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Las Mariposas

by Flavio Cioffi
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Patria Mercedes, Maria Argentina Minerva, Antonia Maria Teresa, sono le sorelle Mirabal, Las Mariposas, le farfalle. Torturate e uccise il 25 novembre 1960 dalla polizia segreta militare di Trujillo, dittatore della Repubblica Dominicana, per la loro militanza politica contro il regime.

In loro memoria, nel 1999, l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite dichiarò il 25 novembre Giornata Mondiale contro la violenza sulle donne.

Come l’8 marzo, Giornata Internazionale della Donna, variamente collegata alla manifestazione delle donne di San Pietroburgo dell’8 marzo 1917 contro la guerra, il 25 novembre richiama l’impegno politico e sociale femminile.

Non è un caso. Non so fino a che punto quello delle sorelle Mirabal sia stato un femminicidio, cioè una “forma di violenza esercitata sistematicamente sulle donne in nome di una sovrastruttura ideologica di matrice patriarcale” (Devoto-Oli). Probabilmente avrebbero fatto la stessa fine anche se fossero state uomini. Ma attraverso la lotta delle donne per la libertà e i diritti passa la loro concreta emancipazione e, a ben guardare, quella di tutti.

La violenza di genere non è solo una questione di patologia psicologica o deformazione culturale personale, è legata alle forme della produzione e a tutto il castello di sovrastrutture che vi poggia. A ciascuno di noi spetta il compito di contribuire allo smantellamento del sistema di discriminazione che ancora esiste e costituisce il brodo di coltura della violenza.

In famiglia, dove si consumano la gran parte degli abusi. “Chi commette ripetutamente azioni violente fra le mura domestiche di solito ha un unico obiettivo: desidera porre la sua vittima in uno stato di ‘sudditanza’ perché vuole sentirsi potente e perché esercitare azioni di comando e di controllo su un membro della famiglia lo fa sentire appagato e sicuro di sé … In caso di violenza domestica è importante rompere l’isolamento e trovare il coraggio di parlare con qualcuno di ciò che avviene fra le mura domestiche. Ci si deve rivolgere alle Forze dell’Ordine oppure si può individuare una persona vicina con la quale si ha confidenza” (dal sito dei Carabinieri). Ebbene prestiamoci a raccogliere le confidenze di chi ci è vicina e subisce violenza, accompagniamola, facciamole sentire che non è sola.

Sul lavoro. “Sono un milione 404 mila le donne che nel corso della loro vita lavorativa hanno subito molestie fisiche o ricatti sessuali sul posto di lavoro … Il 32,4% dei ricatti sessuali viene ripetuto quotidianamente o più volte alla settimana … Quando una donna subisce un ricatto sessuale, nel 80,9% dei casi non ne parla con nessuno sul posto di lavoro” (ISTAT 2015/16). Ancora una volta la solitudine genera vittime inermi, ancora una volta possiamo offrire la nostra attenzione e il nostro supporto.

Potremmo continuare a lungo, ma la sostanza resta quella dell’impegno di ogni giorno. A casa, sul lavoro, nella vita sociale, a scuola. Ah, quanto potrebbe fare la scuola, altro che educazione civica, pur necessaria. Allora sforziamoci di capire che siamo tutti un po’ vittime della violenza di genere, anche quando non ci tocca direttamente, e che la nostra inerzia può renderci complici di fatto.

Quest’anno, eventi e iniziative proseguiranno fino al 10 dicembre. Partecipiamo. Noi siamo rimasti colpiti dalla campagna #nonènormalechesianormale. Semplice, diretta, immediatamente comprensibile. Vi aderiamo come giornale diffondendone l’immagine.

Potremmo fare di più. Cercheremo di fare di più.

di Flavio Cioffi