C’è chi lo chiama kaki, all’inglese, e chi “cachìsso”, alla napoletana. Ma ci sta anche chi riesuma il termine, antico piuttosto che vecchio, di “legnasanto”. Oppure, anche “legnasanta”. E’ un termine che spiazza i contemporanei, come Maradona faceva con i suoi marcatori/cagnacci che gli mordevano le caviglie nel tentativo, quasi sempre vano, di fermarlo in campo.
Ma intanto dobbiamo pure spiegare al lettore la genesi di questa nostra virata sulla quotidianità, intrisa di amarcord, con un forum spontaneo dedicato a un frutto negletto per decenni. Un frutto dolce ma accusato di non essere idoneo neppure per la marmellata. Un frutto da gustare molle ma anche duro e pure a mezza strada, purché di varietà dolce e vainiglia, quando la sua buccia sottile è caratterizzata da una leggera striatura scura, che ne garantisce il dolce non “allappante” per il tasso tanninico moderato soltanto dalla maturazione.
A questo punto, però, un poco di storia non guasta e ci fa sapere che il frutto del Kaki è di origine orientale e che i Greci, i quali già lo conoscevano e consumavano, gli avevano dato un nome di tutto rispetto: DIOSPYROS, cioè Frutto degli Dei. Un frutto divino, insomma, il nostro Kaki (o Cachi), che occhieggia mesto dagli scaffali dei Supermarket quando è invasato e imballato (schiattato?) nella plastica. Ma brilla meglio, libero, nelle “spaselle” dei fruttivendoli. Comunque, “legnasanto” (o “legna-santo”) è un nome ancora popolare in numerose regioni d’Italia. E specialmente a Napoli, dove viene chiamato anche “cachìsso” spesso e volentieri.
L’albero del cachi è noto anche per la durezza del suo legno ed è stato utile per il suo valore nutritivo durante i periodi difficili della Seconda guerra mondiale. Ma il suo significato è simbolico per la sua associazione a credenze popolari. Al lettore ricordo che c’è una leggenda secondo la quale dai Semi del Cachi si può predire l’andamento del clima dell’inverno. Non ha alcuna valenza scientifica ma è legata al folklore contadino. Questa credenza si basa sull’osservazione dell’interno del seme, appositamente aperto in due. Infatti, si possono cogliere le forme delle posate: forchetta, coltello e cucchiaio. Ecco i significati divinatori:
– Forchetta, indica un inverno mite;
– Coltello, suggerisce un inverno rigido e freddo;
– Cucchiaio, prevede un inverno nevoso.
Sarà vero? Non lo sappiamo. Ma non ce ne importa… diciamo soltanto in lingua napoletana: EVVIVA IL CACHISSO!
