Il giurista Luigi Ferrajoli Non può esimersi dal trattare in un paragrafo dal titolo allarmante, “La guerra e l’incubo nucleare”, uno scenario internazionale che si va rapidamente deteriorando e che sempre più condiziona le stesse scelte interne dei singoli stati nazionali e degli organismi internazionali. Pure in un testo dello scorso anno che ha come finalità esplicita di combattere gli effetti della riduzione delle garanzie del corretto processo: un libro che ha come sottotitolo “Crisi e rifondazione del garantismo”, e che “ripropone il modello classico della giurisdizione penale come accertamento dei reati legalmente predisposti, su cui si fonda la sua legittimazione democratica”.
«La prima minaccia catastrofica che pesa sul futuro dell’umanità è la guerra e la sua possibile deflagrazione in un eccidio nucleare. L’aggressione criminale dell’Ucraina da parte della Russia sta provocando un carico enorme di sofferenze: più di mezzo milione di morti, la devastazione delle città e dell’intero territorio ucraino, milioni di sfollati e, inoltre, odi identitari tra i popoli e lacerazioni tra le diverse nazionalità che non sarà facile rimarginare. L’escalation del conflitto rischia inoltre di degenerare in una terza guerra mondiale, con l’uso di armi atomiche più volte minacciato dalla Russia. Non meno drammatico è il conflitto israelo-palestinese, originato dell’aggressione atroce e criminale di Hamas cui Israele ha risposto con i bombardamenti sulle popolazioni civili e con l’assedio disumano di Gaza e dei suoi milioni di abitanti innocenti.
L’aspetto più penoso del dibattito sulle due guerre è stato l’avallo da esso offerto alle risposte irrazionali date alle aggressioni che le hanno originate. All’attacco terroristico di Hamas, il governo israeliano ha risposto con i bombardamenti, con l’assedio di Gaza e con il massacro di decine di migliaia di palestinesi innocenti (…). Ne è seguita l’insolubilità del conflitto, la crescita degli odi, della volontà di distruzione e della disumanizzazione reciproca, che non potrà che portare ad altre tragedie in una spirale senza fine. Quanto alla guerra all’Ucraina, la tesi dominante è stata l’inesistenza di alternative all’invio di armi agli aggrediti. L’alternativa invece esiste, ed è esistita fin dall’inizio dell’aggressione. È prevista ed imposta dalla Carta dell’Onu, il cui art. 51, dopo aver stabilito che ogni “membro delle Nazioni Unite” ha “il diritto naturale di autotutela individuale o collettiva, nel caso abbia luogo un attacco armato”, aggiunge: “fintantoché il Consiglio di sicurezza non abbia preso le misure necessarie per mantenere la pace”. Una misura necessaria, di fronte al terribile pericolo di una degenerazione del conflitto in una guerra atomica, avrebbe potuto essere, e dovrebbe essere tuttora, l’immediata convocazione di una Conferenza internazionale di pace, oppure della riunione in seduta permanente, onde rendere il mondo consapevole della gravità del momento, del Consiglio di sicurezza e dell’Assemblea generale dell’Onu, quali luoghi istituzionali nei quali discutere le condizioni della pace e così affiancare l’Ucraina nella trattativa con tutto il peso che avrebbero le potenze della Nato.
Sta invece prevalendo la corsa al riarmo, in attesa delle prossime guerre e di un nuovo pericolo di catastrofe nucleare. A questa corsa verso il disastro contribuisce la pressione degli apparati militari e industriali, che alla produzione, alla vendita e all’accumulazione di armi sempre più micidiali sono i soli interessati (…). Basterebbe mettere al bando tutte le armi da fuoco – la loro detenzione, il loro commercio e la loro produzione – per realizzare, con il monopolio pubblico della forza, la civile e pacifica convivenza e porre fine alle stragi da cui traggono profitto solo i produttori di armi e il ceto politico con essi colluso e talora corrotto.»
Luigi Ferrajoli, Giustizia e politica.