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La polemica sui vaccini

by Antonio De Prosperis
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L’eccesso di presenzialismo che affligge la politica italiana ha colpito ancora, operando una scelta meditata, che parlasse alla pancia degli Italiani: i vaccini.

Salvini ha infatti ridato fiato alla polemica anti vax bypassando disinvoltamente il Ministro della Salute Giulia Grillo che solo il 18 giugno scorso aveva ribadito di essere assolutamente a favore dei vaccini, ponendo piuttosto il problema se, superata l’emergenza del calo delle coperture vaccinali, fosse etico richiamarsi a norme sanzionatorie come il divieto di iscrizione scolastica.

E’ pacifico che i vaccini (e gli antibiotici) hanno allungato la vita media. La polemica è frutto di un equivoco: non è il vaccino MPR (morbillo-parotite-rosolia) a causare autismo. Gioca un ruolo chiave la sovrapposizione cronologica fra l’età di somministrazione del vaccino e l’età di comparsa (all’incirca 15 mesi) dei sintomi autistici apprezzabili dai genitori: l’assenza del pointing dell’indice, la selettività alimentare, il vedere senza guardare mirando comunque al “dito e non alla luna”, il sonno iperdisturbato, l’anaffettività (del resto solo apparente), eccetera.

Ormai è noto che l’autismo è un deficit del neurosviluppo indipendente dalle vaccinazioni.

Il medico inglese Andrew Wakefield, che aveva diffuso la bufala del legame vaccini/autismo al fine di propagandare proprie formulazioni vaccinali alternative, è stato radiato dall’ordine dei medici britannico nel 2010.

Il vero problema è stato, in Italia, la diminuzione eclatante dei livelli di protezione vaccinale legata alla disinformazione e alla diseducazione collettiva indotta anche dai media. L’allora ministra Lorenzin affrontò il problema con energia, creando un argine alla deriva anti-vaccinale, attivando la medicina e la pediatria territoriale per individuare i bimbi non vaccinati e fornire una fondamentale attività di counseling ai genitori.

“Si ha paura di ciò che non si conosce”, affermava Marie Curie, e questo va ribadito con fermezza soprattutto in una città a basso livello medio di istruzione come Napoli, nella quale (a Forcella per la precisione) nel 1982 si sono verificati gli ultimi due casi di poliomielite registrati in Italia.

I risultati sono stati ottenuti, è innegabile, ma è giusto che una situazione emergenziale diventi ordinarietà con il rischio che la coscienza sanitaria, e civile, della popolazione finisca per sciogliersi nell’obbligo, irritante ma rassicurante perché salta a pié pari la consapevolezza? Questo è il problema che solleva il ministro Grillo, osservando che 15 paesi europei non contemplano obbligo vaccinale alcuno, fra i quali il Regno Unito, al cui NHS si ispira il nostro SSN.

Corollario di questa posizione è il dubbio che sottoporre i nati dal 2017 in poi a 10 vaccini obbligatori richiami alla mente le lucrose attività delle Big Pharma relativamente ai farmaci per l’AIDS e per l’epatite C. Anche i vaccini hanno infatti un costo e se non è elevato quello del singolo pezzo, si innesca comunque un processo economico di scala molto remunerativo.

Sostenere di essere favorevole ai vaccini ma non all’obbligo è sensibilmente differente dal dire che 10 vaccini obbligatori sono inutili e in parecchi casi pericolosi, se non dannosi. Questa posizione, palesemente antiscientifica, è anche pericolosa, perché aizza la popolazione contro la Sanità’ Pubblica e quindi, per traslato, contro lo Stato.

“Questi vaccini vengono usati con identici tempi e identici modi in tutto il mondo” (Roberto Burioni, immunologo del San Raffaele di Milano, 22.06.18).

I vaccini restano un’arma fondamentale per la prevenzione in medicina delle malattie infettive e delle loro complicanze soprattutto oggi, in tempi di spostamenti di grandi masse, a tutela degli individui stanziali e degli stessi migranti. L’atto vaccinale va sentito come un dovere nei riguardi dei propri figli e dei figli altrui, fuori da ogni sgradevole (anche se talvolta necessaria) coercizione.

Un occhio aperto, anzi due, va comunque tenuto rispetto agli interessi delle grandi case farmaceutiche sul bene che ognuno di noi ha più caro: la salute.

di Antonio De Prosperis, pediatra