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Protocollo Terra dei Fuochi. Facite ammuina

by Lucia Severino
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Lo scorso 19 novembre è stato sottoscritto il “Protocollo di intesa che istituisce in via sperimentale il Piano d’azione per il contrasto dei roghi dei rifiuti”. Ricorderete il grande clamore mediatico, mega riunione a Caserta, annunci pirotecnici sull’utilizzo dell’esercito, inceneritori si inceneritori no e via dicendo.

Avevamo subito avuto il sospetto che la montagna avesse partorito il proverbiale topolino, ma ci eravamo sbagliati. Manca anche il topo. Abbonda invece la muffa della burocrazia e si sente lo sfrigolio dell’aria fritta.

Hanno firmato il protocollo: il Capo del governo, ben sette ministri (ambiente, interno, sviluppo economico, difesa, salute, giustizia e Sud) e il presidente De Luca. Quindi, in buona sostanza, è un accordo tra Governo e Regione Campania. Anche se De Luca ha fatto resistenza, se n’è andato, è tornato, si è rifiutato di firmare la parte relativa al coinvolgimento di “Etica” nell’attività di raccolta ed elaborazione dei dati sanitari. “Una marchetta elettorale” l’ha definita, “per noi solo la sanità pubblica può certificare certi dati”.

Andiamo a leggere cosa prevede il Piano.

Parte con tre pagine e mezzo (sic!) di visto, premesso che, tenuto conto, nelle quali c’è di tutto, nella migliore tradizione leguleia, ma quando si tratta di richiamare la legge regionale sui rifiuti viene citata la 14/2016 senza far cenno a quella del 2018, la n. 29, che ha integrato e corretto la precedente. Forse perché il Governo l’ha impugnata davanti alla Corte Costituzionale contestando che la Regione si sarebbe arrogata poteri che non ha e avrebbe concretato “una evidente lesione degli standard di tutela ambientale”?

Magari, la prima intesa avrebbe dovuto riguardare proprio questo aspetto. Che senso ha concordare un piano d’azione quando c’è addirittura una causa in corso sulla legittimità della norma regionale in ordine alla localizzazione degli impianti e ai relativi controlli. E’ vero che il protocollo si occupa specificamente del contrasto ai roghi, ma non si può tenere il fenomeno distinto e distante dalle regole generali in materia, soprattutto se queste prevedono la possibilità di realizzare le famose “stazioni ecologiche di stoccaggio”, cioè nuovi depositi di rifiuti che sono proprio quelli che vanno a fuoco.

Il Piano definisce tre ambiti di intervento, guardiamoli uno per uno.

Tutela della salute. Il referente è la Regione (ASL e ARPAC) che deve, entro 90 giorni, creare una banca dati, metterli in rete in tempo reale, informare la popolazione via internet o TV in caso di inquinamento, condividere le mappe dinamiche predisposte dai Vigili del Fuoco. Deve poi realizzare una banca dati pubblica per valutare l’incidenza delle malattie oncologiche, avviare studi, avviare progetti e via dicendo. Non basta. Questa volta entro 15 giorni, bisogna potenziare la rete di monitoraggio della qualità dell’aria con 2 sensori 2 (forse ce li hanno già nel cassetto) e coinvolgere la rete nazionale di rilevamento dei VV. FF., ma non è detto come.

Tutela ambientale. Il Ministero dell’ambiente, nell’ambito del risanamento dei siti di interesse nazionale, dovrà individuare le misure di prevenzione dopo lo spegnimento degli incendi. Fuori dei SIN e sempre dopo gli incendi, acquisisce tutte le informazioni, chiede all’SPRA le opportune valutazioni, dopodiché si attiva per l’attuazione delle misure. Se i soggetti responsabili non provvedono (e quando mai) interviene il Comune o, in mancanza, la Regione. Quanto alla qualità dell’aria, Ministero e Regione sottoscriveranno uno specifico accordo. Ad maiora. Invece per la rimozione dei rifiuti abbandonati o combusti, la regione farà i bandi per la caratterizzazione entro il prossimo gennaio, come già previsto. Sulle autorizzazioni, la Regione implementerà le linee guida mentre i VV.FF. applicheranno le disposizioni tecniche “con un contingente di funzionari che sarà determinato in base alle disponibilità di personale”.

Presidio del territorio. Le Prefetture devono assicurare l’attività di controllo utilizzando la polizia e i militari dell’Operazione Strade Sicure, al cui “eventuale incremento” si provvederà con una norma apposita. Poi si parla diffusamente di monitoraggio, mappe e verifiche. In caso di evento si prevede l’impiego di ulteriori risorse umane “sulla base delle eventuali disponibilità aggiuntive”. Seguono ricognizioni e censimenti per definire un programma regionale di controllo del rispetto delle autorizzazioni. E ancora linee guida, prescrizioni, termini. Ispezioni congiunte ARPAC e VV.FF. e futura implementazione della strumentazione da parte di SMA. Non ve ne andate, per favore, non è finito. Può essere implementata la videosorveglianza usando i fondi europei. Si da atto che la Regione ha affidato la progettazione di 4 presidi operativi che faranno grandi cose. Sarà aggiornato il portale Prometeo per il coinvolgimento dei cittadini nell’attività di presidio. I Ministeri dello sviluppo economico e del lavoro individueranno strategie operative contro il mercato del falso.

Ora abbiamo completato e cosa emerge? Che i rinforzi di polizia ed esercito non ci sono ancora, soldi aggiuntivi men che mai, un sacco di lavoro in più a carico di Enti che non hanno un euro, vedi ARPAC. Tutti i verbi sono declinati al futuro. Vedranno, studieranno, faranno. Forse. Sarebbe bastato che lo Stato mettesse sul tavolo due euro e quattro soldati, ma veri, immediati, da spendere e utilizzare subito. La gente si sarebbe spellata le mani a forza di applaudire.

Forse non hanno le idee chiare. Gli incendi degli ultimi tempi li hanno costretti a farsi vedere e ne hanno approfittato per fare propaganda o poco di più. Non hanno neanche chiarito se siamo in emergenza.

Il Ministro Costa: “l’emergenza rifiuti non la vedo e ci sono tanti altri modi per non entrare in emergenza, secondo me non è un tema, e ancora: ma stiamo anticipando un’emergenza o qualcuno la sta auspicando? Io non la auspico e non la voglio anticipare, non ci voglio proprio pensare, basta”. Eppure, in un suo post su Facebook, all’indomani dell’incendio dello Stir di Santa Maria Capua Vetere, si legge: “Siamo sotto attacco. Il territorio lo è. Tutti noi cittadini lo siamo”.

Forse fa una differenza tra l’emergenza roghi e l’emergenza tout court? E da dove verrebbero i rifiuti che bruciano?

De Luca, che pure la nega, nel Consiglio regionale che discuteva sulla nuova legge sui rifiuti, ha sostenuto: “…non siamo garantiti di fronte a una possibile nuova emergenza rifiuti”.

In una intervista che ci rilasciò qualche mese fa, il Capo della Procura di Napoli Nord, Francesco Greco, disse: “Quanto alla politica è sicuramente importantissima, ma noi non abbiamo segnali che questo settore rappresenti per lei una priorità.

Facite ammuina.

di Lucia Severino