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LE CITAZIONI: Entezar. Donne afghane che resistono

Zainab Entezar

by Ernesto Scelza
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“Fuorché il silenzio” è una raccolta di storie semplici e vere che aprono una finestra su vissuti che affermano i valori dell’esistenza pur nella tragedia afghana. “Le autrici di questa raccolta sono trentasei donne, attiviste per i diritti civili che, al ritorno dei talebani al governo dell’Afghanistan nell’agosto 2021, hanno intrapreso proteste e manifestazioni contro le leggi sempre più restrittive dei diritti delle donne imposte dal loro regime”. La regista e scrittrice Zainab Entezar ne ha raccolto le testimonianze e nei giorni scorsi ha presentato a Napoli e a Salerno il suo film-documentario “Fuorché il silenzio” nella rassegna del “Festival del cinema dei diritti umani”. L’intervista a Rokhshana Rizaei citata ha un titolo: “Non ci rispettano”. 

 

«Divenne famosa nell’arco di una notte, per il celebre gesto che compì mentre leggeva la dichiarazione finale dopo una marcia di protesta delle donne: un talebano le aveva puntato la canna del fucile per impedirle di leggere; lei l’aveva spinta indietro con la mano, e aveva continuato la lettura. In un momento del genere chi non avrebbe temuto che quel talebano umiliato aprisse il fuoco, lì su due piedi, facendole saltare le cervella davanti a decine di donne? Le donne che manifestano – non solo per come loro stesse si definiscono, ma a detta di tutti – sono donne in rivolta, e sono state in grado di abbattere il prestigio dei talebani agli occhi del mondo. Mondo che li considerava i vincitori della ventennale guerra che la NATO aveva loro dichiarato.

(Rokhshana Rizaei): “Essere rivoluzionari è una caratteristica eccezionale che non tutti possiedono, soprattutto coloro che cercano la sicurezza, come quelli che all’arrivo dei talebani si erano subito messi in riga: se erano uomini assumevano un aspetto da talebani, e se erano donne indossavano chador e burqa. Quelle proteste nascevano soltanto da donne rivoluzionarie, quelle che non temevano la superbia dei talebani e che resero vane le loro strategie, ovvero picchiare chi partecipava [alle marce] a tal punto da spaventare gli assenti e indurli a rinunciare. I talebani, che avevano iniziato a mas- sacrare la gente per instillare la paura nel cuore di tutti gli altri, vedevano i loro piani andare in fumo a causa delle donne che protestavano. Li facevano impazzire, soprattutto perché loro dalle donne non si aspettavano altro che obbedienza. E per far obbedire le donne avevano a disposizione non solo la tradizione, ma anche la religione.

Noi donne chiedevamo libertà e questo era una vera e propria eresia agli occhi dei talebani: per loro il fatto che le donne uscissero dalla segregazione domestica e lavorassero fuori allo stesso livello degli uomini era del tutto inaccettabile. Una donna rivoluzionaria non accettava di restare nascosta in casa e di dedicarsi solo alla procreazione e alla crescita dei figli. Chiedeva di condividere i lavori domestici con gli uomini. Una donna rivoluzionaria non si faceva più ingannare da un paradiso che era lì, sotto ai suoi piedi, o dal mettere al mondo figli come i talebani, orgoglio dell’umanità, e via dicendo. La donna rivoluzionaria considerava i talebani, e gli altri uomini e le donne che la pensavano come loro, una vergogna per l’umanità”.»

Zainab Entezar, Fuorché il silenzio.

 

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