Nel quarto libro del “Mondo come volontà e rappresentazione” (1818), il punto di partenza per l’elaborazione della teoria morale è l’agire cattivo o egoistico: “l’egoismo è colossale: sovrasta il mondo. Se a ciascuno venisse infatti chiesto di scegliere fra la propria distruzione e la rovina del resto del mondo, non occorre dire quale sarebbe la scelta dei più.”
«Se un uomo, non appena ne capiti l’occasione e nessuna forza esterna lo trattenga, è sempre incline a commettere ingiustizia, noi lo chiamiamo cattivo In base alla nostra spegazione dell’ingiustizia, una tale persona non si limita ad affermare la volontà di vivere quale si manifesta nel suo corpo, ma in questa affermazione giunge al punto di negare la volontà che si manifesta in altri individui; e ciò si vede dal fatto che egli pretende che le loro forze servano la sua volontà e cerca di annientare la loro esistenza, quand’essa si oppone alle aspirazioni della sua volontà.
Allo scopo di specificare quali siano gli elementi fondamentali del carattere malvagio, viene precisato che: in primo luogo, in un tale uomo si esprime una volontà di vivere oltremodo violenta, che va ben oltre l’affermazione del suo proprio corpo; e in secondo luogo la sua conoscenza, completamente abbandonata al principio di ragione e irretita nel “principium individuationis”, rimane saldamente ferma alla totale differenza posta da quest’ultimo fra la sua persona e tutte le altre, perciò egli cerca soltanto il proprio benessere, del tutto indifferente a quello di tutti gli altri, il cui essere, anzi, gli è assolutamente estraneo, separato dal proprio da una larga frattura, considerandoli piuttosto come delle semplici larve senza la minima consistenza. E queste due proprietà sono gli elementi fondamentali del carattere malvagio.»
Arthur Schopenhauer, Il mondo come volontà e rappresentazione.