Brian Wilson, il leggendario co-fondatore e principale compositore dei Beach Boys, si è spento qualche giorno fa a 82 anni. Non era solo l’anima dei Beach Boys: era il loro genio solitario, l’uomo che, come pochi altri, aveva compreso che il suono poteva essere un pennello, e lo studio di registrazione il suo atelier. Trasformò una band di surfisti californiani in un laboratorio sonoro universale, avvolgendo il pop nell’emozione pura con armonie eteree e arrangiamenti da pittura impressionista.
Era un’anima visionaria, il ragazzo prodigio che trasformò le malinconie adolescenziali in “sinfonie per Dio”, come lui stesso le definiva. Mente geniale e artefice di un nuovo modo di intendere la musica pop, Wilson trasformò la spensieratezza californiana in arte sonora, rivoluzionando il concetto stesso di canzone pop con armonie celestiali, arrangiamenti complessi e un’introspezione emotiva senza precedenti. Ha influenzato generazioni di musicisti – dai Beatles a Radiohead – elevando il pop da intrattenimento leggero a forma espressiva colta e sofisticata.
Con i cugini Mike Love e Al Jardine, i fratelli Wilson fondarono nel 1961 il gruppo The Beach Boys. La musica surf stava prendendo piede a livello locale e il fratello Dennis, l’unico vero surfista del gruppo, suggerì di fare di necessità virtù. Brian e Love scrissero frettolosamente il loro primo singolo. In breve tempo, Brian si affermò come autore e produttore di brani iconici come Surfin’ U.S.A., California Girls, I Get Around, Wouldn’t It Be Nice, e God Only Knows, canzone che Paul McCartney ha definito “la più bella mai scritta”.
Con Pet Sounds (1966), Brian Wilson portò il linguaggio del pop oltre la sua funzione commerciale, elevandolo a forma d’arte. L’album, scritto con il paroliere Tony Asher e registrato con i migliori musicisti di studio di Los Angeles (i leggendari Wrecking Crew), è considerato ancora oggi una delle vette più alte della musica del Novecento. La sua influenza si estese anche ai Beatles, che risposero con il loro Sgt. Pepper’s Lonely Hearts Club Band.
Considerato un genio musicale, ha rivoluzionato il pop e influenzando generazioni di artisti. La sua vita è stata segnata da successi planetari ma anche da gravi problemi di salute mentale, depressione e dipendenze, che lo portarono a ritirarsi dalle tournée.
Brian non aveva mai avuto paura di parlare della propria salute mentale, qualcosa di estremamente complicato alla fine degli anni ’60, un’epoca in cui la consapevolezza e l’accettazione di tali disturbi era qualcosa di cui era impensabile parlare.
Cosa resta di Brian Wilson? Resta un suono che ha reso incredibile l’intimità, un modo di pensare la canzone come spazio emotivo. Resta Smile, progetto incompiuto negli anni ’60, portato a termine come fenomeno di redenzione artistica nel 2004 e consacrato nel pantheon del pop. Resta una serie di album, film e documentari che raccontano il prezzo della creazione artistica, tra grandezza e dolore.
Brian Wilson era la perfezione fatta di crepe. Una perla troppo rara per essere ignorata: dietro le sue canzoni solari c’era una mente che combatteva contro il buio, con la grazia di chi sa trasformare la fragilità in bellezza.
Addio, maestro. Il tuo sorriso rimane.