Il fatto
A Roma intorno alle 8.0 del mattino del 4 luglio un boato e una gigantesca fiammata fanno seguito all’esplosione di una stazione di servizio con annesso deposito di GPL in Via dei Gordiani nel quartiere Prenestino.
Quello che appare subito dopo è uno scenario di guerra, simile a quelli che vediamo arrivare ogni giorno da lontani teatri: dalle città dell’Ucraina colpite dai criminali russi, a Gaza bombardata dai guerrafondai israeliani.
Ma che questo accada nel cuore di un quartiere di Roma ha dell’incredibile: si contano 45 feriti, di cui due gravi, finestre divelte, appartamenti semidistrutti e, soprattutto, una totale devastazione dell’area all’intorno della stazione di servizio. E ora l’ARPA parla addirittura di presenza di diossina nell’aria.
E l’incredulità lascia il posto all’angoscia constatando che a confine con l’impianto esploso c’è un circolo sportivo e una scuola fino a qualche giorno fa piena di bambini.
I commenti
I commenti delle Autorità sono stati tutti improntati al ringraziamento per quegli operatori – Vigili del Fuoco, Protezione civile, Polizia municipale in particolare – che sono prontamente intervenuti portando soccorso alle persone colpite dal disastro, sottolineando che il loro intervento ha evitato danni molto più gravi, una possibile tragedia.
Detto che il riconoscimento a quegli operatori era dovuto e quanto mai opportuno, quello che nessuno ha detto è che la tragedia non è stata evitata da loro ma dal caso, vale a dire dal fatto che l’esplosione è avvenuta in un orario in cui c’erano poche persone sul posto, in particolare nella zona del circolo sportivo.
Di più e di più grave c’è che neppure una parola si è sentita da parte delle varie Autorità sulla causa primaria dell’incidente: la presenza di un impianto potenzialmente pericoloso – come è sempre un impianto GPL – all’interno di un’area densamente edificata con palazzine di abitazione.
Il silenzio su questo punto lascia sbalorditi perché fa pensare che le Istituzioni preposte – in primo luogo il Comune – ritengano che questa sia una condizione normale, che quello che è accaduto è un terribile incidente e che ora bisogna intervenire per rimettere le cose a posto, magari grazie ai finanziamenti promessi dalla Camera di Commercio per aiutare le imprese che hanno subito danni.
A nessuno sembra venire in mente che l’esigenza primaria è quella di rimuovere la causa primaria dell’incidente, allontanando da una zona fitta di palazzine un deposito GPL, cosa che da tempo era stata segnalata da alcuni gruppi di abitanti della zona.
Il fallimento dell’urbanistica
Peraltro, la situazione di Via dei Gordiani non è unica: a Roma ci sono moltissimi impianti di questo tipo ubicati a ridosso di zone residenziali. A questo proposito si sente spesso dire che gli impianti esistevano prima dell’urbanizzazione della zona, come se questo fatto ne legittimasse la presenza. Il punto che sembra sfuggire è che chi nel Comune si occupa di urbanistica avrebbe dovuto scegliere tra le due: o rimuovere l’impianto o non consentire l’edificazione.
Con ogni evidenza ciò non è avvenuto ed è molto probabile che non avverrà anche dopo questo drammatico episodio perché ormai l’urbanistica comunale sembra avere del tutto dimenticato la sua missione: governare i processi urbani nell’unico ed esclusivo interesse dei cittadini.
Quello che ormai accade – non dovunque, non sempre, ma in modo assolutamente prevalente – è il mercimonio di aree, volumi, altezze, indici edificatori, compensazioni e via dicendo, tra imprenditori che reclamano l’espansione urbana badando solo ai loro profitti, e amministrazioni subalterne-consenzienti-colluse che consentono il malgoverno delle città.
Rigenerare l’urbanistica è ormai un imperativo categorico.