Foto by NVIDIA
Opposte previsioni dominano la scena della questione AI. Opposte diagnosi almeno a breve. Una, prevalente, sostiene che AI cancellerà tutti i lavori conosciuti fin qui. Una ricerca inglese pubblicata sul Guardian rivela che il 55% degli imprenditori pensa che i due quinti dei profili richiesti possono essere sostituiti subito. Mentre il 43% prima di assumere consulta AI. Un terremoto, perché tutti gli intervistati ritengono che il lavoro di una volta con cui crebbero non esisterà più, e c’è da crederci. Ci saranno drastici tagli. E allora il quadro sarà questo: da un lato imprenditori, tecnici, formatori, fornitori di servizi, scienziati. Dall’altro una massa di venditori, smanettatori, badanti, colf, fornitori di servizi domestici alle persone, camerieri, infermieri, giardinieri, manutentori, fittacamere, scaricatori, tutta gente precaria. La polarizzazione sarà: due terzi poveri e un terzo ricchissimo. L’opposto dei due terzi di Peter Glotz: due terzi benestanti e un terzo povero. Una vera e propria apocalisse del lavoro e della società nel suo insieme.
Ma c’è un secondo scenario. La bolla di mercato che esplode. Già oggi ve ne sono segnali. Le imprese tecnologiche hanno utenti di AI per 500 milioni – non paganti – e sono per oggi in perdita. Svetta solo Nvidia – 453 miliardi di ricavi – che produce GPU. I processori grafici che assemblano, visualizzano e formano i sistemi di AI. Nvidia inoltre installa giganteschi server, collegati a Chatbox, sorta di centrale e di materia prima per le imprese. Nvidia infine anticipa a debito e presta denaro o investe nel prodotto finale. Ma la crisi di realizzo è in agguato. Se l’AI non trova utenti paganti tutto il mercato crolla e la bolla esplode.
Dunque siamo di fronte alla necessità del capitalismo informatico di imporre la sua legge, prima che tutto il sistema crolli. E dunque esso deve: colonizzare mercati, abbattere i costi dei chips e dei minerali critici. Al contempo riconvertire investitori e fruitori finali. Evitare la crisi del debito che nasce dalla forbice tra investimenti e utili finali. Evitare di dover salvare banche, imprese, risparmiatori e pensionati dal collasso. Evitare le rivolte interne che ne derivano. Schivare un nuovo 1929 mondiale.
I due scenari non sono incompatibili. Il capitalismo informatico che associa a sé rendita dei piccoli investitori e profitto in larga scala deve riconvertire il mercato globale. Dall’altro può incepparsi perché non è guidato dallo Stato ma solo da se stesso e assecondato dallo Stato. Piccolo particolare. Stiamo parlando di Capitalismo USA perché lì si concentrano le imprese multinazionali di cui sopra. E gli USA sono il paese più indebitato del mondo che ha deciso di ridurre il debito scaricandone sul resto del mondo i costi. Con dazi, export, sanzioni. La locomotiva di tutto restano gli USA. Può esplodere se esce dai binari e la bolla tecnologica esplode prima che la tecnologia remuneri il capitale. Ecco perché Trump vuol negoziare, spegnere il fuoco in Medio Oriente, comprimere l’Europa, trattare con Russia e accedere alle sue terre rare bloccandone l’accesso alla UE come sul gas. Per poi aprire il dossier Cina. Con i suoi immensi mercati, più immensi ancora di quelli russi.
Imperialismo fase suprema del capitalismo vale ancora. Oggi però l’Europa è fuori gioco e i capitalismi sono tre. Uno classico liberale e due statalisti pubblici-privati. Il resto del mondo si allinea o subisce. Oppure si schiera con Cina e Russia la cui alleanza oggi è “scolpita nella pietra”.