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Porti italiani in sofferenza

by Noemi Vorro
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Grande fermento in questi giorni sui moli d’Italia. Da Genova alla Sicilia, da La Spezia a Venezia, per citarne solo alcuni.

Sarà per inserire i propri desiderata nell’agenda governativa, ancora tutta da scrivere nel concreto, sarà anche per difendere interessi e posizioni, sarà per la paura della decrescita felice, sta di fatto che autotrasportatori, spedizionieri, agenti, Autorità portuali e via dicendo protestano e contestano.

Facciamo una breve panoramica.

Lo scorso 22 novembre, le Associazioni dell’Autotrasporto CNA Fita, Confartigianato Trasporti, Fai Conftrasporto, Fiap e Trasportounito hanno proclamato lo stato di agitazione nel porto di Genova. I tempi di attesa per i camion pare abbiamo superato ogni limite e i mezzi fermi producono solo costi. Si lamenta, in particolare, l’incapacità dei terminal container di servire adeguatamente l’autotrasporto e la cattiva organizzazione della viabilità portuale. Ma sono nel mirino anche gli spedizionieri e le compagnie marittime che non applicano tariffe adeguate.

Le Autorità portuali della Sicilia Occidentale, Orientale e di Messina hanno, invece, deciso di disertare il convegno sui porti del Mezzogiorno, organizzato da Assoporti, che si terrà a Bari il prossimo 3 dicembre e che dovrebbe registrare la partecipazione di quasi tutte le AdSP italiane. “Se Assoporti non è riuscita a definire una pianificazione complessiva per gli scali del Mezzogiorno in associazione, ci chiediamo come possa farlo a livello nazionale”. Questa la motivazione della scelta che segue le dimissioni da Assoporti dei tre presidenti siciliani. Il ruolo dell’Associazione nazionale sarebbe diventato, da istituzionale, “solo formale e autoreferenziale”. Come si potrà affrontare con una qualche utilità il confronto con il Governo senza la Sicilia? Questa sostanzialmente la conclusione.

Sotto altra latitudine, l’appello odierno del presidente degli spedizionieri spezzini richiama addirittura il luddismo. “Il tema delle infrastrutture non può più essere il patrimonio negativo di ristretti Comitati. Le infrastrutture sono, per un Paese di trasformazione industriale e di turismo, il futuro. Sono il lavoro per i nostri giovani, sono l’unica autentica ricetta per alimentare lo sviluppo”. Pare che Larghezza sia d’accordo con il progetto di una maxi Regione leggera che raccolga le tre del Nord Ovest (a dire il vero un po’ in tutta Italia si parla di macroregioni) e descrive una vera e propria emergenza infrastrutturale nazionale, invocando la nascita di una grande alleanza trasversale del mondo imprenditoriale e del lavoro a favore della realizzazione delle necessarie infrastrutture e contro i Comitati del No, i nuovi luddisti.

Per concludere, “se Venezia non è più un porto… allora questa è una non assemblea”. E’ lo slogan della Federagenti per la sua consueta assemblea, che quest’anno si terrà il 4 dicembre nella sede di Confcommercio a Roma. Si parlerà de “l’affaire Venezia”. Assoporti, Confitarma, Assarmatori, Federagenti, Governo (e altri) affronteranno la questione delle grandi navi da crociera nella laguna e di come conciliare navi e ambiente. Per gli organizzatori non ci può essere un no a prescindere perché “è impensabile che Venezia rinunci alla sua vocazione”.

Sembra di scorgere una preoccupazione comune e diffusa sulle reali intenzioni di questo Governo. Il timore che istanze minimaliste possano pregiudicare lo sviluppo di un settore fondamentale per la nostra economia. Effettivamente, ma qual è il programma del Governo?