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Un ricordo di mio padre, Giuseppe Galasso

by Francesco Galasso
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Per un figlio ricordare un genitore è sempre una forte emozione … ed io non faccio eccezione!

Di papà si è detto di tutto e di più: Giuseppe Galasso il maestro, il professore, lo storico, lo studioso, l’intellettuale, il politico, qualcuno lo ha definito addirittura “uno scienziato”. Qualcuno ne ha elogiato le doti umane, di genitore e persino di nonno.

Con orgoglio e senza alcuna forma di inutile modestia, dico: si, mio padre era tutto questo!

Era un insaziabile uomo di studi e di cultura, quest’ultima nel senso più ampio, non limitato al sapere ma alla diffusione ed alla fruibilità della cultura stessa, non solo riferita alla sua materia, la storia, ma a tutti i campi dello scibile.

Fece dello studio la sua ragione di vita con una passione ed una vitalità che gli rendevano semplice e naturale applicarsi in quello che faceva. Che si trattasse di studiare, di fare ricerca, di scrivere un libro, un articolo di giornale o di preparare una conferenza non faceva alcuna differenza. Il naturale applicarsi, non solo era la norma, ma un modo per essere al tempo stesso felice e soddisfatto. Tanto che, come accennato da mio fratello Luigi nella cerimonia di commemorazione, non ricordiamo giorni in cui non si sia dedicato allo studio. Ed è stato così anche la domenica che ha preceduto la sua scomparsa.

Ma si badi bene che la sua non era un’ossessione. Naturalezza e semplicità erano alla base del suo fare, del suo pensare e del suo modo di porsi verso chiunque.

Una testimonianza che la fruibilità della sua cultura era apprezzata anche ben oltre il mondo accademico, è stata una delle sue ultime apparizioni pubbliche, al Teatro Bellini di Napoli in occasione delle lezioni di storia organizzate dall’editore Laterza. Il teatro era pieno ed all’esterno c’era una coda di oltre 50 metri per fare il biglietto e lui, candidamente, chiedeva al moderatore dietro le quinte “ma tutta questa gente è qui per me?”

Questo suo modo di essere lo ha ispirato anche in politica. Il fatto che lui abbia introdotto ed affermato il concetto di tutela del paesaggio e del territorio come problema culturale con la legge che porta il suo nome, lo rendeva orgoglioso e soddisfatto. E noi figli, che per un tempo siamo stati addirittura i “galassini”, ancor di più.

È stato un uomo di immensa generosità verso noi familiari, ma anche verso tutti coloro che a lui si rivolgevano.

Amava dedicarsi alla famiglia ed agli amici. Infatti, nonostante il suo impegno di studioso e politico, la famiglia è stata al centro della sua vita. Ora non chiedetemi come facesse, ma la realtà è che è stato capace di farci sentire la sua presenza sempre, costantemente, anche quando era lontano più giorni alla settimana per impegni politici ed altro. Aveva una totale sintonia d’intenti con mia madre in relazione alla nostra educazione. Io direi che sono stati con noi amorevolmente severi, senza eccessi, senza particolari imposizioni. Ci sono stati vicini in ogni nostra scelta e papà, per quanto gli era possibile, ci ha sempre accompagnati ed aiutati nel nostro percorso.

E’ stato anche nonno e, da bravo nonno, si è dimenticato di applicare quei concetti di amorevole modesta severità di cui parlavo. Rimarrà tra i nostri ricordi più belli il fatto che mio nipote Giuseppe – primo nipote e per giunta con il suo nome! – scarabocchiava sul manoscritto del libro su Carlo V con mio padre che se la rideva: noi figli da bambini, a quel manoscritto, neanche ci saremmo avvicinati. In presenza dei nipoti gli brillavano gli occhi ed è stato capace di seguirli così come aveva fatto con noi. Li aiutava quando glielo chiedevano e lui ne era felice, quasi si divertiva. Mia figlia Lavinia, in difficoltà con le prime traduzioni dal latino alle medie, una sera gli telefonò. Chiusa la telefonata mi disse: papà, ma il nonno fa proprio la traduzione simultanea dal latino.

I nostri amici erano sempre contenti in tutte quelle occasioni in cui lui era con noi. Non creava alcun disagio “culturale” anzi trovava spesso il modo per fare tutti assieme una piacevole “chiacchiera”, anche amena, sui temi più disparati, pur non mancando mai la classica domanda “professore, lei cosa ne pensa?”. Essi ne erano affascinati forse anche più di noi.

Lui ti stupiva con la sua disarmante semplicità che metteva a proprio agio chiunque.

È con questa semplicità che è rimasto lucidissimo ed attivo fino all’ultimo. Mai inoperoso, come da buon crociano amava ripetere.

Con la stessa semplicità ha allontanato da sé, da noi e da chiunque gli sia stato vicino negli ultimi anni, l’idea che potesse morire così, all’improvviso. Così invece è stato. Chiudendo semplicemente gli occhi e come ha osservato mio figlio Vittorio, sorridendo, quasi a voler dire “ce l’ho fatta, non mi sono fatto trovare inoperoso”.

Questo era mio padre!

Di Francesco Galasso