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Il boom dell’aeroporto di Capodichino e il sistema regionale. Parla l’A.D. Brunini

by Flavio Cioffi
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L’aeroporto di Capodichino è ormai da anni un’eccellenza assoluta e, dopo un brillante 2017, si prepara la nascita della rete aeroportuale regionale. Ne abbiamo parlato con Armando Brunini, amministratore delegato di GESAC, la società di gestione dell’aeroporto.

Capodichino è stato il primo aeroporto italiano ad essere privatizzato, negli anni ’90.

Si trattò di una grande intuizione, per come ho potuto ricostruire una vicenda alla quale non partecipai. All’epoca non offriva buone prestazioni né in termini di servizi, sembrava un terminal per bus di provincia, né di risultati economici e quindi Bassolino e l’assessore Barbieri optarono per la vendita ai privati. Il seme dell’attuale successo è stato proprio quella privatizzazione.

 

Fu l’inglese BAA l’acquirente originario, oggi il socio di controllo di GESAC è un Fondo di investimenti. Un intervento non tecnico.

Si non tecnico, però BAA aveva fatto già il suo lavoro, dando un’impronta manageriale di notevole profilo. Il know how era stato trasferito. Inoltre, il Fondo è dedicato alle infrastrutture e quindi aggiunge alla competenza finanziaria la capacità di capire come funzionano operativamente le cose. Il che significa scegliere bene le aziende su cui investire, comprarle al prezzo giusto, impostare una governance attenta e individuare i manager adatti.

 

Quali sono stati i numeri del 2017?

Nel 2017 abbiamo ottenuto un risultato in termini di sviluppo fuori dal comune, perché siamo cresciuti di oltre il 26%. Un numero inimmaginabile che tra l’altro arriva dopo quattro anni di continua crescita. Negli ultimi 5 anni, tranne uno di crescita normale, siamo sempre andati oltre la media. Certo il mercato va bene, è un buon momento e vanno bene quasi tutti. Non così però.

 

Si tratta di uno sviluppo solo turistico?

Molto turistico, ma c’è più esigenza di mobilità in genere. Poi le low cost hanno abbassato il costo unitario dei viaggi rendendoli più accessibili e stimolando la domanda. Ripeto: si tratta di una fase fortunata e non tutte le fasi sono così, però noi siamo andati nettamente meglio della media. Nel 2017 abbiamo superato di quattro volte quella italiana. Siamo stati il secondo aeroporto nella nostra categoria dimensionale, 5/10 milioni di passeggeri, per crescita in tutta Europa e siamo stati classificati come uno dei 20 aeroporti cosiddetti fast and furious. Ovvero tra i primi 20 in Europa per crescita negli ultimi 5 anni, indipendentemente dalla dimensione, quindi trasversalmente a tutti gli aeroporti europei che sono 4/500, e siamo l’unico aeroporto italiano in questa classifica.

 

Questo sviluppo dipende da quello dell’economia campana?

Direi piuttosto che il potenziale c’era ma non si era espresso. Noi abbiamo lavorato sulla connettività, abbiamo investito e fatto azione di marketing per creare più collegamenti in modo da stimolare la domanda e intercettarla. La domanda potenziale inespressa ci era molto chiara già dal primo piano strategico di 5 anni fa, soprattutto in termini di turismo incoming.

Il turista va dove è facile andare. Se può volare diretto vola diretto, se non c’è il volo diretto ci pensa due volte. Noi abbiamo raddoppiato il numero di rotte e questo chiaramente ci ha messo nel radar del turismo. Il secondo segmento è quello della domanda interna. Siamo tra le regioni più densamente popolate e con un PIL basso, quindi molto sensibile al prezzo. Se riesci a offrire più rotte a prezzi convenienti stimoli anche la domanda del bacino d’utenza interno.

 

Quali sono le previsioni per il 2018?

Continueremo a crescere, ovviamente non a questi ritmi. Abbiamo puntato soprattutto sull’obiettivo della destagionalizzazione. Per le caratteristiche della nostra area abbiamo un’elevata stagionalità e non è ottimale, per cui stiamo lavorando da anni per ridurla, eliminarla è impossibile, e quest’anno ci stiamo riuscendo. Nei mesi invernali la crescita non è mai stata inferiore al 40% con punte del 50%.

 

E’ imminente l’acquisizione da parte di GESAC dell’aeroporto di Salerno. Come nasce questa operazione?

Esiste un piano nazionale degli aeroporti che, per bacini omogenei di traffico, identifica uno scalo strategico ed uno, massimo due, di rilevanza nazionale per evitare la frammentazione e favorire le aggregazioni. Perché questo accada deve esserci un mercato che lo giustifichi e fino a qualche anno fa in Campania non c’era. Oggi che siamo passati da 5,5 milioni di passeggeri a 8,5 e continuiamo a crescere è nata l’esigenza di dotarsi di altra capacità infrastrutturale. Anche la Regione, proprietaria dell’aeroporto di Salerno, è consapevole che, isolato, è una realtà fragile. Quindi riteniamo che i fattori che favoriscono la creazione di un unico sistema regionale ci siano tutti. Attendiamo solo che si verifichino alcune condizioni.

 

Quando parla di condizioni si riferisce a finanziamenti pubblici?

Anche. Noi chiediamo finanziamenti, che non competono a noi, su tutto quello che è l’accessibilità agli aeroporti. Quindi metropolitana e interventi sulla mobilità esterna. Su Napoli parliamo di meno di 15 milioni. All’interno noi continuiamo ad investire, solo quest’anno 20 milioni di euro.

 

Qual è il piano di sviluppo?

Nel breve periodo, per dare l’abbrivio a Salerno, potrà essere utile spostare un po’ di traffico e probabilmente ci sarà bisogno di un intervento, come a suo tempo per Malpensa, da parte dell’ENAC o del Ministero. In ogni caso, Salerno è ben posizionato sia per servire meglio la costiera amalfitana che per allargare il bacino d’utenza verso sud, basso Cilento e Basilicata. Nel medio lungo termine, poi, Napoli da solo non ce la può fare, può ancora crescere per un po’ di anni, ma ha bisogno di un supporto a integrazione, ma con un suo sviluppo autonomo.

 

Con quali ricadute occupazionali?

Certamente positive per l’indotto. Nell’aeroporto lavorano circa 3.000 persone, delle quali meno di 400 sono dipendenti GESAC, e ogni milione di passeggeri in più comporta circa 500 nuovi occupati.

 

Da circa un anno è nata l’Autorità portuale regionale, quale può essere la sinergia tra la rete portuale e quella aeroportuale?

Sia io che il presidente Spirito abbiamo ben chiari gli obiettivi e le priorità, che spesso sono comuni e sui quali ci confrontiamo costantemente. Bisogna provare ad offrire uno standard di servizio simile, confrontandoci appunto e integrando le informazioni.

 

Se dovesse chiedere qualcosa a qualcuno?

Fateci lavorare. Il nostro settore è sempre più pervaso da regole, regolamenti, obblighi, procedure, vincoli che rischiano di rallentarci. Vogliamo essere controllati, ma se si continuano ad aggiungere strati di formalità e di passaggi burocratici c’è il rischio che si rallenti il processo degli investimenti e non lo vorremmo mai.

di Flavio Cioffi