Il Coordinamento di ateneo Unisa aderisce allo sciopero del 12 dicembre 2025.
Il Coordinamento è composto da diverse componenti: docenti, ricercatori e ricercatrici stabili e precarie, dottorandi, studentesse e studenti.
L’adesione è motivata dalla necessità di difendere la libertà e la dignità dell’università. Questo è stato ribadito nelle assemblee organizzate negli ultimi mesi in ateneo: assemblee fortemente partecipare a sostegno della Palestina e della sua popolazione, che si sono poi confrontate con i molteplici processi di contro riforma che stanno interessando l’università italiana. Questi processi investono le modalità concorsuali di accesso alla docenza, le forme di governo delle università, ma anche la libertà di insegnamento e ricerca con i disegni di legge impegnati a equiparare l’antisemitismo all’antisionismo
e alle critiche allo stato di Israele.
Questo insieme di riforme non mette in discussione né il definanziamento strutturale dell’università né la mancata disposizione di un piano tanto straordinario quanto ordinario di reclutamento del personale docente e di ricerca. Il piano straordinario è necessario per dare risposte alle oltre 15 mila persone precarie assunte nel ruolo di ricercatore. Il piano ordinario è fondamentale per avere percorsi chiari e prevedibili di ingresso in ruolo. L’assenza dei piani di reclutamento significa precarietà a oltranza del lavoro di ricerca nelle università. Significa assenza assoluta di certezze per le persone
che intraprendono questo tipo di lavoro.
Se la precarietà diventa la norma allora la ricerca e, con essa, la docenza, diventano impossibili. E l’università si svuota, con un danno tanto a chi lavora al suo interno quanto alle persone che credono in essa, studentesse e studenti compresi.
Il definanziamento dell’università significa anche riduzione del diritto allo studio, così come vuol dire peggiori condizioni lavorative per il personale tecnico-amministrativo così come – e ancora di più – per la manodopera dei servizi esternalizzati (ristorazione e pulizie in primis).
Lo sciopero del 12 dicembre serve a evidenziare la necessità di una radicale inversione di tendenza. Le principali azioni da intraprendere, a cui anche l’Università di Salerno può concorrere, riguardano i seguenti elementi:
1) Invertire la tendenza all’indebolimento finanziario dell’università. In altre parole, bisogna investire in formazione e ricerca
2) Definire un meccanismo stabile di reclutamento – finanziato in modo specifico, stabile, duraturo e prevedibile – per affrontare, prioritariamente, il precariato strutturale dell’università e, in prospettiva, definire percorsi ordinari di ingresso in ruolo.
3) Fermare la tendenza in corso, accelerata dalle proposte di riforma, ai processi di verticalizzazione delle modalità di governo degli atenei, prevedendo un bilanciamento dei poteri dei rettori con organismi partecipativi con reali poteri. Questa necessità è, evidentemente, incompatibile con qualunque presenza a nomina governativa nei consigli di amministrazione di ateneo.
4) Semplificare il sistema della valutazione, orientandolo verso una funzione di stimolo alla riflessività sulle attività accademiche (di didattica, ricerca e terza missione), in modo da non essere più funzionale alla competizione al ribasso (e su risorse sempre più scarse) tra atenei e all’interno dei singoli atenei.
5) Restituire centralità al ruolo dell’università pubblica. È necessario riconoscere che solo attraverso la libertà della ricerca si possono perseguire linee di indagine in modo aperto e critico. Questa necessità richiede di superare il clima creato dai disegni di legge che mirano a equiparare antisionismo a antisemitismo.
6) Difendere il diritto allo studio e le condizioni di lavoro dell’intero comparto universitario e della ricerca.
Coordinamento di ateneo Unisa
