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Dissesto idrogeologico: il rapporto ReNDiS 2020 dell’Ispra

by Giulio Espero
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È stato da poco pubblicato lo studio “ReNDiS 2020, la difesa del suolo in vent’anni di monitoraggio ISPRA sugli interventi per la mitigazione del rischio idrogeologico”. Ricordiamo ai nostri lettori che l’ISPRA, ovvero l’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale, fa parte, insieme alle 21 Agenzie regionali e provinciali (ARPA e APPA), del Sistema Nazionale a rete per la Protezione dell’Ambiente (SNPA) istituito nel 2016.

Si tratta di un voluminoso rapporto con il quale vengono illustrate per la prima volta le attività ed i risultati di un ventennio di monitoraggio a cura dell’Istituto. Monitoraggio attuato coniugando sia le funzioni tecniche di Ispra connesse al controllo sugli interventi, sia quelle di natura scientifica e di ricerca connesse alla gestione, all’analisi e all’interpretazione delle informazioni che ne derivano.

Ambizione palese è quella di fornire uno strumento di conoscenza del territorio rivolto agli amministratori pubblici e ai cittadini per favorire comportamenti virtuosi e decisioni informate, sia in fase emergenziale che in situazioni ordinarie, nelle scelte relative alla programmazione e pianificazione di qualunque attività sociale ed economica sul territorio. Contribuendo in tal modo alla riduzione dei danni e, quindi, dei costi causati dai fenomeni di dissesto idrogeologico.

Lo strumento utilizzato è stato il Repertorio Nazionale degli interventi per la Difesa del Suolo, ReNDiS appunto, che è la piattaforma nazionale dove vengono monitorati tutti gli interventi finanziati attraverso piani e programmi di competenza del Ministero dell’ambiente, dal 1999 in poi, e che consente inoltre di per gestire i dati e le procedure istruttorie delle richieste presentate dalle Regioni per nuovi finanziamenti. Attraverso tale piattaforma è possibile avere in tempo reale informazioni, seppur stringate e schematiche, di tipo tecnico dei singoli interventi, ma anche finanziario ed attuativo.

Diciamo che possiamo considerarlo a tutti gli effetti un censimento delle opere pubbliche in questo settore. Sapremo con matematica precisione localizzazione, fonti di finanziamento, importi, avanzamento contabile di ogni intervento ma, così come il censimento ci dice tutto dei numeri di una nazione ma nulla di noi come persone, al contempo non riusciremo a capirne la reale efficacia e ricaduta sullo specifico territorio. Studio poderoso dunque che, a prescindere dalla effettiva utilizzabilità dei dati, rappresenta certamente uno sforzo conoscitivo notevole e sulla base del quale ogni ipotesi pianificatoria futura, a livello nazionale e regionale, deve giocoforza confrontarsi.

Si parte con i primi due capitoli che illustrano il quadro nazionale del dissesto, l’evoluzione della normativa, la successione cronologica degli strumenti di finanziamento degli interventi. Viene poi riassunta la storia del monitoraggio, fino agli ultimi sviluppi della piattaforma ReNDiS. Si passa quindi ad illustrare alcune delle analisi che è possibile eseguire attraverso i contenuti del database: dalla distribuzione territoriale degli interventi alle tipologie dei dissesti ed opere, dai tempi di attuazione alle condizioni di aggiornamento dei dati ai contenuti delle schede istruttorie fino alla relazione tra interventi ed aree a rischio definite dai Piani di bacino. Sono infine riportati quattro focus tematici che illustrano alcune esperienze significative o approfondimenti sviluppati in seno alle attività del ReNDiS.

E veniamo ai numeri: impressionanti, così mastodontici da rasentare l’impalpabilità statistica. Nella piattaforma sono ad oggi presenti 6.063 interventi per un importo complessivo pari a 6,59 miliardi. Le richieste di finanziamento, gestite attraverso un’Area istruttorie ad accesso riservato, consistono in 7.811 proposte progettuali attive, per un importo complessivo pari a 26,58 miliardi che, in prima approssimazione, rappresenta una stima del costo teorico per la messa in sicurezza dell’intero territorio nazionale, da attuarsi attraverso prossime programmazioni pluriennali di finanziamento.

Importi giganteschi, dicevamo, simili alle cifre che di solito si riservano alle manovre finanziarie. Quanto poi simili investimenti siano realmente efficaci ed il relativo rapporto costi benefici segnatamente efficiente, è difficile da capire e non è certo lo scopo di questo studio. Sgomberiamo il campo da ogni facile equivoco: la spesa per la sistemazione idrogeologica in un Paese “disgraziato” da questo punto di vista come l’Italia, stretta lunga e franosa, è sacrosanta e va assolutamente salvaguardata se non incrementata. Ma diventa una spesa poco “redditizia” in termini di risultato di difesa del suolo, se, come accade oggi, è frammentata in una moltitudine di centri di spesa (Comuni, Regioni, Comunità montane, Province e così via) che, avendo una regia poco tecnica e molto localistica (quando non addirittura politica, dove per politica intendiamo la ricerca del consenso a breve termine), rischiano di inficiare proprio il senso profondo di una programmazione unitaria e coordinata cui lo studio ReNDiS ha l’ambizione di essere propedeutica.