“Nella mattinata dello scorso 29 settembre, all’interno dell’area portuale di Napoli, i Carabinieri del Nucleo Operativo Ecologico di Napoli, nel corso di un’ispezione finalizzata ad accertare la regolarità delle spedizioni transfrontaliere, hanno sottoposto a controllo un carico di rottami ferrosi, prodotti da una società di Caivano (Na), destinati a un’acciaieria turca, quale materiale per la fusione in altoforno, a mezzo nave. Nell’ambito dell’attività ispettiva, i militari, con il supporto di personale dell’Arpa Campania, accertavano che i suddetti rottami, frammisti a rifiuti solidi urbani e rifiuti pericolosi (…) erano accompagnati da falsa documentazione attestante inesistenti attività di trattamento/recupero (…) Il controllo veniva esteso anche presso l’impianto aziendale, al fine di accertare proprio la regolarità delle asserite operazioni di recupero. Le verifiche in situ davano conferma all’ipotesi investigativa (…) Al termine delle attività, protrattesi sino a tarda sera, i militari del Noe di Napoli procedevano all’arresto del legale rappresentante della società (…) Trattasi del primo arresto per il nuovo delitto di spedizione illegale di rifiuti…”
Questo è un estratto del comunicato del 6 ottobre 2025 del Comando Carabinieri per la Tutela Ambientale e la Transizione Ecologica Napoli, relativo al primo caso di applicazione del cosiddetto Decreto “Terra dei Fuochi” (dell’8 agosto 2025 e da poco convertito in legge) che ha introdotto specifici aggravamenti di pena per talune ipotesi di reato previste dal Testo Unico Ambientale.
Ma cosa significa con il supporto di personale dell’Arpa Campania? Lo abbiamo chiesto a Teresa de Majo, Responsabile della Funzione Organizzativa per il coordinamento delle attività di polizia giudiziaria e autorità giudiziaria di Arpac.
Come si è svolto concretamente il supporto di Arpac?
La DDA di Napoli ha delegato il NOE a svolgere le indagini. I Carabinieri hanno quindi proceduto ad intercettazioni, appostamenti, videoriprese, acquisendo tutta una serie di elementi. Quindi hanno chiamato l’Arpac per verificare se si trattava effettivamente di una gestione illecita di rifiuti, ossia se quei materiali classificati come materia prima seconda, quindi non più rifiuti, lo fossero davvero.
Noi siamo intervenuti sul posto proprio nel momento in cui i container dei rifiuti venivano trasferiti per essere imbarcati verso la Turchia, abbiamo fatto scaricare tutti i camion e proceduto ad un’ispezione visiva durata diverse ore. Si trattava di rottami ferrosi, che devono rispondere a dei requisiti dettati da un regolamento europeo molti dei quali si riscontrano visivamente, e abbiamo trovato componenti di olio, di carburanti, pezzi meccanici non tranciati, cioè non sottoposti alle operazioni di recupero.
A questo punto, accertato che il carico risultava non conforme, siamo andati insieme ai Carabinieri nella sede dell’azienda preposta alla gestione, a Caivano, per verificare il rispetto ai criteri del Regolamento Europeo per il corretto recupero dei rifiuti. Un’ispezione visiva e documentale. Praticamente non avevano nulla. Il sistema di gestione qualità era inesistente, privo di qualunque tracciabilità documentale. Nelle aree di deposito della materia prima e seconda, quindi del rifiuto cessato, c’erano rifiuti tal quale che non avevano subito le operazioni di trattamento. Molti materiali, poi, non erano bonificati e l’azienda non era autorizzata a riceverli. In buona sostanza un centro di smistamento di rifiuti illegali.
Questa è la prima volta che siete stati chiamati per questo tipo di reato.
Sì, ma certamente non sarà l’ultima. Perché il nuovo Decreto “Terra dei Fuochi”, diventato legge da poco, non ha solo inasprito le pene ma ha delineato un nuovo quadro normativo quanto mai opportuno intervenendo su una realtà illegale molto diffusa. Su dieci aziende di recupero di rifiuti controllate, nove non recuperano nulla e il rifiuto resta rifiuto.
Solo l’Arpac esegue questo tipo di controlli?
Si, siamo gli unici a collaborare come organo tecnico alle indagini giudiziarie. E lo facciamo sempre di più, secondo le indicazioni del Direttore Generale Sorvino che promuove con convinzione il nostro lavoro. In un anno riceviamo tra le 300 e le 400 richieste di intervento, ovviamente di livello diverso e di natura diversa, e l’impegno dell’Agenzia nella collaborazione con l’Autorità giudiziaria viene costantemente potenziato nonostante la scarsezza di personale. Tanto è vero che le richieste aumentano.
In cosa consiste questa collaborazione?
Nel fornire supporto tecnico-scientifico, su richiesta delle Autorità competenti, ad indagini di polizia giudiziaria in campo ambientale raccogliendo, valutando e analizzando tutti gli elementi utili. Un lavoro complesso che presenta particolari caratteristiche e nel quale l’attività di campo è importantissima. Per questo motivo alcuni anni fa è stata istituita in Arpac una specifica Funzione Organizzativa, della quale sono la Responsabile, che si avvale della collaborazione di cinque unità scelte in base alla loro esperienza e competenza professionale, oltre naturalmente al lavoro svolto dalle strutture analitiche e tecniche dell’Agenzia, e che opera in stretta sinergia con la Direzione Generale.
Quali sono le Autorità competenti con le quali principalmente collaborate?
Per quanto riguarda le Autorità giudiziarie, la Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli, le Procure di Torre Annunziata, Napoli Nord, Nola e Salerno. Ma sia pure con minor frequenza tutte le Procure campane si rivolgono all’Arpac. Quindi le Forze di polizia, in primo luogo i Carabinieri del NOE di Napoli. Ci chiamano, ci informano sull’obiettivo e noi forniamo l’indispensabile supporto tecnico collaborando alle indagini.
Esiste una differenza nell’attività che svolgiamo per conto della DDA rispetto a quella per le Procure ordinarie. Nelle indagini della DDA ci sono i pedinamenti, le intercettazioni, e via dicendo e solo dopo interveniamo noi per individuare quali sono i reati ambientali che si stanno commettendo. Nel caso delle Procure ordinarie, invece, dopo la segnalazione l’attività in sostanza è svolta interamente dall’Arpac.
Come valuti il supporto investigativo dell’Arpac nel contesto nazionale delle Agenzie?
Penso che la specificità del lavoro che svolgiamo in Campania sia particolare. Noi siamo di supporto nella costruzione dell’ipotesi di reato formulata dalla magistratura, un lavoro a 360 gradi. Raccogliamo tutti gli elementi e li elaboriamo proprio in funzione dell’ipotesi di reato. Dai contatti che ho con colleghi di altre Arpa e con consulenti di svariate Procure italiane emerge come il lavoro di Arpa Campania in questo settore sia addirittura pioneristico.