Home CulturaLE CITAZIONI LE CITAZIONI: Erasmo da Rotterdam. Conviene nascere o folli o governanti

LE CITAZIONI: Erasmo da Rotterdam. Conviene nascere o folli o governanti

Adagi

by Ernesto Scelza
0 comments

L’adagio 201 di Erasmo da Rotterdam ha per titolo ‘Conviene nascere o re o matti’ (‘Aut regem aut fatuum nasci oportet’), che egli trovava all’inizio della divertente e cruda satira dell’Apocolocyntosis, (la ‘zucchificazione’ dell’imperatore Claudio, scritta da Seneca nel 54 e da poco riscoperta. “Invero, ragiona Erasmo, nell’antichità come anche dopo chi potrà attribuire senno ad Agamennone o ad Aiace, poi a Creso o Serse, a Nerone o a Caligola o Eliogabalo? E ancora oggidì non si vedono prìncipi, anche cristiani, unicamente vanitosi e oziosi, tutto fuorché filosofi, come richiedeva il divino Platone?”

 

«Anneo Seneca era uomo di intelletto piacevolissimo, riporta un adagio in quell’operetta di cui abbiamo appena detto (Apocolocyntosis 1,1): “Conviene nascere o re o sciocco”. Ma è meglio citarlo con le sue stesse parole: “Io”, dice, “so di essere divenuto libero da quando è morto l’uomo che aveva realizzato il proverbio ‘Conviene nascere o re o sciocco’”. E ancora nel medesimo libretto: “Ha ucciso in una sola casa Crasso il Grande, Scribonia, Bassionia, gli Assarii, benché nobili, Crasso, poi, tanto sciocco che avrebbe anche potuto esser re”. Di nuovo in un altro passo: “Ha interrotto la durata regale di una stupida vita”. Ora se davvero Esiodo ha scritto che non è certo cosa da nulla ciò che diviene celebre nella lingua popolare, forse non sarebbe fuori luogo indagare cosa abbia dato luogo a questo proverbio, che congiunge due concetti tanto dissimili, il re e lo sciocco, in modo che entrambi appaiano similissimi l’uno all’altro, tanto più che il merito peculiare dei re e il solo veramente regale è superare tutti gli altri per saggezza, lungimiranza, prudenza. Ne consegue dunque che i famosi re antichi erano notevolmente caratterizzati da stoltezza, come si può apprendere in parte dai racconti dei poeti e in parte dalle memorie degli storiografi. Giacché Omero ha imitato il suo Agamennone e i tragici Omero: lo ritraggono ambizioso piuttosto che assennato. Quale stoltezza più grande che comprare il titolo di comandante a prezzo del crudelissimo assassinio dell’unica figlia (Ifigenia, ndr)? Quale stupidaggine più grande che sguainare la spada per una fanciulla barbara in modo tanto infantile da sottrarre ad Achille la sua amante, non potendo conservare i propri amori, e questo certamente non senza una gravissima spaccatura dell’intero esercito (…). Inoltre, com’è poco saggio lo sdegno di Aiace! Com’è senile il deliro di Priamo mentre, abbracciando Elena, donnetta dal pudore prostituito, e chiamandola figlia, afferma di non essere pentito della guerra nella quale aveva ricevuto tante sconfitte, era stato privato di tanti figli, tante volte funestato dal lutto, perché Paride si impadronisse dell’amante! Perché farla lunga? Tutta l’Iliade, in tutta la sua lunghezza, non contiene nient’altro che, come ha elegantemente scritto Orazio, “un mare di re e popoli stolti” (epistole 1,2,8). Eppure anche l’Odissea ha i suoi proci e gli Alcinoi, grossolani e stupidi. Anzi, si ritrae persino Ercole forzuto e animoso, ma di intelletto ebete e grossolano. Già Esiodo, che alcuni vogliono più antico di Omero, chiama i re doróphagoi (mangiatori di doni) e népioi (sciocchi). Credo perché sia sapevano poco riguardo all’amministrazione dello stato sia aspiravano all’accumulo di ricchezza in tutti i modi leciti e illeciti piuttosto che agli interessi comuni del popolo. (…) O cosa si può immaginare di più stolto di Serse, quando inviava legati al monte Athos e lo cercava di intimorire con lettere molto offensive e minacciose, quando ordinava di infliggere un certo numero di frustate al mare Ellesponto? E non è stata minore la regale pazzia del famoso Alessandro il Grande, quando gioiva di essere salutato come il figlio di Giove, disconosciuto il padre, mentre faceva a gara col vino, mentre nei banchetti ostentava di essere adorato come un dio dagli adulatori, mentre si lamentava che questo mondo fosse stretto per le sue vittorie e, entrando nell’Oceano, cercava altri mondi da conquistare. Per non citare poi i Dionigi, Tolemei, Giulii, Neroni, Tiberii, Caligola, Eliogabali, Commodi, Domizii, uno dei quali ha rivendicato il nome di dio, essendo indegno della parola ‘uomo’, un altro si è consegnato per intero alla derisione degli adulatori, un altro per ambizione ha scosso rovinosamente il mondo intero con tumulti assolutamente folli. Ma giustamente sembrerei sciocco io, che comincio questo catalogo e cerco, come si dice, l’acqua nel mare.»

Erasmo da Rotterdam, Adagi (trad. Emanuele Lelli).

Leave a Comment