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Alfabeto delle citazioni: Krasznahorkai. Eruzione

la fine del mondo si avvicina

by Piera De Prosperis
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Eruzione: per il nostro alfabeto delle citazioni scegliamo una parola a cui noi, abitanti dell’area vesuviana e non solo siamo particolarmente abituati. Ma ora non voglio parlarvi delle vicende pompeiane o di quelle successive in cui l’intervento di San Gennaro è stato determinante, ma di un altro valore, metaforico, che ci permette di scandagliare un altro mondo, quello delle parole. Specie di quelle che sono state premiate con il Nobel 2025. Parliamo di László Krasznahorkai, scrittore ungherese. Come da tradizione sulla home page del Nobel campeggia un sondaggio che chiede ai visitatori di esprimersi sul Premio. Nel momento della pubblicazione l’85% dei votanti dichiara di non aver mai letto un libro del vincitore. La narrativa di questo scrittore è caratterizzata da frasi lunghissime, addirittura il romanzo Herscht 07769, pubblicato nel 2021, è composto da una sola frase.

Ed egli così giustifica:

«È una questione di musicalità. Le parole e l’espressione musicale per me provengono dalla stessa fonte. Nei miei romanzi, quindi, la melodia, il ritmo, e soprattutto la velocità la fanno da padroni. Sono loro a decidere tutto. D’altra parte, provi a pensare a che cosa succede quando vogliamo dire qualcosa di veramente, ma veramente, ma davvero molto molto importante, come per esempio una dichiarazione d’amore che ci siamo sforzati di reprimere e soffocare per vent’anni, ed ecco che tutto a un tratto invece le parole erompono da noi come la lava da un vulcano, in questi casi nessuno userà delle belle frasette corte e ben curate, ma farà proprio come un vulcano in eruzione, quando c’è un’unica potente forza al lavoro: non farà pause. Allo stesso modo io metto per iscritto un romanzo solo se quel romanzo vuole raccontare qualcosa di veramente, ma veramente, ma davvero molto molto importante. Secondo me è la frase breve a essere artificiale. È una gran bella invenzione, ma è artificiale, l’abbiamo creata noi, mentre il discorso letterario che porto avanti io è in realtà un’unica frase ininterrotta, alla fine della quale il punto fermo sarà messo dal Signore. Se vorrà farlo».

Un’ eruzione di parole, dunque, ecco l’incipit.

All’attenzione di Angela Merkel, Cancelliera della Repubblica Federale di Germania, Willy Brandt Straße numero 1, 10557 Berlino: così scrisse nello spazio riservato al destinatario, mentre nell’angolo in alto a sinistra della busta, dove di solito si indica il mittente, aggiunse soltanto Herscht 07769, e nient’altro, perché voleva far capire fin dall’intestazione la natura strettamente confidenziale di tutta quella faccenda, e comunque era sua ferma convinzione che non ci fosse motivo di perdere altro tempo con la busta, di fornire cioè ulteriori indicazioni su di sé, poiché in base al codice di avviamento il sistema postale avrebbe subito indirizzato la risposta a Kana, mentre qui a Kana lo avrebbero subito identificato in base al solo cognome, ma quel che contava, riguardo all’essenza stessa della faccenda, lì nella lettera, appena ripiegata con grande cura e infilata all’interno della busta, c’era già scritto tutto, tutto quanto, spiegato con le sue proprie parole, a cominciare da certi fatti che la Cancelliera, forte della sua formazione scientifica, avrebbe immediatamente capito, e con assoluta chiarezza, avrebbe cioè subito colto il nocciolo di quello che lui intendeva comunicare, lui qui a Kana, in Turingia, ossia lei avrebbe capito all’istante ed esattamente che cosa lui intendesse quando cercava di attirare la sua attenzione sul fatto che una leader come lei a volte doveva pur affrontare oltre ai problemi quotidiani del Paese, anche altre questioni e altri problemi, all’apparenza ben lontani dai problemi quotidiani, soprattutto quando questi altri problemi assediavano proprio la vita quotidiana, perché la stanno assediando, e con una forza che più distruttiva non potrebbe essere, era proprio di questo che si stava trattando qui: di un assedio, di un fatto che minacciava fin dalle sue fondamenta l’intero Paese, e anzi, secondo lui, l’intera umanità, minacciava l’esistenza stessa degli uomini, scuoteva l’intero ordine sociale, e lo faceva manifestandosi contemporaneamente da diverse prospettive di pericolo, delle quali lui, qui e ora, doveva mettere in risalto solo la più importante, ossia l’allarme di natura filosofica implicito nelle descrizioni dei processi apparentemente inspiegabili emersi durante gli esperimenti sul vuoto, poiché è diventato chiaro, in realtà molto tempo fa, ma lui è venuto a saperlo solo ora, cioè si è reso evidente che nello spazio comunemente inteso come del tutto vuoto si svolgono comunque degli eventi, […]

Kana, solitaria e desolata città della Turingia, ha attratto un manipolo di neonazisti. Gli abitanti li guardano con timore e sospetto. Solo Florian Herscht è convinto di poter mantenere amicizia con entrambi gli schieramenti. È un uomo robusto, gentile, che crede nella musica di Bach, ha paura dei tatuaggi, ed è convinto che l’universo sia condannato ad annientarsi e per informare tutti della catastrofe scrive lettere in modo ossessivo, persino ad Angela Merkel, che non gli risponde mai. All’improvviso al limitare della foresta arrivano i lupi: la fine del mondo si avvicina.

Millenarismo, catastrofismo o solo consapevolezza che siamo ormai sull’orlo di un baratro?

 

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