Lo scrittore austriaco Karl Kraus ha registrato con acuta e feroce ironia la crisi dell’epoca tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento nella rivista ‘Die Fackel’, cogliendo i segni della ‘Finis Austriae’ nei mutamenti della società e della vita politica viennese fino alle tragedie della Grande guerra e dell’avvento del nazismo. L’articolo citato è inserito nella raccolta “Non c’è niente da ridere. A proposito di giornalisti, esteti, politici, psicologi, stupidi e studiosi”, per la cura e la traduzione di Simone Buttazzi.
«M’è tornata in mente una frase pubblicata su un giornale, che evoca un’immagine molto viva. Essa recita: “Sotto il segno del progresso”. Bene, solo ora riconosco il progresso per ciò che è – una scenografia mobile. Noi restiamo proiettati in avanti eppure continuiamo a calpestare lo stesso punto. Il progresso è un punto fermo, ma appare come qualcosa in movimento. Solo a volte si muove davvero qualcosa, dinanzi ai miei occhi: è un drago a guardia di un tesoro. Oppure qualcosa marcia, nottetempo, per la città: è il rullo del macchinario che pulisce le strade e fa turbinare la polvere del giorno, facendola posare altrove. Ovunque andassi, m’imbattevo nella polvere. Se tornavo indietro, eccola arrivare dall’altra parte, al che ero costretto ad ammettere che una politica contraria al progresso è inutile, perché esso rappresenta l’inevitabile turbinio della polvere. Il destino si alza in una nuvola, e il progresso che t’ingloba, se tu credi di evitarlo, appare come un deus ex machina. Il progresso, strisciando, abbranca il piede fuggitivo e raccoglie, dal tuo sentiero, tutta la polvere necessaria a riempirti i polmoni, perché il macchinario sparge la polvere ubbidendo alla grande idea del progresso. Ma il significato del progresso l’ho capito fino in fondo solo sotto la pioggia. Pioveva a dirotto, l’umanità era assetata di polvere e non ve n’era manco l’ombra ché il rullo non la poteva far turbinare. Dietro di esso marciava un altro macchinario che lavava le strade e non si lasciava distogliere dalla pioggia: toglieva la polvere ancor prima che si alzasse. Questo era il progresso.
(…) Come si manifesta, il progresso, alla luce del giorno? Con quale aspetto si palesa ai nostri occhi se lo immaginiamo come un servo ancor più veloce del tempo? Visto che siamo impegnati a raffigurarlo, vorremmo anche prenderne conoscenza, ma ci manca una percezione concreta, convincente. Di ogni cosa vediamo solo ciò che turbina, corre, parte al galoppo: piedi, ruote, ferri di cavallo. Le orme si cancellano. Da una parte correva un galoppino della Borsa, dall’altra andava a caccia un cavaliere dell’Apocalisse. Invano… Noi possiamo parlare al telefono da Schmockwitz a Schweifwedel, ma non sappiamo ancora che aspetto ha davvero il progresso. Sappiamo solo che esso non ha influito in alcun modo sulla qualità della telefonata (…). L’umanità briga senza sosta: ha bisogno del proprio patrimonio spirituale per effettuare nuove scoperte, e non si cura del loro funzionamento. Da questo punto di vista il progresso è una delle sue invenzioni più geniali, poiché per farlo funzionare basta solo crederci, quindi tutti i rappresentanti del progresso dotati di “credito” illimitato hanno partita vinta.»
Karl Kraus, Il progresso.