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Nicola Pietrangeli, signore del tennis italiano

Oggi il mondo del tennis gli dice addio e lo ringrazierà per molto tempo ancora

by Francesca Pica
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Foto by FITP

 

Con la scomparsa di Nicola Pietrangeli, avvenuta ieri, l’Italia perde non solo uno dei suoi più grandi sportivi, ma un pezzo intero della propria memoria sportiva, un capitolo fondante della nostra storia tennistica. Pietrangeli è stato molto più di un campione: è stato un simbolo di eleganza, ironia, talento naturale e spirito competitivo, un uomo capace di portare il tennis italiano oltre i confini nazionali quando questo sport era ancora territorio d’élite.

Nato a Tunisi nel 1933, Pietrangeli ha incarnato per decenni l’immagine dell’atleta gentiluomo. Due volte vincitore al Roland Garros (1959 e 1960), quattro volte finalista e protagonista di imprese indimenticabili in Coppa Davis, è stato il primo a far immaginare agli italiani che nel tennis si potesse davvero arrivare ai vertici del mondo. Il centrale del Foro Italico porta il suo nome non per convenzione, ma perché quel campo è diventato negli anni lo specchio della sua personalità: carismatica, elegante, profondamente mediterranea.

Ha avuto una vita favolosa, con principi veri e principesse, la frequentazione di luoghi esclusivi e star internazionali, il mondo girato in lungo e largo, cinque lingue parlate con disinvoltura. Montecarlo era la sua seconda casa. Frequentava assiduamente il principe Ranieri, soprattutto dopo la scomparsa della principessa Grace e insegnò a giocare a tennis al “principino” Alberto.

Per le generazioni successive è stato una bussola. Prima come capitano di Davis – figura paterna e ironica, sempre un passo avanti – poi come opinionista capace di unire competenza e leggerezza disarmante. Pietrangeli diceva spesso ciò che pensava, anche quando poteva sembrare scomodo, ma lo faceva con quel sorriso da eterno ragazzo che rendeva qualsiasi polemica una carezza più che uno schiaffo.

Era un campione d’altri tempi, ma anche di tutti i tempi. Perché nel suo modo di stare in campo – elegante come un ballerino, combattivo come un guerriero – c’era un’idea di sport che oggi sembra quasi romantica: lo sport del gesto bello con il suo rovescio, allo stesso tempo, elegante e micidiale, della tecnica pura, del rispetto per l’avversario, dello stile come forma di educazione.

Nel tennis italiano, Pietrangeli è stato un faro: per Panatta, Barazzutti, Bertolucci, e idealmente anche per la nuova generazione che ha riportato l’Italia sulla mappa del tennis mondiale. È impossibile non vedere, in quel che oggi siamo come movimento, una traccia del sentiero che lui ha aperto.

Con lui se ne va una voce, una memoria e un’epoca. Ma resta l’eredità, immensa: una carriera che ha insegnato che si può vincere con classe, perdere con eleganza e vivere lo sport come una straordinaria avventura umana.

Nicola Pietrangeli è stato il nostro primo grande campione, il più iconico, il più riconoscibile. Oggi l’Italia del tennis gli dice addio. Domani, e per molto tempo ancora, continuerà a ringraziarlo.

 

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