La storia dell’umanità è storia di civiltà che nascono e scompaiono. Cambiamenti climatici, epidemie, migrazioni di popoli, scoperte tecnologiche e geografiche, guerre sono tra le cause più comuni dei ‘cambiamenti d’epoca’. Oggi – lo ricordava spesso papa Bergoglio – siamo all’inizio di un cambiamento d’epoca, i cui connotati possono solo essere immaginati da futurologi e da scrittori di fantascienza, non dettagliati con certezza dagli analisti.
Sopravviverà la nostra civiltà euroccidentale al cambiamento d’epoca in corso? Ci sarà ancora posto per essa? Secondo Donald Trump no.
Venerdì scorso, illustrando la nuova “National Security Strategy – America First 2025”, il tycoon ha formulato severe critiche all’UE sulle politiche migratorie, per una sua presunta ‘censura della libertà di parola’ e anche per le sue ‘aspettative irrealistiche’ sulla guerra in Ucraina. Ha avvertito: ‘L’Europa rischia la reale prospettiva di cancellazione della sua civiltà’. Rischiamo dunque di diventare a breve oggetto di studio degli storici di un tempo che fu?
Potrebbe non avere torto a lungo termine Donald Trump. Ma, appunto, a lungo termine. Le civiltà non muoiono da un giorno all’altro, come si narra che fu della mitica Atlantide sommersa da uno tsunami. E una cosa è vincere o perdere una guerra, un’altra la scomparsa di una civiltà. Se il Presidente USA immagina un crollo dell’Europa e della sua civiltà nel giro di un paio di decenni si sbaglia di grosso. Le sue lunatiche giravolte, condite spesso e volentieri da sprezzo nei nostri confronti, stanno per ora avendo l’esito di rafforzare la coesione dei membri dell’UE e la loro determinazione a difendere l’Ucraina e la civiltà democratica. L’ultima parola della guerra russo-ucraina non è stata ancora scritta.
Se la popolazione ucraina è stremata dai quotidiani bombardamenti, sul fronte le sue linee difensive ancora reggono, sia pur in difficoltà, e soprattutto l’economia russa è sull’orlo di un tracollo.
Il terrore di Putin è che il suo coriaceo sistema di potere possa collassare, la storia del suo Paese è costellata di putsch di palazzo. D’altra parte Zelens’kyj sa che il fronte del Donbass può crollare e che può vedersi costretto a riconoscere il trasferimento alla Russia delle Oblast dell’Est da essa reclamate. Agli occhi del suo popolo sarebbe alto tradimento, con le conseguenze intuibili.
Così come Putin sa che, se fosse costretto a riconoscere la libertà e la sovranità dell’Ucraina, prenderebbero coraggio le spinte filo-europee presenti nella Georgia, Ossezia, Bielorussia e nella stessa Russia. Per parte sua l’UE sa che l’eventuale sconfitta dell’Ucraina convincerebbe tutti coloro che a Est guardano con favore all’Europa e aspirano alla democrazia che non ci sia da fidarsi dell’Occidente. Con il conseguente rinfocolamento del revanscismo filo russo nei Paesi Baltici, in quelli mitteleuropei e nei Balcani. Sarebbe la fine dell’UE.
Nessuno è nelle condizioni di sottoscrivere un compromesso oggi. I giochi sono ancora aperti.
C’è stato un tempo antico con connotazioni per molti aspetti analoghe ai giorni d’oggi.
La Grecia non era uno stato unitario, come non lo è l’UE oggi. Attica, Eubea, Beozia, Arcadia, Peloponneso etc. avevano ciascuna una propria organizzazione, proprie milizie e propri governi. In particolare Atene e le città ioniche fiorivano per lo splendore delle arti, della filosofia e della vita democratica. Ma ai confini orientali del mondo greco sorgeva il più vasto e potente impero del mondo allora conosciuto. E la Persia, così maestosa, si sentiva minacciata dalla civiltà delle piccole città ioniche, che attraevano sempre più le menti dei popoli dell’impero. I sovrani persiani decisero perciò di mettere fine a quell’affronto: una civiltà democratica, debole militarmente, che si offriva come un modello desiderabile ai propri sudditi.
Non c’era proporzione tra le forze in campo, l’armata persiana era imponente a fronte delle milizie achee e dei loro alleati. Peraltro le città greche litigavano spesso e volentieri tra loro. Più di una volta alcune di esse si erano rivolte al vicino imperatore per essere aiutate nelle beghe interne. E i Persiani si erano infiltrati in alcune città, compresa Atene, sostenendo politici locali loro fantocci. A Ciro il Grande l’impresa sembrò facile. E furono le guerre greco-persiane.
Le armate di Ciro il Grande, Cambise, Dario e Serse inizialmente distrussero Mileto, Eretria e altre città ioniche, ne rimossero i governanti per sostituirli con propri attaché, vi soppressero la libertà, praticarono la pulizia etnica, rapirono i bambini e li deportarono in Mesopotamia per affidarli a genitori tenuti ad inculcare loro i valori della teocrazia e a cancellarne dalle menti la memoria delle proprie origini.
Soggiogate le città ioniche, puntarono su Atene e Sparta, soprattutto sulla prima.
La sproporzione delle forze spaventosa. Eppure a Maratona e Salamina la democrazia fermò l’autocrazia. Sparta, Tebe e le altre polis si unirono ad Atene contro il comune nemico. Capirono che, dopo Atene, sarebbe toccata a loro. E la civiltà greca fu salva.
Solo per il momento però. La Lega delle città greche alla lunga non avrebbe potuto resistere allo strapotere dell’impero persiano. Avrebbe potuto contenerlo solo un altro impero. Filippo il Macedone conquistò la Grecia e diede un’organizzazione unitaria alla penisola e alle isole egee. Suo figlio Alessandro Magno riuscì finanche a ribaltare i rapporti di forza con la Persia, portandosi col suo esercito fino in India.
Emerse quindi Roma, anch’essa passando da un assetto democratico ad uno imperiale. L’impero romano conquistò la Grecia e tutto il mondo ellenistico, a sua volta dando così vita ad una nuova civiltà romano-ellenistica. Come avrebbero potuto le piccole e orgogliose città greche classiche resistere schiacciate tra i titani imperiali? Soccombettero, pur lasciando all’umanità il retaggio di una civiltà ineguagliata.
Ecco, alla lunga potrebbe avere ragione Trump, la nostra litigiosa e piccola Europa potrà finire stritolata tra America, Russia e Cina. Ma non è ancora il tempo della fine. L’Europa dei diritti, della democrazia, del welfare e della pace ha ancora tanto da dire e da fare. Va però difesa. Sì, difesa dal suo popolo e dai suoi governi. Anche letteralmente, con le armi se necessario.
