Sono state pubblicate postume le sintetiche ma stimolanti riflessioni dell’architetto Rita Sciscio sulla “Disciplina del suolo” (ed. Mephite, 2025), con prefazioni della senatrice Mariolina Castellone e del Consigliere Ciampi. L’autrice, prematuramente scomparsa nel febbraio scorso, studiosa ed appassionata di architettura ed ambiente, per una breve stagione assessore all’urbanistica del Comune di Avellino, ha saputo esprimere e trasmettere con entusiasmo e sensibilità idee innovative e costruttive che purtroppo non ha avuto il tempo di sviluppare e realizzare.
L’agile pubblicazione di Rita Sciscio focalizza l’attualità e centralità del tema della disciplina del suolo sotto il profilo naturale e giuridico, intesa soprattutto come limitazione e razionalizzazione dell’eccessivo consumo di questa essenziale matrice, che a tutt’oggi manca di una adeguata tutela normativa nell’ambito della legislazione statale e regionale e pianificazione urbanistica a danno degli equilibri ambientali del territorio. Ma anche come necessaria difesa del delicato assetto idrogeologico rispetto ai diffusi e preoccupanti fenomeni di dissesto (frane, alluvioni, erosione), strutturalmente congeniti ma anche predisposti e concausati dall’intervento antropico spesso in termini di sovrasfruttamento, cementificazione invasiva ed impermeabilizzazione del suolo stesso, oltre ai diffusi problemi di contaminazione ed inquinamento di molteplici siti collegati soprattutto ai processi di deindustrializzazione degli ultimi decenni. I complessi e problematici aspetti della condizione del suolo segnano parti significative del territorio campano, caratterizzato da degrado e rischio idrogeologico – come attestato da una lunga serie di eventi calamitosi – dalla presenza di siti contaminati di interesse nazionale e locale da bonificare ma anche da un eccessivo e talvolta sconsiderato consumo di suolo per edificazioni di manufatti ed infrastrutture. Il dato si registra soprattutto nella congestionata e schiacciante conurbazione dell’area metropolitana costiera della Campania, che comprende Napoli e la sua provincia e si estende alla parte più antropizzata della provincia di Salerno – dall’Agro Sarnese-Nocerino alla Piana del Sele – ed anche di quella di Caserta, che si distingue nettamente dalla diversa conformazione della realtà territoriale dell’Irpinia, del Sannio e del Cilento caratterizzate da minore pressione insediativa o addirittura con rischi di desertificazione e spopolamento dei centri storici.
Rita, nella sua premessa, richiama appropriatamente l’indimenticato progetto di riforma urbanistica strutturale, presentato nel giugno 1962 e mai approvato, del ministro irpino dei Lavori pubblici Fiorentino Sullo che prevedeva – in modo fortemente innovativo – il cosiddetto scorporo dello “jus aedificandì” dal diritto di proprietà, costituzionalmente soggetto a potenziali limitazioni a fini di perequazione delle aree edificabili mediante la legittima compressione degli esagerati profitti derivanti dalla rendita fondiaria e speculativa. La coraggiosa riforma di struttura proposta da Sullo, autore anche di un pamphlet “Lo scandalo urbanistico“, fu ritenuta all’epoca troppo avanzata ed innovativa e bloccata dallo stesso governo, dalla maggioranza parlamentare e dalla Democrazia Cristiana di cui pure Sullo faceva autorevolmente parte, a seguito di una violenta campagna denigratoria orchestrata mediaticamente dalla destra dell’epoca e dagli interessi proprietari messi in discussione dal progetto di riforma.
Il saggio richiama la definizione tecnica, di fonte ISPRA, e normativa (innestata dall’art. 5, co 5-quater del T. U. A. 152/2006, come modificato nel 2008) di suolo come strato superficiale e superiore della crosta terrestre, a composizione mista, “costituito da componenti minerali, materia organica, acqua, aria e organismi viventi“, e soprattutto risorsa non illimitata, matrice fragile e non rinnovabile, che costituisce nozione di base per le politiche ambientali, di governo e difesa del territorio. L’autrice evidenzia, richiamando la drammatica esperienza dell’alluvione del Polesine nel 1953, che la corretta conservazione del suolo costituisce un interesse primario e vitale per l’importanza delle sue funzioni ecologiche, soprattutto nell’epoca del “climate change” e del riscaldamento globale, oltre che una precondizione per lo sviluppo equilibrato e sostenibile di ogni tipo di attività antropica.
Il consumo di suolo, sia reversibile che soprattutto irreversibile e permanente, per effetto di impermeabilizzazione o sigillatura (soil sealing), è fenomeno crescente e strettamente connesso al processo di intensa antropizzazione del territorio a fini residenziali, infrastrutturali e produttivi verificatosi negli ultimi decenni. In Italia il monitoraggio, ai sensi della legge 132/2016, è oggi affidato al Sistema nazionale per la protezione dell’ambiente, costituito a rete dalle Agenzie ambientali coordinata dall’ISPRA, concretizzandosi nell’aggiornamento annuale della cartografia di riferimento e nell’elaborazione di indicatori ambientali sulle dinamiche di consumo di suolo.
L’architetto Sciscio ha corredato le sue interessanti note con una nutrita serie di dati significativi, che evidenziano e documentano una preoccupante situazione di continua espansione della cementificazione ed impermeabilizzazione del suolo nonostante l’attuale decrescita demografica, che dovrebbe teoricamente concorrere ad un’inversione di tendenza. La Campania è in Italia la terza regione per valori più elevati (10,49%), dopo la Lombardia ed il Veneto e prima dell’Emilia Romagna, registrando un incremento annuo di perdita di risorsa di 643 ettari, in cui spicca il primato negativo del comune di Casavatore (Na), con oltre il 90% di superficie resa impermeabile, secondo una tendenza costante e particolarmente accentuata nell’area nord della provincia di Napoli, interessata da una massiccia urbanizzazione corrispondente alle fuoriuscite dal capoluogo.
Gli stessi dati del Rapporto Arpac 2023 sullo stato dell’ambiente in Campania evidenziano per tale indicatore una tendenza costantemente negativa: a dicembre 2021 risultano completamente antropizzati 142.625 ha di suolo, pari al 10,49% dell’intero territorio regionale, con dati che posizionano la Campania al terzo posto in Italia per le risorse di suolo consumato, secondo un preoccupante ritmo medio di circa 437 ha di suolo impermeabilizzato/anno, con un consumo pro-capite di 362,7 metri quadrati/abitante.
L’esposizione si sofferma sugli strumenti teoricamente disponibili a fini di tutela del suolo, a partire dalla Valutazione di impatto ambientale (VIA) e, soprattutto, dalla Valutazione ambientale strategica (VAS), in particolare riferita ai piani urbanistici, valutando tuttavia criticamente la loro scarsa incisività ed efficacia concreta ai fini del contrasto al perdurante fenomeno di consumo. L’autrice poi fa riferimento alla normativa di accompagnamento al PNRR (d. l. 77/2021), ritenuta di eccessivo snellimento e semplificazione delle procedure di valutazione e tutela ambientale ma, al tempo stesso, individua le potenzialità innovative e complementari degli strumenti previsti di integrazione tra sanità ed ambiente come, ad esempio, la costituzione del Sistema nazionale prevenzione salute dai rischi ambientali e climatici (SNPS), normato dalla legge 79/2022 in stretto coordinamento con SPNA, che già si occupa istituzionalmente di monitoraggio degli usi del suolo e redige il relativo rapporto annuale.
La pubblicazione analizza le principali cause del crescente consumo di suolo, individuate in quattro tipologie di determinanti, prime fra tutte la realizzazione delle ampie superfici e dei piazzali della logistica e della grande distribuzione, i pannelli degli impianti fotovoltaici installati a terra, la realizzazione di cantieri e strade, l’espansione edilizia nelle aree urbane intesa anche come condensazione e saturazione di spazi liberi interclusi, addizioni a nuclei consolidati e dispersione di nuovo edificato nelle aree rurali. In un paragrafo la Sciscio accenna allo scabroso caso del comune di Milano e dei grattacieli, del decreto “salva casa” e della sconcertante norma interpretativa “salva-Milano”, vicenda su cui è recentemente intervenuta la pesante inchiesta giudiziaria della Procura della Repubblica, attualmente in corso con l’emersione di elementi di malaffare.
A fronte della complessità della ormai stringente problematica, Rita Sciscio richiama la strada maestra del recupero, rinaturalizzazione e riuso dell’enorme patrimonio edilizio dismesso, abbandonato o sottoutilizzato, non solo nei capoluoghi e nelle città metropolitane ma anche nei centri minori, facendo riferimento ai dati, ancorché non aggiornati, dell’ISTAT e dei rapporti ISPRA. Naturalmente un’incisiva, e da sempre auspicata, svolta in tal senso dovrebbe puntare a riconvertire e reindirizzare – anche attraverso una accorta politica di vincoli ed incentivi- l’importante settore economico delle costruzioni verso obiettivi di ristrutturazione riqualificazione e restauro dell’immenso patrimonio edificato non utilizzato, anziché sull’indiscriminata edificazione ed espansione urbana nelle aree libere ancora disponibili da rinaturalizzare, generando così indubbi benefici per l’ambiente, il territorio e la stessa economia produttiva.
L’agile volume di Rita Sciscio si conclude riportando alcune proposte, come ipotesi di lavoro: la fissazione tendenziale di un limite annuo per il consumo di suolo, ricalibrato progressivamente attraverso una fase transitoria, secondo gli indirizzi dell’Unione Europea e delle Nazioni Unite che fissano l’obiettivo dell’azzeramento del consumo netto entro il 2050. Si sofferma sulla concreta difficoltà dei Sindaci ad intervenire sulle aree edificabili ereditate dai piani regolatori precedenti e non ancora utilizzate e trasformate ma dotate di suscettività edificatoria non comprimibile – consolidata da abbondante giurisprudenza amministrativa – ed indica la prospettiva della rigenerazione urbana e del recupero territoriale, opzione potenzialmente vincente ma realistica solo ove resa conveniente, attraverso un mix di volontà politica, misure normative ed amministrative, tecnica urbanistica, convinzione culturale e sensibilità ambientale.
Rita ha dedicato un’appendice di riflessione allo scenario specifico di Avellino, che si colloca nel panorama nazionale tra le città medio-piccole con i suoi stabili 52. 000 abitanti, attualmente disciplinata dal PUC Cagnardi-Gregotti del 2008 che ha ricalibrato le irrealistiche previsioni del secondo Piano regolatore Petrignani del post-terremoto, a suo tempo dimensionato su una previsione di incremento demografico ad 80. 000 unità, perdurando l’esigenza di ridefinire le funzioni direzionali del capoluogo rispetto al territorio provinciale e, soprattutto, di connetterle in una prospettiva di intercomunalità con l’hinterland ed i suoi centri maggiori di Atripalda, Mercogliano e Monteforte, anche per raccordare opportunamente la pianificazione e gestione della politica dei servizi locali (dai trasporti alla polizia urbana, dai servizi sociali a quelli ambientali, ecc.).
In definitiva gli interessanti spunti di Rita sulla disciplina del suolo e sulla conseguente necessità di contrastarne il consumo indiscriminato aprono prospettive importanti ed innovative a largo raggio, da sviluppare nella ancora incompiuta disciplina normativa del governo del territorio di livello statale e regionale e nella pianificazione urbanistica, e soprattutto complicati problemi di attuazione intrecciati tra piani già adottati e da rivisitarsi, l’attualità dei vincoli ed incentivi potenziali, che meriterebbero intensi approfondimenti e, soprattutto, esperienze di concreta esecuzione che, purtroppo, la sua prematura scomparsa non le ha consentito di svolgere.