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Rifiuti. Governo contro Regione, ecco perché

by Noemi Vorro
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La legge regionale della Campania 29/2018 – norme di attuazione della disciplina europea e nazionale in materia di rifiuti, viene impugnata per violazione degli articoli 117 e 97 della Costituzione.

Lo ha deciso il Governo con la delibera del Consiglio dei ministri dello scorso 4 ottobre.

Già, la Costituzione. Tanto sbandierata negli ultimi anni, tanto invocata, e in Consiglio regionale nessuno si era accorto di niente. Neanche il nuovo che avanza. Neppure ai competenti uffici era sorto qualche dubbio? Che so, a qualche direttore generale magari? Per carità, e che mi chiamo Pasquale?

Chissà, poi forse la Corte darà torto al Governo. Forse. Intanto cerchiamo di capire quali sono i motivi di doglianza.

Primo. La legge regionale rende possibile la localizzazione di nuovi impianti (qualora il Comune non si opponga) senza limitarsi, come dovrebbe, a prevedere criteri generali per l’individuazione, da parte delle Province, delle zone non idonee alla localizzazione. In questo senso, esorbita dal riparto delle competenze delineato dallo Stato, che non autorizza in alcun modo le Regioni a disciplinare in via transitoria la localizzazione degli impianti.

Secondo. In tema di controlli degli impianti, la norma statale prevede intervalli temporali massimi tra le ispezioni, puntualmente definiti e correlati alla pericolosità dell’impianto, la disposizione regionale, invece, consentirebbe che gli intervalli possano eccedere tale scansione temporale concretando “una evidente lesione degli standard di tutela ambientale”.

Inoltre, la norma regionale escluderebbe dai controlli i parametri relativi alla salute e al livello di osservanza delle condizioni di autorizzazione, con una deroga peggiorativa rispetto ai suddetti standard e, comunque, le Regioni non possono contraddire la legislazione statale.

Terzo. La competenza sui controlli spetta alle Province. La Regione si sarebbe arrogata un potere che non ha.

Quarto. La legge regionale prevede che gli Enti locali attuatori del programma straordinario del ciclo dei rifiuti che utilizzano personale delle società partecipate dai Consorzi di Bacino della Regione Campania, possano procedere alla stabilizzazione di detto personale. Ma questo sarebbe un inquadramento riservato di personale dipendente da soggetti di natura privatistica nei ruoli di Enti pubblici e sarebbe in contrasto con i principi di accesso al pubblico impiego e di buon andamento ed imparzialità della Pubblica Amministrazione.

In estrema sintesi, questa è la sostanza e non è solo per insipienza (ma anche), a nostro avviso, che si è incorsi nelle violazioni contestate. In realtà, si è cercato di porre rimedio a un problema di governance. Il sistema del ciclo dei rifiuti è disegnato male, non funziona, perché chi deve agire non lo fa. Per incapacità, per interesse, per pressioni locali, per oggettive difficoltà, forse per tutti questi motivi insieme, e la Giunta regionale, notoriamente affetta da bullismo amministrativo, ha pensato di risolvere la questione avocando competenze che non ha.

Non ci stancheremo mai di ripeterlo: la Regione ha funzioni di programmazione non di gestione. Non deve sostituirsi agli Enti preposti e meno che mai, in campo ambientale, allo Stato. Non è facile disegnare un quadro ordinamentale che funzioni, anzi è arduo e finora non ci è riuscito nessuno e nessuno ha proposto un serio piano alternativo, ma questa non può essere una scusa per cercare scorciatoie, magari assumendo qualcuno e accontentando un Sindaco amico.

De Luca deve farsi carico di promuovere un confronto costruttivo prima di tutto con De Magistris, perché senza un piano condiviso con Napoli il ciclo non partirà mai, e con le opposizioni presenti in Consiglio regionale, che devono a loro volta rinunciare a posizioni ideologiche ed elettoralistiche.

Nel frattempo, gli incendi divampano, la camorra fa affari, le imprese a nero prosperano e noi paghiamo. Con i nostri soldi e la nostra salute. Però neanche impariamo la lezione.