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Ma è possibile una banca buona?

by Noemi Vorro
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La pubblicità è l’anima del commercio, chi non lo sa, e in un sistema in cui tutto è merce, persone comprese, può fare la differenza. Tra chi riesce a vendere e chi no. Il messaggio pubblicitario, evidentemente, dipende molto dalla tipologia del prodotto. Una cosa è cercare di smerciare, che so, sigarette, tutt’altra proporre un libro.

E quando si vende denaro? Di solito ci propinano immagini di banche user friendly, organizzate per rendere servizi efficienti a chi i soldi li ha e prestarli facilmente a chi ne ha bisogno. In realtà, mediamente, non funziona proprio così, lo sappiamo tutti, ma esistono differenze. I soldi sono sempre quelli, ma chi li presta no.

Ci siamo imbattuti in un video che, sulle note di Pino Daniele, promuove il credito cooperativo. Vi si parla di soluzioni, non semplicemente prodotti. Di tessuto solido di fiducia e relazioni. Di mutualità. Di napoletanità. Ci ha incuriosito.

Può esistere una banca buona? Cos’è il credito cooperativo?

Le banche di credito cooperativo sono l’evoluzione delle vecchie casse rurali o artigiane e si fondano sui principi del localismo e della mutualità. Ossia, hanno la mission di sostenere finanziariamente famiglie e imprese di uno specifico territorio e di erogare il credito principalmente ai soci senza fini di lucro, ma con obiettivi di utilità sociale. Dovrebbero anche essere solidali, facilitando l’accesso al credito alle fasce più deboli.

Sono imprese a proprietà diffusa, si parla addirittura di capitalismo popolare (!?). Ogni socio non può avere una partecipazione nominale superiore a un certo importo, modesto, e ha diritto ad un solo voto, a prescindere dalla quota che detiene. Il 70% degli utili deve andare a riserva per il rafforzamento patrimoniale dell’istituto. In dottrina sono accomunate agli enti specializzati al servizio delle comunità locali.

Ovviamente, i principi sono teorici e molto dipende da come effettivamente queste banche agiscono. A Napoli, si parla di condizioni economiche di conto corrente, di affidamento, di rilascio dei POS ai professionisti e di prestiti obbligazionari (“investinapoletano”) agevolate, di piani sanitari e assicurativi vantaggiosi, di servizi “intelligenti”.

Non abbiamo dati sufficienti per una valutazione di dettaglio, sappiamo però che sono state effettivamente sostenute iniziative sociali e culturali significative. Con le università, gli ordini professionali, il mondo dell’associazionismo. In tema di sanità, sport, cultura, formazione e via dicendo.

Magari una banca buona è un ossimoro, ma forse la biodiversità bancaria esiste davvero e una banca controcorrente è possibile. Una banca del territorio che risponda al territorio, alla sua gente. A noi.

Vale la pena di approfondire e tenervi informati.