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LE CITAZIONI: Boccaccio. I tre anelli di Mechisedech

Giovanni Boccaccio

by Ernesto Scelza
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“Melchisedech giudeo, con una novella di tre anella, cessa un gran pericolo dal Saladino apparecchiatogli”: così Giovanni Boccaccio introduce la terza novella della prima giornata del ‘Decameron’, dal titolo ‘Melchisedec e il Saladino’, nella quale il sultano fa chiamare il ricco israelita “con la premeditata intenzione di coglierlo in fallo in tema di dottrina religiosa, al fine di poterlo spogliare legalmente delle sue ricchezze”. Boccaccio vi affronta il tema della tolleranza religiosa, rivelandosi aperto e moderato, non soltanto in considerazione dell’epoca cui appartiene. La morale del racconto è tutta racchiusa nelle ultime parole di Melchisedech, che ne fanno una metafora della condizione dei tre monoteismi: i fedeli di ciascuna religione sono convinti che la vera rivelazione sia stata donata solo a loro, anche se non si sa chi detenga questo privilegio. Al centro, “Boccaccio pone… il ruolo dell’intelligenza e della saggezza umane, capaci di smontare le false convinzioni o le presunzioni di superiorità di figure come Saladino”.

 

« Il Saladino, il valore del qual fu tanto che non solamente da piccolo uomo lo fece sultano di Babilonia ma ancora molte vittorie sopra i re saraceni e cristiani gli fece avere, avendo in diverse guerre e in grandissime sue magnificenze speso tutto il suo tesoro, e… bisognandogli una buona quantità di danari, né vedendo donde così prestamente come gli bisognavano potesse averne, gli venne a memoria un ricco giudeo, il cui nome era Melchisedech, il quale prestava ad usura in Alessandria, e si pensò che costui potesse averne da potergli servire quando volesse; ma così era avaro che di sua volontà non l’avrebbe mai fatto, e forza non gli voleva fare… s’avvisò di fargli una forza da alcuna ragion colorata. E fattolsi chiamare e familiarmente ricevutolo, seco lo fece sedere e appresso gli disse:

“Valente uomo, io ho da più persone inteso che tu sei savissimo e nelle cose di Dio senti molto avanti; e per ciò io saprei volentieri da te quale delle tre leggi tu reputi la verace, o la giudaica o la saracina o la cristiana”.

Il giudeo, il quale veramente era savio uomo, s’avvisò troppo bene che il Saladino guardava di pigliarlo nelle parole per dovergli muovere alcuna questione, e pensò non potere alcuna di queste tre più l’una che l’altra lodare, che il Saladino non avesse la sua intenzione. Per che, come colui al qual pareva d’aver bisogno di risposta per la quale non potesse essere preso, aguzzato l’ingegno, gli venne prestamente avanti quello che dir dovesse, e disse:

“Signor mio, la questione la qual voi mi fate è bella, e a volervene dire ciò che io ne sento, mi conviene dirvi una novelletta, qual voi udirete.

Se io non erro, io mi ricordo aver molte volte udito dire che un grande uomo e ricco fu già, il quale, intra le altre gioie più care che nel suo tesoro avesse, era uno anello bellissimo e prezioso; al quale per lo suo valore e per la sua bellezza volendo fare onore e in perpetuo lasciarlo ai suoi discendenti, ordinò che colui de’ suoi figliuoli presso il quale, così come lasciatogli da lui, fosse questo anello trovato, che colui s’intendesse essere il suo erede e dovesse da tutti gli altri essere come maggiore onorato e riverito.

E colui al quale da costui fu lasciato il somigliante ordinò ai suoi discendenti e così fece come aveva fatto il suo predecessore; e in breve questo anello andò di mano in mano a molti successori; e ultimamente pervenne alle mani di uno, il quale aveva tre figliuoli belli e virtuosi e molto al padre loro obbedienti, per la qual cosa tutti e tre parimente gli amava. E i giovani, li quali la consuetudine dello anello sapevano, sì come vaghi d’essere ciascuno il più onorato tra’ suoi ciascuno per sé, come meglio sapeva, pregava il padre, il quale era già vecchio, che, quando a morte venisse, a lui quello anello lasciasse.

Il valente uomo, che parimente tutti li amava, né sapeva esso medesimo eleggere a qual più tosto lasciarlo dovesse lasciarlo, pensò, avendolo a ciascun promesso, di volergli tutti e tre soddisfare; e segretamente ad uno buono maestro ne fece fare due altri, li quali così furono somiglianti al primiero, che esso medesimo che fatti li aveva fare appena conosceva qual si fosse il vero. E venendo a morte, segretamente diede il suo a ciascun de’ figliuoli. Li quali, dopo la morte del padre, volendo ciascuno la eredità e l’onore occupare, e l’uno negandolo all’altro, in testimonianza di dover ciò ragionevolmente fare ciascuno produsse fuori il suo anello. E trovatisi gli anelli così simili l’uno all’altro che quale fosse il vero non si sapeva conoscere, si rimase la questione, qual fosse il vero erede del padre, in pendente, e ancor pende.

E così vi dico, signor mio, delle tre leggi ai tre popoli date da Dio padre, delle quali la questione proponeste: ciascuno la sua eredità, la sua vera legge e i suoi comandamenti dirittamente si crede avere e fare; ma chi se l’abbia, come degli anelli, ancora ne pende la questione”.»

Giovanni Boccaccio, Decameron.

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