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La filiera dei rifiuti spiegata da Alberto Grosso

by Flavio Cioffi
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Alberto Grosso lavora in Arpac dal 2001, proveniente dall’Amministrazione provinciale di Lucca dove si occupava dell’approvazione dei progetti di impianti di gestione rifiuti. Un tecnico che vanta una importante esperienza in materia, tanto da essere oggi il Responsabile della gestione regionale del catasto rifiuti in Campania. Ci siamo rivolti a lui per capire qualcosa di più su una questione così sensibile per il nostro territorio.

Cominciamo dal servizio del catasto rifiuti. Cos’è?

Si tratta di un ufficio che fornisce un quadro completo sulla produzione e gestione di tutti i rifiuti, sia urbani che speciali, in Campania. Un supporto molto importante per la Regione.

E se dico ORSO?

ORSO è una piattaforma web service nata nel 2000 da un’idea di Arpa Lombardia, poi sviluppata in sinergia tra Arpa Lombardia e Arpa Veneto, che oggi viene utilizzata in ben 16 regioni. Su questa piattaforma vengono raccolti in tempo reale i dati relativi alla filiera dei rifiuti. I Comuni vi inseriscono quelli relativi alla produzione di rifiuti urbani, alle infrastrutture esistenti, ai costi, alle tariffe e via dicendo. I gestori degli impianti di trattamento caricano i dati sulle tipologie e le quantità dei rifiuti ingresso e in uscita, ed altre informazioni.

Tutto questo però presuppone che gli impianti esistano.

Gli impianti in Campania ci sono per alcune filiere e sono carenti per altre. Per esempio, sulla carta e cartone la filiera è di assoluta eccellenza. Ed è anche una filiera corta, che riesce cioè ad applicare il principio dell’economia circolare in ambito regionale. Progetto 100% Campania. La dimostrazione pratica che fare la raccolta differenziata e avere gli impianti in regione per gestirla, non solo fa bene all’ambiente, ma anche all’economia perché crea un circuito virtuoso che genera fatturato e lavoro. Detta la nota positiva, la nota negativa nota a tutti è che sulla frazione organica ci sono storiche carenze infrastrutturali. In Campania, pur avendo un ottimo livello di raccolta differenziata da frazione organica, tranne alcune carenze in provincia di Napoli e di Caserta, paradossalmente abbiamo pochi impianti e la gran parte dei rifiuti raccolti viene trasferita fuori regione.

Eppure, Napoli è ancora al 45% di differenziata. L’obiettivo regionale del 67% di questo passo sarà difficile da raggiungere.

Assolutamente, si. Tra l’altro il 45% magari, non ci siamo al 45% che io sappia, siamo ben al di sotto. Ma questo non vuol dire che non sia possibile migliorare. E’ una questione di volontà. Non è assolutamente semplice, richiede copertura finanziaria, programmazione di dettaglio e una forte campagna di sensibilizzazione che da tanto tempo non si fa più, ma è certamente possibile come ci dimostra l’esperienza di altre grandi città.

Voi mi sensibilizzate, io differenzio. Ma se non ci sono gli impianti di trattamento e con le mie tasse i rifiuti vanno all’estero, allora forse il vero problema non sono io cittadino.

In parte ha ragione. Nel senso che alcune filiere, come carta e plastica, funzionano bene ma esistono evidenti carenze sulla frazione organica. Però la Regione ha realizzato importanti investimenti grazie ai quali sono stati programmati, e sono in avanzata fase di progettazione, una serie di impianti pubblici che dovrebbero riuscire a coprire il fabbisogno, se tutto va liscio, entro il 2023.

Siamo a metà 2021. Fra gare e lavori come sarà possibile avere gli impianti funzionanti nel 2023?

Questo dicono i cronoprogrammi ufficiali. Vedremo se subiranno ritardi. Va aggiunto però che, a fianco dell’iniziativa pubblica, sono in corso di valutazione di impatto ambientale anche numerosi impianti di iniziativa privata. Per cui c’è da essere ottimisti. Anche perché siamo in una fase in cui produrre, soprattutto biometano, da rifiuti organici è conveniente grazie agli importanti incentivi statali in essere. Investire in questo settore per un privato è decisamente conveniente, perché l’investimento rientra in pochissimi anni.

Quale ruolo può avere la termovalorizzazione?

Il termovalorizzatore non è assolutamente antagonista del recupero. Anzi, anche guardando alle statistiche internazionali, l’incenerimento va a braccetto con il recupero. Servono entrambi, ovviamente in un giusto equilibrio.

Sensibilizzazione e formazione rientrano nei compiti istituzionali dell’Arpac. Lei è particolarmente attivo su questi temi.

Da alcuni anni curo dei workshop nell’ambito del corso rifiuti della Facoltà di Scienze Ambientali all’Università di Salerno e da un paio di anni seguo un progetto PON al liceo Pansini di Napoli. Poi vengo invitato da istituti scolastici di qualsiasi tipo per parlare di “rifiuti” e ho quindi la fortuna di incontrare spesso i ragazzi. La strategia comunicativa che funziona meglio, quella che davvero riesce a mostrare i benefici che provengono dalla raccolta differenziata e la stretta correlazione che esiste tra il rifiuto e la ricchezza del territorio, è portare i giovani sugli impianti e fargli vedere come funziona concretamente la filiera. In questo periodo di Covid è stato difficile, ma visitare gli impianti dove il rifiuto viene trasformato in materia prima fa giustizia di ogni pregiudizio. Fa capire davvero che non differenziare rappresenta un’occasione perduta.