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Finalmente la scuola è finita. Tiriamo le somme

by Piera De Prosperis
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scuola finita

Finalmente la scuola è finita. Proviamo tutti un indicibile sollievo, sia chi ci ha lavorato direttamente sia chi di riflesso ha vissuto con i ragazzi e i loro prof questo drammatico momento. Proviamo allora a tirare le somme e a vedere se gli addendi che mettiamo in colonna ci danno un risultato negativo o positivo.

Gli elementi negativi sono sotto gli occhi di tutti. Innanzitutto, difficoltà di gestione della Dad per quegli alunni privi di mezzi che hanno preferito abbandonare il lavoro scolastico, diventato difficile e a volte impossibile senza il necessario supporto tecnologico. Sarà arduo recuperare la dispersione ma tanti presidi ci hanno dato l’esempio di come, addirittura con il porta a porta, sia possibile far rientrare gli alunni in classe. Certo la scuola in questo dovrà porsi un compito missionario, difficile ma in linea con quella che dovrebbe essere la mission della pubblica istruzione. Ancora: recuperare l’attenzione e la partecipazione di quegli alunni che spegnevano il video, fingendo difficoltà di connessione, o fingevano attenzione mentre magari giocavano con il cellulare. L’attenzione, lo sappiamo, ha tempi brevi di utilizzo. Quante volte anche noi a certe conferenze abbiamo faticato a tenere gli occhi aperti. E’ sempre stato il problema delle lezioni frontali. Ma nel passato pre-Covid, l’esperienza dei docenti e la partecipazione attiva del gruppo classe riuscivano a sopperire ai momenti in cui vedevi palpebre cadenti e narici dilatate nel sovrumano sforzo di nascondere lo sbadiglio incombente. Ancora: la mancanza di interazione non solo tra insegnanti e alunni ma proprio tra ragazzi, che è poi uno degli elementi fondanti della crescita umana e culturale. Il confronto, la riflessione, la battuta ironica o salace, tutto quello che ricordiamo dei nostri anni sui banchi e che è stato negato. Certo non per colpa degli adulti questa volta, il che agli occhi dei ragazzi è forse ancora peggio perché significa doversi confrontare, prima del tempo, con il destino, la fatalità, il futuro del mondo.

Ancora: accumularsi di lacune, di buchi enormi nella conoscenza dei contenuti. Spesso i docenti hanno pensato che assegnare quantità indiscriminate di file di materiali didattici caricati sulle piattaforme scolastiche fosse sufficiente per essere a posto con il proprio lavoro. Eppure, sappiamo che la didattica per competenze richiede altro o per meglio dire dispone in altro modo i contenuti. “Non significa abbandonare i contenuti, giacché essi rappresentano proprio il campo di esperienza in cui esercitare abilità e competenze. Essi, però, vanno accuratamente vagliati e selezionati, poiché non tutto è ugualmente rilevante e non tutto si può imparare; vanno proposti i contenuti irrinunciabili e fondamentali e la didattica deve fare il possibile perché essi si trasformino in conoscenze, ovvero in patrimonio permanente dell’allievo” (Didattica per competenze di Franca da Re). Ovviamente ci sono le dovute eccezioni. Docenti che hanno saputo costruire percorsi coinvolgenti, che hanno usato la Dad per seguire e correggere a distanza i compiti assegnati, che hanno saputo essere centrali anche sugli schermi.

Vogliamo nella nostra addizione aggiungere ora degli addendi positivi? La discussione che si è aperta sul ruolo della scuola nella società italiana rimette finalmente in campo l’importanza di essa. Non si era mai parlato tanto di scuola, formazione, istruzione come durante la pandemia. Il Ministro Bianchi ha firmato con i sindacati un Patto per l’istruzione e la formazione che mette la scuola al centro del Paese per farne il motore dello sviluppo e dell’eguaglianza sociale. Chiacchiere? Certo una percentuale di fumosità esiste, ma è vero ed indiscutibile che al Sud la scuola è ancora l’unico modo per sfuggire ad un destino di illegalità e che quindi senza la scuola un pezzo del Paese si perde del tutto. Altro elemento positivo è proprio la Dad. Già da tempo le potenzialità offerte dalla digitalizzazione avevano aperto nuovi orizzonti didattici. L’e-learning si basa proprio sulla convinzione che l’apprendimento online possa facilitare non solo il lavoro dei docenti, ma anche l’accesso a risorse e servizi per la didattica da parte degli studenti, soprattutto nell’ottica di una formazione continua e personalizzata. In questo senso, videoconferenze, chat di gruppo, utilizzo di piattaforme digitali per la trasmissione di materiale multimediale sono già da tempo parte integrante di un lavoro didattico moderno. Ora la pandemia lo ha reso indispensabile e se prima si cercava di farne a meno, oggi tutti hanno dovuto imparare e servirsi del pc.

Vi sembra poco? E’ un’accelerazione verso la modernità, se ovviamente in tutte le scuole e in tutte le famiglie ci saranno computer a disposizione dei ragazzi.

Il risultato ottenuto dalla somma svantaggi/vantaggi è certamente a favore della prima opzione, anche se con qualche spiraglio di ottimismo. Si stanno svolgendo gli scrutini, si avvicinano gli esami. Il ministro chiude l’anno con un tipico volemose bene. Nella sua circolare ai docenti circa gli scrutini, invita gli insegnanti non solo a valutare ‘l’attività effettivamente svolta’, ma anche a mettersi una mano sulla coscienza, tenendo conto della complessità del processo di apprendimento nel contesto Covid e delle difficoltà incontrate da alunni e studenti in relazione alle situazioni determinate dall’emergenza, nell’intero anno scolastico.

Tutti promossi e buone vacanze. Ne riparliamo il 1° settembre.