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Una LODE alla Cipolla

senza rinunciare all'ODE di Pablo Neruda

by Federico L.I FEDERICO
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Si sono appena chiusi (quasi) gli echi dell’articolo sul cachisso/legnasanto/kaki (https://www.genteeterritorio.it/da-pompei-evviva-il-cachisso/) ed ecco che rivolgiamo la nostra attenzione a un ortaggio, spesso accantonato da crudo, ma onnipresente da cotto. Un ortaggio ritenuto una volta una Cenerentola. Ci riferiamo alla cipolla, di cui ora tessiamo una LODE.

Una LODE che, però, non è la brutta copia della “ODE alla cipolla” scritta da Pablo Neruda, il grande poeta cileno. Anzi, è tutt’altro. In pratica è una nostrana e modesta LODE alla Cipolla che dovrà servire a far meglio conoscere storia e virtù dell’ortaggio di cui parliamo. Eccoci, quindi.

La Cipolla in Latino assume il nome scientifico di Allium Cepa, che – fin dal nome, oltre che dal pungente odore – denuncia una sua parentela con l’Aglio, signorotto incontrastato della Cucina mediterranea italiana. Pare che le prime notizie storiche riguardanti la Cipolla risalgano a ben oltre cinquemila anni fa. Ma, da quell’epoca arcaica, la Cipolla si espanse dall’Oriente verso il Mediterraneo diventando in breve uno speciale rifornimento alimentare per gli eserciti che si contendevano il predominio per terra e per mare. La cipolla, dunque, si diffuse velocemente in Egitto dove fu ritenuta anche un cibo sacro per il suo globo vitale cerchiato che si ingrandisce nel ventre della terra. Una metafora della vita. Furono poi i Fenici ad esportare la Cipolla in giro per i nostri mari, su cui si affacciavano terre condotte da accorti agricoltori. Molti secoli dopo, i soldati di Alessandro Magno ne facevano un grande uso, sia alimentare che medicamentoso.

E non finisce qui la grande Storia del nostro ortaggio. Nella estesa parentela della Cipolla trovano posto anche altri ortaggi come lo Scalogno e il Porro. Ed altri ancora, tutti accomunati dal “pianto” di coloro che li preparano o tagliano per utilizzarli in cucina. Infine, ogni altra varietà del ceppo dell’Allium – con l’affermarsi dell’Impero Romano – trovò la giusta e ottimale utilizzazione culinaria nelle varie colonie. Il letterato romano che celebra le cipolle è Marziale. Nei suoi Epigrammi, Marziale cita le “Cepae Pompeianae” – le cipolle di Pompeii – lodandone la qualità. La Pompei moderna però – grazie al territorio esteso della Grande Pompei, che riecheggia l’Ager Pompeianus – si è aggiudicata la Cipolla Marzatica dell’agro sarnese-vesuviano.

Oggi la Cipolla è uno degli ortaggi più coltivati e versatili al mondo. É presente in innumerevoli ricette e apprezzata per le sue tantissime qualità, anche se la varietà Rossa di Tropea rimane la regina delle crudità. Insomma, per chiudere, la Cipolla da Cenerentola è divenuta STAR della Cucina.

E qui di seguito ecco la “ODE ALLA CIPOLLA” di PABLO NERUDA.

 

Cipolla, anfora di luce,
petalo a petalo
si formò la tua bellezza,
squame di cristallo ti crebbero
e nel segreto della scura terra
s’arrotondò il tuo ventre di rugiada.
Sotto la terra
fu miracolo
e quando apparve
il tuo grezzo stelo verde,
e nacquero
le tue foglie nell’orto quali spade,
la terra accumulò il suo potere
rivelando la tua nuda trasparenza,
e come in Afrodite il mar antico
duplicò la magnolia
innalzando i suoi seni,
così ti fece,
cipolla,
chiara come un pianeta,
e fatta per
brillare,
costellazione costante,
rotonda rosa d’acqua,
sopra
la tavola
della povera gente.

Generosa
disfi
la tua sfera di freschezza
nella consumazione
furente della pentola,
e la parete di cristallo
al calor dell’olio
si trasforma in riccioli di penna d’oro.
Anche ricorderò come feconda
la tua forza l’amor dell’insalata,
e sembra che il cielo contribuisca
dandoti fine foggia di grandine
a celebrare la tua trasparenza sminuzzata
sugli emisferi di un pomodoro.
Ma alla portata delle mani del popolo,
innaffiata d’olio,
spolverata
con un po’ di sale,
uccidi la fame
dell’operaio nella dura strada.
Stella dei poveri,
fata madrina
avvolta
in delicata
foglia, esci dal suolo,
eterna, intatta, pura
come semenza d’astri,
e nel tagliarti
il coltello in cucina
sale l’unica lacrima
senza pena.
Ci hai fatto piangere senza dolore.
Io ho cantato quanto esiste, cipolla,
ma per me tu sei
più bella di un uccello
dalle penne luminose,
sei per i miei occhi
globo celeste, di platino coppa,
ferma danza
di candido anemone,
e vive la fragranza della terra
nella tua natura di cristallo.

 

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