Aleksandr Sergeevič Puškin è stato poeta, saggista, scrittore e drammaturgo. È considerato unanimemente il fondatore della lingua letteraria russa contemporanea. Formatosi sulla grande letteratura europea del Settecento, soprattutto francese, partecipa giovanissimo a società letterarie politiche progressiste. Vive due anni di confino nella Russia meridionale, raccontati ne “Il prigioniero del Caucaso”. Nel 1826 lo Zar Nicola I revoca il provvedimento e Puškin può tornare a San Pietroburgo. Nel 1830 scrive “Elegia”. Sette anni dopo muore, poco meno che trentottenne, ferito a morte in un duello.
La spenta gioia dei folli anni
Mi è greve, come una confusa ebbrezza.
Ma, come il vino, la tristezza dei giorni passati
Nella mia anima, quanto è più vecchia, tanto è più forte.
Malinconico è il mio cammino. Mi promette fatica e dolore
Il mare agitato del futuro.
Ma io non voglio morire, amici ;
Voglio vivere, per pensare e soffrire;
Lo so che ci saranno dei piaceri
Frammezzo alle tristezze, gli affanni e i turbamenti:
Talora mi inebrierò di nuovo di armonia,
Verserò lacrime sulle mie fantasie,
E forse sul mio triste tramonto
Brillerà l’amore con un sorriso d’addio.
Elegia.