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LE CITAZIONI: Dick. Ubik, “Io sono vivo, voi siete morti”

Philip K. Dick

by Ernesto Scelza
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È il capitolo conclusivo di ‘Ubik’, un romanzo dello scrittore statunitense Philip K. Dick pubblicato nel 1969 e considerato un classico della letteratura postmoderna. “Esiste una vita oltre vita, uno spazio etereo in cui lo spirito dei defunti sopravvive alla morte in una dimensione sospesa tra il buio e la luce, tra il colore e la bruma. Conservati in criostasi all’interno di speciali strutture, i defunti possono comunicare con i loro cari, fornire conforto, dispensare consigli. Ed è per avere consiglio che Glen Runciter, a bordo della sua aviomobile, sbarca sul tetto del ‘Moratorium Diletti Fratelli’, la struttura svizzera dove la bellissima moglie Ella giace ormai da decenni in una bara trasparente”. Ma non solo la vita non finisce con la morte, anche il tempo può tornare indietro: “presto accade qualcosa di strano; gli oggetti regrediscono: i videotelefoni si trasformano in vecchi telefoni in bachelite, i moderni razzi diventano aerei a elica, le automobili tornano agli anni trenta. Tutto ritorna a un tempo precedente…”.

 

«Io sono Ubik. Prima che l’Universo fosse, io sono.

Ho creato i soli. Ho creato i mondi. Ho creato le forme di vita

e i luoghi dove abitano, spostandole e muovendole

come più mi aggrada. Vanno dove io dico, fanno come io dico.

Io sono il verbo e il mio nome non è mai pronunciato,

il nome che nessuno conosce.

Mi chiamano Ubik, ma non è il mio nome.

Io sono. Io sempre sarò.

 

Glen Runciter non riusciva a trovare il proprietario del moratorium.

“È sicura di non sapere dov’è?” chiese alla segretaria, la signorina Beason. “È essenziale che io parli di nuovo con Ella.”

“Gliela faccio portare fuori” disse la signorina Beason. “Può usare l’ufficio 4-B, signor Runciter. Sua moglie le sarà messa a disposizione a brevissimo. Lei intanto si accomodi.”

Trovato l’ufficio 4-B, Runciter cominciò a percorrerlo su e giù senza requie. Finalmente apparve un addetto del moratorium, trasportando il feretro di Ella su un carrello. “Mi scuso per l’attesa” disse, e subito cominciò a predisporre il meccanismo elettronico di comunicazione, canticchiando lieto.

Svolse il suo compito in quattro e quattr’otto. Controllò un’ultima volta il circuito, annuì soddisfatto e fece per lasciare l’ufficio.

“Questo è per lei” disse Runciter, e gli allungò diversi pezzi da cinquanta centesimi che aveva racimolato dalle varie tasche. “Apprezzo la rapidità con cui ha svolto il lavoro.”

“Grazie, signor Runciter” disse l’addetto. Diede un’occhiata alle monete e si accigliò. “Ma che tipo di soldi sono?” chiese.

Runciter guardò con più attenzione le monete. E subito capì cosa intendesse l’addetto. Chiaro che non erano come avrebbero dovuto essere. Di chi è questo profilo? si domandò. Chi è questo individuo su tutte e tre le monete? Non è affatto quello giusto. Eppure è un volto familiare. Io questo lo conosco.

E fu allora che riconobbe il profilo. Chissà cosa significa, si chiese. Mai visto niente di più strano. La maggior parte delle cose nella vita trova infine una spiegazione. Ma… Joe Chip (dipendente e amico di Glen Runciter, ndr) su una moneta da cinquanta centesimi?

Era il primo denaro Joe Chip che avesse mai visto.

Con un brivido, intuì che se si fosse frugato nelle tasche e nel portafoglio ne avrebbe trovato altro.

Questo era solo l’inizio.»

Philip K. Dick, Ubik.

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