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LE CITAZIONI: Armiero. Maria Bakunin, la Signora di Napoli

Mirella Armiero

by Ernesto Scelza
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“È l’8 aprile 1906, il Vesuvio erutta. In mezzo al caos, un manipolo di scienziati si muove controcorrente rispetto alla folla che fugge: vogliono osservare da vicino l’evento, raccogliere minerali. Tra loro c’è una scienziata poco più che trentenne: è nata nella lontana Siberia, si chiama Maria, ed è la figlia del grande anarchico Michail Bakunin”: questo è lo scenario in cui Mirella Armerio decide colloca l’inizio della sua ricostruzione della straordinaria figura di Maria Bakunin, Marussia, protagonista della vita culturale della città. Nella città occupata dai nazisti proverà a salvare dalla distruzione la biblioteca dell’università, opponendosi con coraggio ai soldati.

 

«La vita di Maria, all’apparenza cristallina e rettilinea, è stata piena di contraddizioni, probabilmente di dubbi, che la rendono molto più autentica di quanto non appaia attraverso il mito di scienziata integerrima e severa, pioniera nel cammino di affermazione delle donne. Alla fine della sua esistenza era diventata un monumento della ricerca scientifica e un punto di riferimento imprescindibile per la carriera dei giovani chimici, che la temevano e la rispettavano e sulle cui vite ha inciso profondamente. La vita di Maria, all’apparenza cristallina e rettilinea, è stata piena di contraddizioni, probabilmente di dubbi, che la rendono molto più autentica di quanto non appaia attraverso il mito di scienziata integerrima e severa, pioniera nel cammino di affermazione delle donne. Alla fine della sua esistenza era diventata un monumento della ricerca scientifica e un punto di riferimento imprescindibile per la carriera dei giovani chimici, che la temevano e la rispettavano e sulle cui vite ha inciso profondamente.

(…) Oggi è difficile immaginare quanta soggezione riuscisse a suscitare questa donna infaticabile, a tratti rigida. Per capirlo bisogna farselo raccontare da chi l’ha conosciuta, come Giovanna Malquori, figlia di Giovanni Malquori, uno dei principali allievi di Maria Bakunin.

Giovanna è una raffinata francesista, ha superato brillantemente gli ottant’anni e vive circondata da libri nel suo bell’appartamento di Posillipo. All’altro capo della città, nel reticolo intricato del centro storico, c’è via Mezzocannone 4, indirizzo del Regio Istituto Chimico, dove il padre la portava da bambina con una certa frequenza a far visita alla Signora. Ricordare quei tempi la ravviva, la riporta a un’infanzia mitica.

“Per noi bambini era come entrare in un santuario della scienza, un luogo dove non si poteva ridere o scherzare, dove si parlava di scoperte, di lezioni, di lavoro, non adatto ai più piccoli. Eppure, a ogni ricorrenza, Natale o Pasqua, vestiti per bene, tutti e quattro noi fratelli andavamo a compiere il rito. Si suonava il campanello del portone e dopo un po’ ci veniva ad aprire il custode, che ci accompagnava all’ascensore. Al secondo piano c’era una stanza molto luminosa, con una scrivania, delle sedie e la poltrona di pelle dove sedeva la signora Bakunin. La consideravamo un essere superiore. “E voi come state?” era il saluto che rivolgeva a ciascuno di noi quattro fratelli, usando anche per noi piccoli quel tipico “voi” napoletano.”

“A un certo punto partiva la conversazione con mio padre e gli altri, fra cui ricordo in particolare Francesco Giordani, Raffaele Bonifazi, Raffaele Caramazza, che si intrattenevano sui singoli lavori in corso, su questo e quell’assistente da sistemare o sulle varie destinazioni nelle quali erano stati collocati gli ex “ragazzi di via Panisperna”. Poi la Signora diceva a qualcuno (lei non si alzava mai) di prendere qualcosa per noi bambini. E

allora erano dolcetti, caramelle, cioccolata, di cui ci riempivamo le tasche”.»

Mirella Armiero, Un pensiero ribelle: Maria Bakunin, la Signora di Napoli.

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