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La presidente Leonetti racconta “Vivo a Napoli”

by Redazione
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“Vivo a Napoli” segue un percorso chiaro: la cultura come momento di sviluppo cittadino.

E’ assolutamente vero, anzi, siamo nati intorno al discorso della cultura. Nel nostro manifesto del 2012 evidenziavamo che la cultura deve essere il fulcro attorno al quale costruire il cambiamento, l’elemento per costruire un sistema. Abbiamo verificato che moltissime altre realtà italiane e internazionali, nel momento in cui è andato in crisi un modello di sviluppo industriale, hanno scelto la strada del modello culturale intorno al quale costruire una nuova idea di città e mettere in campo una serie di filoni di sviluppo che valorizzino il patrimonio locale. Napoli ha un patrimonio culturale immenso e quindi intorno alla cultura si può costruire un processo di cambiamento.

Ma qual è la vostra idea di città, avete un obiettivo preciso?

Si abbiamo un obiettivo che perseguiamo ormai da sei anni: quello di lavorare a un piano strategico della città. Anche altri, nel momento in cui hanno scelto la cultura come fattore di sviluppo su cui costruire l’idea di città, hanno lavorato a più piani strategici. Questo però significa che un’iniziativa del genere non può essere solamente sulle spalle di un’associazione come la nostra, che non ha fini di lucro. Noi siamo un piccolo nucleo di cittadini impegnati civilmente per la città, ma le istituzioni, prima di tutto, e anche tutti i vari soggetti privati, dagli industriali alle forze sociali, dovrebbero contribuire alla definizione di questo piano. Noi abbiamo avanzato una proposta in tal senso al sindaco De Magistris due volte, cioè abbiamo individuato un percorso anche minimo intorno a cui lavorare e costruire un piano per Napoli per i prossimi 10 anni. Perché quello che secondo noi è fondamentale è avere una visione almeno di medio se non di lungo periodo.

Come ha risposto il Sindaco?

Probabilmente l’Amministrazione cittadina è molto presa dal contingente. Abbiamo fatto vari incontri su questo tema, l’ultimo a novembre 2017, un confronto sulla città creativa. Parlare di cultura è parlare anche di creatività che non è solo l’arte ma anche le industrie, c’è tutto un sistema di innovazione che ruota intorno alla cultura. Quindi sul tema della creatività abbiamo chiamato a Napoli Paolo Verri, che sta lavorando attualmente a Matera, capitale europea della cultura 2019, e che ha scritto ben due piani strategici a Torino, e con lui c’era il presidente dell’Unione industriali, l’assessore Piscopo, l’università. Abbiamo provato a fare un ragionamento su come lavorare sul tema della creatività che richiama inevitabilmente il tema della cultura. Però anche lì: noi gettiamo ogni volta delle idee che però devono essere raccolte dalle istituzioni prima di tutto.

Siete molto presenti anche nel mondo della scuola.

Lavoriamo su due percorsi paralleli. Gli incontri pubblici, durante i quali poniamo all’attenzione della città tematiche che potrebbero innescare processi di cambiamento se portate avanti con sistematicità, perché molte cose a Napoli accadono ma non in una visione di sistema, di coinvolgimento dei vari livelli istituzionali. Contemporaneamente, siccome parlare di impegno nella città e di cambiamento non può prescindere dai giovani, ormai da quattro anni abbiamo definito un percorso con diverse scuole di quartieri tutti diversi della città. Abbiamo creato una rete di scuole. Questa è una novità. Noi siamo l’unica associazione a Napoli che ha creato una rete di percorso condiviso con sette scuole di quartieri diversi, da Poggioreale a Chiaiano, al Vomero, a Fuorigrotta a Chiaia, al centro storico. Insieme, lavoriamo per i ragazzi.

Che programmi avete per il prossimo futuro?

A breve avremo una nuova riunione, prima della fine di settembre, con tutte le scuole. Il nostro progetto per quest’anno prevede un allargamento a un’altra associazione che si chiama “A voce alta” e che lavora da molti anni con le scuole in particolare sul tema della lettura. Vogliamo mettere insieme quello che stiamo facendo e allargare la rete. La rete è importante non solo perché ragazzi di scuole diverse si incontrano, ma anche perché si incontrano docenti di scuole diverse, con problemi diversi, e condividono questioni comuni. La rete consente anche che i ragazzi incontrino coetanei di altri quartieri. Sembra banale, ma abbiamo verificato che questi spesso non escono dal loro quartiere. Il progetto ha un titolo interessante: “perchè vivo a Napoli tra bellezza e abbandono” e prevede momenti di incontro sulle letture, con i testimoni che noi individuiamo di anno in anno, sull’impegno civile.

Lei è stata consigliere circoscrizionale, come giudica l’attuale Amministrazione?

Io ho visto, come molti napoletani, in De Magistris un’occasione di impostare il modo di fare politica in maniera diversa, più rispettosa delle idee delle persone, delle proposte, della volontà di partecipazione. Poi, nel 2016, la mia lista non è stata ammessa, però continuo il mio impegno politico con “Vivo a Napoli”. Ma non ho motivo di legarmi. Sono una cittadina che prova a impegnarsi per la città. L’occasione avuta, col tempo, ha perso la forza iniziale e io non mi vincolo assolutamente. Essendo stata per 4 anni consigliere circoscrizionale, mi sono resa conto delle difficoltà che però non giustificano l’inerzia. Molte cose si sarebbero potute fare meglio e di più.

Come responsabile della comunicazione dell’Autorità portuale, ci parli di porto e città.

Il porto ha avuto un periodo molto difficile, che è durato ben 4 anni, di commissariamento. L’arrivo del presidente Spirito ha significato avere finalmente una governance stabile, forte e determinata, questo è stato molto importante. Noi organizziamo il “porto aperto” ogni giugno proprio per offrire la possibilità ai cittadini di conoscere il porto con visite ed eventi. Ma c’è anche l’impegno con le scuole. Il presidente incontra spesso studenti, abbiamo rapporti con le università: la Parthenope, la Federico II, l’Orientale, il Suor Orsola, esiste un dialogo aperto con tutte le istituzioni culturali cittadine.

Se dovesse fare un appello finale a chi lo rivolgerebbe e cosa chiederebbe?

Ai cittadini, perché Napoli ha una grande forza ma purtroppo è una città dove l’aggregazione è difficile. Le società dove i cambiamenti avvengono sono quelle in cui i cittadini si sentono parte di un obiettivo comune, aldilà del proprio interesse personale, questo a Napoli manca. Dobbiamo cambiare mentalità, che è una cosa non facile ma necessaria.

di Redazione