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LE CITAZIONI: Borges. Resterà solo una biblioteca…

Jorge Luis Borges

by Ernesto Scelza
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Una infinita Biblioteca di Babele, i cui scaffali “registrano tutte le combinazioni possibili della ventina di simboli ortografici … cioè tutto ciò che è dato di esprimere: in tutte le lingue” e che sopravviverà all’estinzione della specie umana”. “La biblioteca di Babele” è un racconto fantastico di Jorge Luis Borges, apparso nel 1941 ne “Il giardino dei sentieri che si biforcano” e quindi, nel 1944, raccolto nel volume “Finzioni”. “Finzioni” giunse in Italia nel 1955, e la traduzione di Franco Lucentini fu la prima di un’opera di Borges.

 

«Quando venne proclamato che la Biblioteca comprendeva tutti i libri, la prima sensazione fu di stravagante felicità. Tutti gli uomini si sentirono padroni di un tesoro intatto e segreto. Non c’era problema personale o mondiale la cui eloquente soluzione non esistesse in qualche esagono (…).

Alla speranza esagerata, seguì, com’è naturale, un’eccessiva depressione. La certezza che qualche scaffale in qualche esagono racchiudesse dei libri preziosi e che quei libri preziosi fossero inaccessibili, sembrò quasi intollerabile. Una setta blasfema suggerì che le ricerche cessassero e che tutti gli uomini mescolassero insieme lettere e simboli, fino a costruire, attraverso un improbabile dono del caso, quei libri canonici… Altri, all’opposto, pensarono che il compito prioritario fosse quello di eliminare le opere inutili (…).

Sappiamo anche di un’altra superstizione di quel periodo: quella dell’Uomo del Libro. In qualche scaffale di qualche esagono (pensarono gli uomini) deve esistere un libro che sia la cifra e il compendio perfetto di tutti gli altri: un bibliotecario l’ha scorso ed è analogo a un dio. Nel linguaggio di questa zona rimangono ancora vestigia del culto di quel funzionario remoto. Molti peregrinarono in cerca di Lui. (…).

Affermano gli empi che lo sproposito è normale nella Biblioteca, e che la ragionevolezza (e perfino la umile e pura coerenza) è un’eccezione quasi miracolosa. Parlano (lo so) della “Biblioteca febbrile, i cui volumi precari corrono il rischio incessante di mutarsi in altri, e che tutto affermano, negano e confondono come una divinità delirante”. Quelle parole, che non solo denunciano il disordine, ma lo esemplificano anche, dimostrano chiaramente il loro pessimo gusto e la loro disperata ignoranza. In effetti, la Biblioteca comprende tutte le strutture verbali, tutte le varianti che permettono i venticinque simboli ortografici, ma nemmeno uno sproposito assoluto. È inutile osservare che il volume migliore dei molti esagoni che amministro s’intitola Tuono pettinato, e un altro Il crampo di gesso e un altro ancora Axaxaxas mlo. (…).

Lo scrivere metodico mi distrae dalla condizione presente degli uomini. La certezza che tutto sia scritto ci annulla o ci rende dei fantasmi. Io conosco dei distretti nei quali i giovani si prosternano davanti ai libri e baciano selvaggiamente le pagine, ma non sanno decifrare una sola lettera. Le epidemie, le discordie eretiche, le peregrinazioni che inevitabilmente degenerano in banditismo, hanno decimato la popolazione. Credo di avere citato i suicidi, ogni anno più frequenti. Forse mi inganneranno la vecchiaia e la paura, ma sospetto che la specie umana – l’unica – stia per estinguersi e che la Biblioteca sia destinata a permanere: illuminata, solitaria, infinita, perfettamente immobile, armata di volumi preziosi, inutile, incorruttibile, segreta.»

Jorge Luis Borges, La biblioteca di Babele.

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