabato, Solofrana, Isclero) e quelle secondarie, che costituiscono il recapito finale di scarichi, presentano uno stato inferiore al “buono” (e cioè all’obiettivo di qualità da raggiungere entro il 2021). Tali corpi idrici sono caratterizzati da una condizione scarsa, evidenziata sia dal LIM che dagli indicatori ecologici biologici (EQB), con un trend evolutivo finora non particolarmente rassicurante.

Viceversa, soprattutto nelle province irpine non si rilevano significative preoccupazioni per lo stato chimico, laddove non si evidenziano nel complesso importanti contaminazioni da pressioni ambientali, anche per la scarsa presenza di inquinamenti industriali. In definitiva l’insieme dei dati di monitoraggio delle acque superficiali in Campania, e in particolare nelle provincedell’entroterra, mostra significative e diffuse criticità da inquinamento organico nei corsi d’acqua, principalmente riconducibili a scarichi urbani non depurati in maniera completa ed adeguata.

In altri termini mentre risulta rassicurante la situazione dell’inquinamento chimico, in quanto la presenza di sostanze indesiderabili di origine antropica è circoscritta a pochi casi specifici, l’inquinamento organico con nutrienti in eccesso risulta diffuso sia lungo le aste principali ma anche nei torrenti secondari che attraversano aree urbanizzate.

Ecco perché emerge l’assoluto rilievo del sistema depurativo, in particolare per le aree interne, sia in negativo – perché la sua attuale inadeguatezza costituisce fonte di inquinamento – sia in positivo nella prospettiva di un miglioramento impiantistico e gestionale, finalizzato al potenziamento della performance e del rendimento ambientale con influenza benefica sulla condizione dei corpi idrici.

A tal fine risulta molto importante la realizzazione del “grande progetto” di “Risanamento ambientale dei corpi idrici superficiali delle aree interne”– finanziato dalla Regione sul precedente POR (soggetto attuatore ARCADIS) ed oggi in fase avanzata – per un importo totale di 100 milioni di euro, suddiviso per lotti funzionali delle province di Avellino e Benevento. Il rilevante intervento prevede per l’Irpinia sia la realizzazione di una serie di nuovi depuratori che il potenziamento di impianti già esistenti e l’adeguamento funzionale di alcuni piccoli, oltre alla realizzazione dei collettori fognari a servizio di 23 Comuni.

In definitiva la qualità impiantistica e gestionale dei processi depurativi risulta essenziale soprattutto rispetto a un reticolo idrografico contrassegnato da massicce captazioni, che impoveriscono l’affluenza dei corsi d’acqua soprattutto nei periodi della magra estiva degradandone la condizione ambientale. Pertanto, in considerazione dell’essenziale rapporto tra tutela qualitativa e quantitativa della risorsa idrica, si può assumere il concetto di una associazione ambientalista secondo cui un depuratore ben gestito può quasi rappresentare una nuova sorgente.

di Stefano Sorvino, commissario ARPAC