Ci sono figure che non appartengono solo alla storia del cinema, ma all’immaginario collettivo. Brigitte Bardot è stata questo: non solo un’attrice, non solo un’icona di bellezza, ma una frattura luminosa nel modo di guardare le donne, il desiderio, la libertà. Pensarla adesso che non c’è più, scomparsa a 91 anni nella sua celebre residenza La Madrague, a Saint-Tropez, non significa immaginarne l’assenza, ma riconoscere che con lei si chiude definitivamente un’epoca che non tornerà più.
Bardot non ha mai chiesto di essere un simbolo. È diventata tale quasi controvoglia, trascinata da una forza che era naturalezza pura: il corpo non addomesticato, lo sguardo insieme innocente e provocatorio, una sensualità che non chiedeva permesso. In un mondo che voleva donne ordinate, rassicuranti, lei apparve come un gesto istintivo, una verità non mediata. E questo, più di ogni ruolo, fu rivoluzionario.
Sul grande schermo non interpretava personaggi: era. In Et Dieu… créa la femme non recitava la libertà, la incarnava. Non offriva un modello, ma un terremoto. Bardot non prometteva nulla, non rassicurava nessuno: esisteva, e tanto bastava a disturbare, affascinare, dividere. Amata e giudicata, desiderata e criticata, è stata una donna che non ha mai imparato l’arte della compiacenza.
In poche settimane dopo l’uscita mondiale del film esplode il fenomeno BB. Simone de Beauvoir vide nella sua «immoralità» la forza delle donne decise a rivendicare la propria autonomia sessuale, Marguerite Duras parlò di lei come dell’«aspirazione inconfessata di ogni essere umano di sesso maschile», Life scrisse che «dopo la Statua della Libertà, nessun’altra donna francese ha gettato altrettanta luce sugli Stati Uniti».
E forse è per questo che a un certo punto ha scelto di andarsene. Ritirarsi dal cinema, sottrarsi allo sguardo, rifiutare la macchina che l’aveva trasformata in mito è stato il suo ultimo atto coerente. Brigitte Bardot non ha voluto invecchiare sotto gli occhi del mondo. Ha preferito trasformare la sua voce in impegno, la sua energia in battaglia, dedicandosi agli animali con la stessa radicalità con cui aveva vissuto la giovinezza.
Nell’insieme della sua breve ma straordinaria carriera, ma anche in seguito con le sue prese di posizione pubbliche dopo il suo precoce ritiro, poche figure come Brigitte Bardot hanno messo in discussione in maniera così radicale e profonda gli stereotipi dominanti della donna nell’era moderna. Accettare oggi la sua scomparsa significa salutare non solo una donna, ma un’idea: quella di una femminilità libera, non spiegata, non docile, non pedagogica. Bardot non insegnava: mostrava. E mostrava anche il prezzo della libertà, l’incomprensione, la solitudine, l’insofferenza verso le regole di un mondo che ama i miti solo quando sono gestibili.
Resta il suo volto, che non appartiene a un tempo preciso. Restano le immagini in bianco e nero, i capelli spettinati dal vento, i piedi nudi, il broncio inconfondibile e quella bellezza mai strategica, mai costruita. Resta soprattutto la sensazione che con lei sia stato possibile, anche solo per un momento, vivere senza chiedere permesso.
Se questo è un addio, non è malinconico. È un saluto riconoscente a una donna che ha avuto il coraggio di essere sé stessa fino in fondo, pagando il prezzo, senza ritrattare. Brigitte Bardot non se ne va davvero. Si ritira, ancora una volta, ma resta come restano le figure impossibili da archiviare: fuori dal presente, ma mai fuori dallo sguardo.
