“Prima della crisi mondiale, l’Europa era in crisi. Non era riuscita a progredire nell’unificazione metanazionale né a integrare le nazioni liberate dell’impero sovietico. La crisi economica mondiale rischia non solo di aggravare la crisi dell’Europa, ma di disgregare l’Europa stessa”. Così introducevano nel 2013 Mauro Ceruti e Edgar Morin le loro riflessioni sullo stato e il futuro dell’Europa, richiamando Hölderlin: “Là dove cresce il pericolo, cresce anche ciò che salva”. Lo scritto dei due filosofi è ora riproposto dall’editore Raffaello Cortina con una nuova introduzione da cui è tratta la citazione: “Imperialismi minacciano l’Europa dall’esterno. Demagogismi illiberali, xenofobismo e fanatismi nazionalisti la minacciano dall’interno, con concreti rischi di disgregazione e di decivilizzazione”.
«La ‘barca’ europea si trova oggi a fluttuare in un mondo dove risorgono pulsioni autoritarie e imperiali, sia a Oriente sia a Occidente. Imperialismi complici o antagonisti minacciano l’Europa dall’esterno. Demagogismi illiberali, xenofobismo e fanatismi nazionalisti la minacciano dall’interno, con concreti rischi di disgregazione e di decivilizzazione… La nozione di Europa è una nozione storica. Certo, le frontiere marittime la delimitano a nord, a ovest e a sud, ma essa non ha alcuna frontiera continentale a est, dove la Russia è nello stesso tempo europea e asiatica. L’Europa è il promontorio occidentale del continente asiatico. E storicamente ha frontiere cangianti.
La nozione di Europa ha molteplici volti… Ha conosciuto varie metamorfosi, affrontando nei modi più opposti la sua tensione costitutiva, quella fra identità e diversità, fra unità e molteplicità. L’Europa non ha unità se non attraverso la sua molteplicità. (…) La sua cultura fonda l’universalismo dei diritti umani, che comporta il riconoscimento della piena umanità a ogni persona, quali che siano la sua origine o il suo sesso. E tuttavia l’imperialismo coloniale, la tratta degli schiavi, il disprezzo razziale, il campo di concentramento sono nati in Europa e sono stati praticati dall’Europa. Ci sono, nello stesso tempo, un umanesimo europeo e una barbarie europea, e l’umanesimo ha potuto anche essere utilizzato per occultare la barbarie.
(…) L’Europa è una costruzione storica che ha un carattere paradossale: si manifesta non attraverso il progresso lineare di un’identità comune, ma attraverso il conflitto delle identità nazionali ed etniche (…). L’Europa non è costituita solo da un’estrema diversità. Essa è soprattutto il terreno di guerre permanenti fino al 1945 e anche oltre, dopo la costituzione dell’Unione Europea: guerre di Jugoslavia fra il 1991 e il 2001, del Kosovo fra il 1998 e il 1999, di Ucraina dopo l’invasione della Crimea nel 2014 fino all’offensiva del 2022 (…). Di fronte al pericolo di regressione, oggi si deve rammentare che uno dei meriti storici del progetto dell’Unione Europea è stato di voler superare le due malattie che avevano portato l’Europa a soccombere sotto le proprie macerie: la purificazione etnica e la sacralizzazione dei confini.
(…) Così, dopo la seconda guerra mondiale, nell’impotenza l’Europa ha scoperto la sua potenza, nel disarmo ha trovato la sua forza. Ma, altresì, le istituzioni europee sono diventate sempre più tecnocratiche, rette secondo calcoli astratti, e diventate sempre più sottomesse ai grandi poteri finanziari… L’unione politica si è trovata bloccata. Si è sviluppata sul piano economico, ma l’Unione è restata un nano politico. E oggi le cose peggiorano, paiono ridursi le ragioni della speranza europea. Il corso regressivo e pericoloso degli eventi, la crisi ecologica che si aggrava, la crisi pandemica, poi la guerra d’Ucraina subito mondializzata in guerra economica, la tragedia che travolge la striscia di Gaza con le sue conseguenze geopolitiche, le numerose guerre diffuse in tutto il mondo, la spregiudicata politica di Donald Trump, un’inedita e ostentata violazione dei diritti umani, il potente ruolo delle autocrazie: tutto ciò ha sconvolto le relazioni precarie fra superpotenze e fra potenze (…). La nostra Europa, per non perire, ha la necessità di compiere questa nuova metamorfosi riconoscendosi come comunità di destino. E sarà figlia dell’improbabile, o non sarà.»
Mauro Ceruti, Edgar Morin, La nostra Europa.