Fig.1. Il modello MIT del Crack Analogue (CA). I corpi a contatto sono semplificati come geometria, e gli scorrimenti sono assunti nulli, per via di attrito elevatissimo. Tuttavia, resta la singolarità tensionale che è la stessa di quella di una cricca di pari dimensioni. Questo permette di applicare la meccanica della frattura.
L’Autore è Professore Ordinario di Progettazione Meccanica e Costruzione di Macchine presso il Politecnico di Bari; PhD in Ingegneria dei Sistemi avanzati di produzione (PoliBari-University of Oxford); Senior Research presso il CNR; Post-doc with Prof. D.A. Hills by University of Oxford; Senior Research Fellow by University of Southampton.
Che cos’è la fatica da fretting
Il fretting nasce quando due superfici metalliche, fortemente premute, subiscono micro-scorrimenti ciclici (pochi micron) sotto l’effetto di carichi variabili come vento, traffico o vibrazioni. Questi movimenti invisibili a occhio nudo concentrano le tensioni al bordo del contatto, generano polveri ossidate e innescano cricche precoci.
La combinazione con la fatica porta a una drastica riduzione della resistenza del materiale: la fatica da fretting. Nei cavi che scorrono sulle selle delle torri, dove le pressioni di contatto sono altissime, il fenomeno è inevitabile ed è oggi uno dei nodi più critici nei ponti sospesi e strallati.
Una disciplina specialistica ma decisiva
La fatica da fretting è una materia interdisciplinare che combina meccanica del contatto, frattura e scienza dei materiali. La ricerca di riferimento nasce a Oxford (Hills&Nowell, 1994), che ha descritto le concentrazioni di sforzo ai bordi del contatto. Parallelamente al MIT (Suresh et alii, 1998 e 2000) è nato l’approccio CA-Crack Analogue, che traduce il contatto in una cricca equivalente, rendendo la progettazione più gestibile. Successivamente sviluppato in Italia con il metodo CLNA-Crack Like Notch Analogue (Ciavarella, 2006) vede la doppia possibilità che il fretting sia equivalente a cricca o a intaglio.
Manuali applicativi come l’ESDU 90031 raccomandano di considerare riduzioni enormi delle tensioni cicliche sopportabili: fattore 4 a bassi scorrimenti, fino a 10 ad alti scorrimenti. Questo è di un ordine di grandezza superiore al classico coefficiente 1,35 attualmente usato per le verifiche statiche secondo stati limite negli Eurocodice, il che rende chiaro quanto il problema sia potenzialmente destabilizzante.
Infatti con questo tipo di approccio iper-conservativo, probabilmente il Ponte non si può costruire!
Inoltre è necessario tenere conto di due ulteriori elementi:
- il Knock-down factor, ossia il coefficiente riduttivo che abbassa la resistenza a fatica nominale per tener conto del fretting.
- Gli effetti di scala per cui i provini piccoli mostrano resistenze superiori rispetto ai cavi reali. Nei grandi fasci di fili, il volume sollecitato e la complessità delle interfacce non scalano linearmente. Con il fretting, la curvatura e i micro-scorrimenti peggiorano ulteriormente il quadro, quindi serve testare sistemi vicini alla scala reale.
Il Ponte di Messina è un caso unico
Il ponte sospeso previsto stabilirebbe record mondiali: campata di 3.300 m, torri da 400 m, quattro cavi principali PPWS. Questi passeranno sopra selle in sommità alle torri: un dettaglio noto ma che, con dimensioni mai raggiunte prima, diventa particolarmente delicato e determina criticità non eludibili:
- Scala estrema: pressioni e aree di contatto inedite riducono il limite di fatica previsto dai modelli CLNA.
- Ambiente severo: vento, traffico, sismicità e salsedine amplificano il rischio di micro-sollecitazioni ripetute.
- Dettagli costruttivi: geometria della gola, rivestimenti, lubrificazioni e trattamenti superficiali influenzano in modo sproporzionato la vita a fatica.
Fig.2. Il diagramma del modello CLNA di Ciavarella. In ordinata abbiamo l’inverso del fattore di riduzione della tensione a fretting fatica, e in ascissa la dimensione dell’area di contatto e un fattore geometrico – di carico Y (vedasi articoli sul CLNA per dettagli). Le zone del diagramma sono divise in zone a vita infinita e zone a vita finita, ma per dimensioni grandi dell’area di contatto il modello CLNA diventa un “notch analogue” e conta la forma delle superfici e la concentrazione finita di tensioni. In ogni caso il modello prevede correttamente i dati di Szolwinski et al 1998.
Norme e linee guida
- Eurocodici:
- EN 1993-1-11 (cavi e tiranti): richiama la verifica a fatica in corrispondenza di ancoraggi e selle.
- EN 1993-1-9 (fatica) + EN 1993-2 (ponti in acciaio): forniscono curve S–N e categorie di dettaglio — ma non includono ovviamente le curve SN per i cavi del ponte!
- Linee guida internazionali:
- PTI Recommendations e fib Bulletin 30: prescrivono prove di qualificazione in grandezza reale su cavo + sella/ancoraggio, con milioni di cicli e prova statica finale.
- EAD/ETAG: fissano prove per sistemi di post-tensione, ma non coprono i cavi principali di ponti sospesi.
Servono prove in scala reale?
- Eurocodici: non impongono prove 1:1 sul cavo principale, ma richiedono che i dettagli critici siano verificati a fatica. La via prudente è testare sottosistemi rappresentativi.
- PTI/fib: sì, richiedono prove a scala reale del sistema cavo + ancoraggio/sella, tipicamente con 2 milioni di cicli e criteri severi di accettazione. Da preferire a Eurocodice, ma di quasi impossibile realizzazione sul Ponte, a meno di considerare il Ponte una prova a fatica prototipale, con i viaggiatori che sono per anni viaggiatori su un prototipo!
Nel caso del Ponte di Messina, una prova 1:1 del cavo principale (diametro >1,2 m, carichi immensi) è logisticamente impossibile. È invece realistica e forse ragionevole la strategia di testare segmenti di cavo e selle in laboratori specializzati (Politecnico di Milano, EMPA, Université Gustave Eiffel, CTLGroup).
Buone pratiche per il progetto
- Prove multi-scala: da campioni elementari a sottosistemi in grandezza reale.
- Margini conservativi: assumere knock-down factors fino a quando le prove non mostrano dati più favorevoli.
- Progettazione del contatto: geometria, materiali, rivestimenti e lubrificazioni sono determinanti.
- Monitoraggio in esercizio: sensori di carico, vibrazioni, emissioni acustiche e sistemi di allarme precoce.
- Ridondanza: prevedere parti sostituibili (liner, rivestimenti).
- Revisione indipendente: data l’unicità del progetto, servono verifiche da parte di esperti internazionali di fretting e fatica.
Fig.3. Il modello CLNA applicato a dati di D. Nowell (tesi di dottorato di M.Ciavarella a Oxford supervisionata da D. Hills) in cui il diagramma divide quasi perfettamente i casi a vita finita con quelli a vita infinita degli esperimenti. Si noti che l’aumento delle dimensioni di contatto abbassa il limite di fatica.
Conclusioni
La fatica da fretting è un fenomeno reale e potenzialmente devastante ai passaggi cavo–sella. Per il Ponte di Messina il problema è amplificato da scala e ambiente, e richiede approcci conservativi, anche se non iper-conservativi. In pratica, dobbiamo necessariamente andare fuori dalle normative, ma senza per questo rendere i passeggeri del ponte delle cavie!
Non tutto questo risulta essere stato fatto per il Ponte e staremo a vedere il progresso nei prossimi due anni fino al progetto esecutivo.
Le prove in grandezza reale sono la via maestra secondo PTI e fib, e restano fondamentali anche qui. Tuttavia, un test integrale dei cavi principali è di fatto impraticabile, sia per dimensioni che per durata delle prove a fatica.
La soluzione realistica è combinare:
- prove su sottosistemi rappresentativi,
- margini di progetto molto prudenti,
- dettagli costruttivi ottimizzati,
- monitoraggio continuo in esercizio.
Solo così un fenomeno micrometrico come il fretting può essere mantenuto sotto controllo in un’opera di scala macroscopica come il Ponte sullo Stretto.
Non basta evocare il mito delle grandi opere del passato per legittimare una scelta. In passato grandi opere (il Pantheon, la Cupola Brunelleschi, la Torre Eiffel) furono costruite e il tempo ha dato ragione ai costruttori e progettisti quasi per caso, quasi per miracolo.
Oggi invece non possiamo più rifugiarci nella retorica del coraggio visionario: abbiamo il dovere di sapere, di calcolare, di verificare.
Metodo scientifico, prove, trasparenza nei costi e valutazione di benefici concreti. Allargando la prospettiva oltre il fretting, per capire se il Ponte vuole essere un monumento alla fretta di costruire o una grande opera destinata a restare nei volumi di Storia.
In sostanza occorre riflettere ancora e dubito che questo potrà essere fatto nei due anni che sono a disposizione fino all’approvazione del progetto esecutivo.
Nota a margine
Non mancherà chi dirà (magari colleghi di scienza delle costruzioni o di tecnica delle costruzioni) che solo loro sono competenti su costruzione di ponti, e che chi ha competenza solo su altri settori è incompetente sui ponti.
Grave errore del passato! Il commento può essere capovolto: sono i colleghi competenti di ponti incompetenti in fatica e fretting?
Un ponte ad una campata così lunga e nelle condizioni meteorologiche e orografiche in cui si trova è un sistema in cui necessitano competenze ingegneristiche a largo raggio (civili, meccaniche, aeronautiche, materialiste, elettroniche).
Nel CTS attuale c’è uno sbilanciamento verso le sole competenze di ingegneria, che non toccano nemmeno di striscio il problema enorme della fatica e del fretting fatica.
Precedenti: https://www.genteeterritorio.it/la-farsa-del-ponte-sullo-stretto-la-serie-de-la-fenice-urbana/ – https://www.genteeterritorio.it/la-farsa-del-ponte-sullo-stretto-2-sicurezza-e-trasparenza/ – https://www.genteeterritorio.it/la-farsa-del-ponte-sullo-stretto-3-i-cavi-non-tengono/