Siamo all’Enrico IV di Pirandello, alla vita reale che replica quella immaginaria. Alla faction, la fiction che diventa fatto. Donald Trump è veramente il Presidente degli Stati Uniti d’America o non è un commediante caduto da cavallo che, avendo battuto la testa, crede di esserlo mentre gli altri lo assecondano? Si sa, ai pazzi si dice sempre di sì.
Leggiamo che i vari leader che si alternano sulla poltroncina del suo caminetto della Casa Bianca o in altre location vanno al cospetto del tycoon con la previa intesa tra loro di assecondarlo, far finta di prendere in seria considerazione le sue contraddittorie bizzarrìe, non irritarlo, ringraziarlo ogni cinque minuti e cercare di portarlo con le buone sulle proprie posizioni, facendogli intravvedere gloria napoleonica se lui vi aderisse.
Abbiamo rivisto più volte i video dell’accoglienza a Putin ad Anchorage venerdì scorso. La teatrale messa in scena, le smorfie del volto dello zar, quasi a tradire il suo spasso per stare partecipando alla rappresentazione. Lavrov travestito da Molotov con la T-shirt inneggiante all’URSS. Il petto gonfiato di Trump e, alla fine, il loro convergente annuncio che non avevano concluso un bel nulla, ma era stata comunque una svolta storica per il mondo.
Poi l’incontro con Zelensky, in costume da becchino come da dress code indicato dal novello Enrico IV in persona. Zelensky che ringrazia il pazzo per aver addobbato parte dello studio ovale con una mappa dell’Ucraina poggiata su un cavalletto. Su di essa erano stati evidenziati i territori dell’Ucraina che Putin chiede in cambio di una pace, per la quale neanche dà garanzie. ‘Grazie Presidente’ ripete più volte il povero Volodymyr, come a voler rassicurare i massimi leader dell’Europa, che si erano precipitati lì per evitare un nuovo scontro tra i due, che lui la sua parte la sta facendo. Sembrava quasi che i leader europei si scambiassero tra loro colpetti di gomito e strizzatine d’occhio, mentre l’attore protagonista gigioneggiava e sussurrava all’orecchio di Macron, seduto alla sua destra: ‘Quasi non ci credevo, Putin vuole fare l’accordo per me! Capisci? È una follia, lo fa per me!’’. Per me, non con me e con voi, per far contento me. La pace in Europa è dunque vicina. Putin la farà per rendere felici i giorni dell’amico Trump ed accompagnarlo a ritirare il Nobel per la Pace. Tutto questo mentre lo zar continua a bombardare le città ucraine e a uccidere civili.
Alla fine, anche a Washington l’annuncio congiunto dei partecipanti alla commedia che non si è concluso nulla. Però, chissà, tra quindici giorni si potrà organizzare un nuovo spettacolo, stavolta con due prim’attori, Trump e Putin, e un comprimario, Zelensky. Acquattate dietro le quinte potranno essere ammesse le comparse europee.
Se la partita è tra un uomo concreto, che sa cosa vuole, e un narcisista che gigioneggia, cambia idea tre volte al giorno ed è molto sensibile agli affari personali per sé e per i suoi, la vediamo davvero difficile. L’esito è già segnato. Per fortuna il tycoon non è solo, ha un establishment che lo fiancheggia e che – immaginiamo – lo frena. E poi c’è l’Europa, l’UE più l’UK. Ci sono i ‘volenterosi’ che si dicono pronti ad assumersi la responsabilità di supportare Kyev fino ad una pace ‘giusta’. Soprattutto c’è il popolo ucraino; stanco, sfinito, ma determinato più che mai a difendere la sua libertà e la sua indipendenza.
Come evolverà dunque questa tragedia? Tutto lascia pensare che si protrarrà ancora a lungo. Speriamo di aver torto, lo speriamo con tutto il cuore, ma non si riesce ad individuare una plausibile piattaforma per una pace di qui a quindici giorni. Putin ribadisce tutti i giorni che una tregua non è neanche pensabile. O pace alle sue condizioni o guerra a oltranza. Ma quali sono le sue ‘condizioni’?
Dopo essersi appropriato otto anni fa manu militari della Crimea e di parte del Luhansk e del Donesk, aveva invaso l’Ucraina il 24 febbraio del ‘22 con tre intenti: arrestare e fucilare Zelensky sostituendolo con un simil Lukashenko prono ai sui piedi; annettere l’80% del territorio ucraino come parte integrante della Federazione Russa; allontanare la NATO dai suoi confini, anche in vista di una futura ‘operazione militare speciale’ in Moldavia.
Dopo tre anni e un milione tra morti, feriti e fatti prigionieri, con un’economia nazionale stravolta e sull’orlo del collasso, si ritrova col 20% del territorio ucraino; un governo Zelensky solido e riconosciuto a livello internazionale, con il quale sarà giocoforza costretto a confrontarsi; un esercito, quello ucraino, addestrato al combattimento, di eccellente organizzazione e dotato di armi al 40% prodotte sul proprio suolo; la NATO che è arrivata ai suoi confini diretti nel Baltico a seguito dell’adesione della Svezia e della Finlandia. E se dovesse avanzare il lodo Meloni sulle garanzie da dare a Kyev – replica dell’art. 5 della NATO senza adesione formale all’Alleanza – sarebbe una foglia di fico. Nella sostanza sarebbe la stessa cosa dell’Ucraina nella NATO.
Difficile, molto difficile che lo zar possa accettare tale smacco. E ancora più difficile che i boiardi del Cremlino gliela facciano passare liscia se accetta tale umiliazione dopo tanti lutti e tanto impoverimento arrecati alla Russia. Ed allora ecco che Lavrov tira fuori i ‘motivi profondi’ che hanno causato l’invasione, senza la cui soluzione la Federazione Russa non potrà accettare alcun trattato di pace. Quali essi siano non precisa, ma si intuisce che il vero motivo profondo è l’inaccettabilità da parte del Cremlino di avere una sua costola, russa da sempre sostengono a Mosca e a Pietroburgo, che gode della libertà, dello stato di diritto e del benessere europeo, com’è già successo in Estonia, Lettonia e Lituania. Se la libertà si consolidasse a Kyev anche i moscoviti potrebbero desiderarla. E se essa arrivasse a Mosca e a Pietroburgo per Putin, Medvedev e boiardi associati non ci sarebbe futuro.
L’altro motivo profondo è il desiderio di spartirsi il mondo tra Mosca, Pechino e USA. Un nuovo ordine mondiale che restituisca a Mosca gli spazi geopolitici che mese dopo mese sta perdendo a causa del suo indebolimento causato dalla guerra in Ucraina. Diciamo del Caucaso, della Siria, del traballante Iran e di altri teatri geopolitici del mondo fino a poco fa nell’orbita del Cremlino.
I ‘motivi profondi’ sono questi. E sono inaccettabili per l’Occidente. Trump lo sa, capisce bene che neanche lui può osare tanto. E la pace – temiamo – è ancora lontana.
1 comment
Perché Trump dovrebbe comportarsi diversamente. Ha chiesto e ottenuto dazi da mezzo mondo. Sta facendo il paciere tra la Russia e l’Ucraina. Ha già firmato per lo sfruttamento delle terre rare e ora facendo finta di non voler entrare nella lite detta le sue condizioni. Ha chiesto e forse ottenuto 100 miliardi di dollari per fornire le armi all’Ucraina e le pagherà l’Europa. Ha preteso che compriamo il petrolio americano pagandolo 4 volte in più di quello russo. Poi ha preteso che gli Stati europei devono aumentare la quota per l’adesione alla nato fino al 5% e buona parte degli armamenti li devono comprare da lui. Infine sta cercando di fermare la nuova moneta di scambio BRICS e credo che di questo ne abbia discusso con Putin regalandogli i territori ucraini occupati dai russi. Io credo che questo sia il vero problema degli Stati Uniti, perché sé questa nuova moneta diventa primaria negli scambi commerciali di fatto il dollaro diviene una moneta secondaria e se ciò avvenisse sarebbe per gli Stati Uniti il vero grande problema. Perché con il debito che hanno andrebbero in grande difficoltà.