Ieri la ministra per le pari opportunità e la famiglia, Eugenia Roccella, è stata contestata al Salone del libro di Torino. Vi era andata a presentare un suo volume e il pubblico presente glielo ha impedito. Sapete come funziona, no? Si grida, si rumoreggia, ci si accalca. Magari se sei antiabortista le femministe ti cantano vecchi slogan. Pare che la Roccella non abbia gradito, e ci sta, lamentando una vera e propria sopraffazione. La stampa riporta questa sua affermazione: “Come al solito chi pretende di darci lezioni di democrazia non ne conosce le regole basilari”. Ma non deve essere vero. Non può aver detto una sciocchezza del genere.
Le regole basilari della democrazia, infatti, garantiscono i diritti del popolo rispetto ai loro governanti. Proteggono proprio il diritto della gente a contestare. Diamo un’occhiata alla scena. Da un lato un gruppo di contestatori, dall’altro un cordone di polizia e una ministra. Da un lato gente che urla per farsi ascoltare, dall’altro una donna al potere invitata a parlare con tanto di microfono. Chi vi sembra essere più bisognoso di tutela? Se il potere impedisce alla gente di protestare compie un grave sopruso. Se i contestatori impediscono di fatto a un ministro di presentare un suo libro (marketing?) esercitano un loro diritto. Ma senza violare la legge, ovviamente. E questo aldilà del merito, ossia la questione dell’utero in affitto, che non è affatto scontata e richiede approfondimento e confronto dialettico.
Da una ministra non ci si aspetta che gridi alla democrazia violata se non è riuscita a parlare, perché suona tanto come una minaccia di repressione. Ci si aspetta invece che colga la necessità di ulteriore confronto, che cerchi di cogliere gli umori del Paese, che faccia sintesi. E poi che prenda le sue decisioni esponendosi magari alla contestazione e affrontando a tempo debito il giudizio degli elettori. Con serenità.