Home Campania Fico ha già le chiavi di Santa Lucia in mano, ma…

Fico ha già le chiavi di Santa Lucia in mano, ma…

inceneritore di Acerra, reddito di cittadinanza, governo della sanità

by Luigi Gravagnuolo
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È difficile calcolare tutti gli errori che sta inanellando il centrodestra in Campania. Il primo, e più rilevante, è stato l’aver fatto ricorso come Governo alla Corte Suprema per ottenere la dichiarazione d’incostituzionalità della legge approvata il 5 novembre scorso dal Consiglio Regionale della Campania. Per essa sarebbe stata ammissibile un’eventuale terza candidatura di De Luca alla presidenza della Regione. Ma come: De Luca era determinato a ricandidarsi e il Pd dichiarava perentoriamente che non lo avrebbe mai candidato a presidente, anche qualora la Corte avesse ritenuta legittima la legge regionale; si profilava una spaccatura verticale nel centrosinistra tra De Luca e il Pd e il centrodestra unito avrebbe avuto chance concrete per vincere; e invece la Meloni si intestardisce, fa presentare dall’Avvocatura dello Stato il ricorso alla Corte Costituzionale e la spunta. Conclusione: il centrosinistra – ora si dice ‘campo largo’ – si aggrega e per il centrodestra le possibilità in Campania si riducono al lumicino.

Peraltro l’esito del giudizio della Corte, favorevole al Governo ricorrente, ha aperto anche una problematica spinosa in Veneto, dove Zaia non può ricandidarsi. Insomma, un autogoal.

Si aggiunga l’incapacità finora di indicare un candidato, a fronte di un campo largo che ha già scelto Roberto Fico, il quale sta girando per i territori della Campania e guadagnando un vantaggio non trascurabile sul ‘punto interrogativo’ che lo contrasterà.

Chiudiamola qui, l’impressione è che il centrodestra nazionale dia per incontendibile la Campania e si stia concentrando a definire prioritariamente le sue scelte in Veneto e in Lombardia. In Campania, forse, troveranno un nome ‘di servizio’, che non esponga un eventuale proprio leader alla sconfitta annunciata.

Il campo largo guidato da Fico è dunque in pole per prendere il timone di Palazzo Santa Lucia. La sintesi tra le sue diverse ‘sensibilità’ è stata trovata su un lodo che vede Fico candidato presidente unitario, Piero De Luca candidato unico alla segreteria regionale del Pd – quindi in pectore confermato deputato anche nella prossima legislatura – e, a garanzia della continuità programmatica, due assessorati ai deluchiani nella futura giunta regionale.

Trovare la quadra è stato senza dubbio complicato. Il M5S e De Luca da dieci anni se ne sono dette e se ne sono date di santa ragione, come spiegare agli elettori, soprattutto ai pentastellati, questo inatteso abbraccio? E nel Pd, la componente legata alla Schlein aveva condotto la campagna delle primarie che l’aveva portata al Nazareno all’insegna della promessa di un cambiamento radicale dei gruppi dirigenti, in particolare della Campania e di altri territori, a suo avviso egemonizzati da cacicchi. Poi, dal giorno dopo la sua nomina a segretario nazionale, si era impegnata a mantenere la promessa. Al punto che non pochi hanno sospettato che dietro il ricorso del Governo contro la legge regionale sul terzo mandato ci fosse anche la sua tacita compiacenza.

Né le issues pubbliche del Presidente della Regione, tanto beffarde quanto ingiuriose verso il gruppo dirigente nazionale del Pd, parevano volte a una ricucitura. Comprensibile perciò l’astio verso di lui di una parte rilevante del partito: possiamo mai riconoscere come ‘nostro’ candidato uno che ci insulta senza ritegno un giorno sì e l’altro pure? davvero abbiamo perso anche la nostra dignità? si dicevano. Era perciò prevedibile che si sarebbe determinata una fronda contro l’intesa Schlein-Conte-De Luca. Che c’è stata, ma è stata ben gestita sia dalla Schlein che da Conte. La politica è politica, i sentimenti e i princìpi contano, ma più ancora contano i numeri. Se De Luca avesse messo su una coalizione civica regionale con un proprio candidato presidente – si faceva il nome della Fortini – il rischio di aprire le porte di Palazzo Santa Lucia al centrodestra sarebbe stato molto alto.

Pur se non mancheranno frizioni, anche stridenti, durante la campagna elettorale bisogna dare atto che quanti si sono prodigati per la composizione unitaria del campo largo in Campania hanno ben lavorato, con pazienza e intelligenza. Tuttavia i problemi non stanno tutti alle spalle. De Luca con le sue due liste – se saranno due – difenderà con le unghie e con i denti il lavoro da lui svolto in Regione e si opporrà con tutta l’energia di cui è capace a scivolature movimentiste. L’inceneritore di Acerra, per cominciare, sta bene dove sta; di reddito di cittadinanza regionale neanche a parlarne; dal governo della sanità regionale lui non uscirà fuori; la coalizione con le forze centriste disponibili a convergere nel ‘campo largo’ è un valore irrinunciabile. Per parte sua Fico dichiara che ‘per ora’ – sottolineo: ‘per ora’, ha detto così – l’inceneritore sta bene dove sta; apre al reddito di cittadinanza regionale; pensa a un suo delegato di fiducia sulla sanità; e, news dell’ultima ora, si dice indisponibile ad un’alleanza con Mastella. Sta anche rispolverando alcuni toni antipolitici della prima ora dei grillini. Non vuole indagati nelle sue liste, che è quasi come dire che non vuole politici. L’apertura di un’indagine giudiziaria sul proprio operato, magari a seguito di denunce presentate da avversari, fa parte dei rischi professionali di chi fa politica. Una cosa è essere stati destinatari di avvisi di garanzia, altra essere stati condannati con sentenza passata in giudicato. Attento Fico, a parte la campagna elettorale, se non starai a scaldare la poltrona e a limitarti a tagliare nastri, prima o poi un avviso arriverà anche a te.

Ci sarà ancora tanto lavoro da fare dunque nel campo largo per evitare che la campagna elettorale cada nell’esibizione di contraddizioni interne allo schieramento poco rassicuranti per gli elettori. E dovrà farsene carico prima di tutti Piero De Luca. È candidato unico alla segreteria regionale del Pd, dunque il suo ruolo non è in discussione. Checché ne pensino gli antideluchiani, molti dei quali nostalgici del Pci, che denunciano come per lo meno irrituale la convocazione di un congresso regionale – ma quando ci sarà? prima o dopo il voto? – senza un vero confronto con due o più candidati a rappresentare le diverse anime del partito. Dimenticano che proprio nel Pci non si era mai tenuto un congresso con più di un candidato segretario. L’ultimo fu Achille Occhetto.

Sorprendendo la gran parte degli iscritti aveva annunciato alla Bolognina che il partito avrebbe potuto cambiare nome. Poi aveva fatto capire che certamente avrebbe cambiato nome. Arrivò al Congresso di Rimini, come da prassi consolidata nel partito comunista, da candidato unico alla Segreteria Nazionale. Fu bocciato, perché non fu raggiunto il quorum dei voti validi. La fronda l’avevano organizzata i ‘napoletani’. Ne tenga conto Piero De Luca.

 

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