“Bisogna allora capovolgere la formula e dire che la politica è la guerra continuata con altri mezzi? Forse, se si vuole conservare ancora una differenza fra guerra e politica, si dovrebbe avanzare piuttosto l’ipotesi che questa molteplicità di rapporti di forza può essere codificata o nella forma della ‘guerra’ o nella forma della ‘politica’”: è l’affermazione con la quale, in un passo famoso della sua “Volontà di sapere”, Michel Foucault, uno dei maggiori filosofi del Novecento, introduce una serie di considerazioni sulla struttura del ‘potere’ e le sue condizioni, e sulle forme delle opposizioni e delle resistenze che è destinato a suscitare.
«Là dove c’è potere c’è resistenza e… tuttavia, o piuttosto proprio per questo, essa non è mai in posizione di esteriorità rispetto al potere. Bisogna dire che si è necessariamente “dentro” il potere, che non gli si “sfugge,” che non c’è, rispetto ad esso, un’esteriorità assoluta, perché si sarebbe immancabilmente soggetti alla legge? O che, se la storia è l’astuzia della ragione, il potere sarebbe a sua volta l’astuzia della storia – ciò che vince sempre? Vorrebbe dire misconoscere il carattere strettamente relazionale dei rapporti di potere. Essi non possono esistere che in funzione di una molteplicità di punti di resistenza, i quali svolgono, nelle relazioni di potere, il ruolo di avversario, di bersaglio, d’appoggio, di sporgenza per una presa. Questi punti di resistenza sono presenti dappertutto nella trama del potere.
Non c’è dunque rispetto al potere un luogo del grande Rifiuto – anima della rivolta, focolaio di tutte le ribellioni, legge pura del rivoluzionario. Ma delle resistenze che sono degli esempi di specie: possibili, necessarie, improbabili, spontanee, selvagge, solitarie, concertate, striscianti, violente, irriducibili, pronte al compromesso, interessate o sacrificali; per definizione, non possono esistere che nel campo strategico delle relazioni di potere. Ma questo non vuol dire che ne siano solo la conseguenza, il segno in negativo (…). Le resistenze non dipendono da un qualche principio eterogeneo; ma non sono nemmeno illusione o promessa necessariamente delusa. Sono l’altro termine nelle relazioni di potere, vi s’iscrivono come ciò che sta irriducibilmente di fronte a loro. Sono dunque, anch’esse, distribuite in modo irregolare; i punti, i nodi, i focolai di resistenza sono disseminati con maggiore o minore densità nel tempo e nello spazio, facendo insorgere talvolta gruppi di individui in modo definitivo, accendendo improvvisamente certi punti del corpo, certi momenti della vita, certi tipi di comportamento. Grandi rotture radicali, divisioni binarie e massicce? Talvolta. Ma molto più spesso si ha a che fare con punti di resistenza mobili e transitori, che introducono in una società separazioni che si spostano, rompendo unità e suscitando raggruppamenti, marcando gli individui stessi, smembrandoli e rimodellandoli, tracciando in loro, nel loro corpo e nella loro anima, regioni irriducibili.
Come la trama delle relazioni di potere finisce per formare uno spesso tessuto che attraversa gli apparati e le istituzioni senza localizzarsi esattamente in essi, così la dispersione dei punti di resistenza attraversa le stratificazioni sociali e le unità individuali.»
Michel Foucault, La volontà di sapere.