Foto by Armani
Non lo dimenticherò mai, il mio primo tailleur Armani. A molti sembrava assurdo che una giacca e un pantalone così essenziali costassero tanto. Ma io, ragazza degli anni ’90, sapevo che non era solo un abito: era un passaporto. Indossarlo era come abitare una nuova pelle: mi sentivo diversa, più forte, come se quell’eleganza discreta mi avvolgesse di autorevolezza. La magia stava tutta lì, in un segreto che non aveva bisogno di platee: non serviva che gli altri capissero o riconoscessero il taglio, perché era a me che parlava, sottovoce, accendendo dentro una luce quieta capace di trasformare fragilità in forza.
Con quella giacca sono entrata per la prima volta in redazione senza tremare: Armani era la mia armatura silenziosa, la certezza che a chi mi “rimproverava” di essere giovane e donna avrei potuto rispondere non con le parole, ma con i fatti: dimostrando di essere brava, capace, pronta a stare lì.
Per intere generazioni di donne, gli abiti di Armani hanno rappresentato molto più che un capo di guardaroba: sono stati un manifesto. Negli anni ’80 e ’90, quando le donne cominciavano a occupare posizioni di rilievo in redazioni, uffici, studi professionali e sale riunioni fino ad allora dominate dagli uomini, il “power dress” di Armani diventava un alleato potente.
La giacca destrutturata, i pantaloni morbidi ma impeccabili, la palette sobria e sofisticata: tutto parlava di prestigio senza mai scivolare nell’ostentazione. Non era un vestito “maschile” preso in prestito, era un nuovo linguaggio del corpo e dello stile, che permetteva alle donne di esprimere la propria forza senza rinunciare alla grazia.
Indossare Armani significava entrare in scena con la certezza che l’abito non gridasse, ma affermasse. Che non servissero spalline rigide o eccessi per farsi spazio, bastava l’eleganza essenziale di una linea perfetta a far percepire competenza, sicurezza, professionalità.
Se per le donne Armani ha significato il “power dress”, per gli uomini ha rappresentato una liberazione. Fino agli anni Settanta, il completo maschile era una corazza rigida: giacche pesanti, spalle squadrate, linee severe. Armani prese quel modello e lo rivoluzionò, destrutturandolo. Nelle sue mani la giacca diventò leggera, fluida, capace di seguire i movimenti invece di costringerli. Era ancora eleganza, ma con un respiro nuovo: naturale, rilassata, quasi disinvolta.
Con lui nacque l’idea di un uomo che poteva essere autorevole senza irrigidirsi, seducente senza ostentare. Il suo completo grigio, reso immortale da Richard Gere in American Gigolò divenne un’icona di stile internazionale, un simbolo di fascino moderno e sobrio. Armani mostrò che la vera forza non sta nell’apparire ingessati, ma nel sentirsi a proprio agio nella propria pelle. In questo senso, Armani ha regalato agli uomini ciò che aveva già dato alle donne: la possibilità di usare i vestiti come linguaggio di sé.
Oggi, che il maestro se n’è andato, resta forte la sensazione che il suo lascito vada ben oltre la moda. Armani ci ha consegnato un manifesto culturale: uno stile che è disciplina, dignità, e insieme leggerezza e soprattutto modi di essere.