Il ‘Montesquieu’ di Jean Starobinski, uno dei maggiori studiosi del secolo scorso, è un libro segnato dalla storia e dalle sue svolte epocali. Una prima edizione, redatta tra la liberazione della Francia nel 1944, e la morte di Hitler, esce nel 1953 e si sforza di “cercare la voce della ragione nel momento in cui il mondo cominciava a fare faticosamente i conti con il caos e gli stermini della Seconda guerra mondiale proprio mentre stava entrando nell’epoca della Guerra fredda e delle guerre di indipendenza” (Martin Rueff). Una seconda edizione, rivista e ampliata è del 1994 “quando il muro di Berlino era appena caduto e gli equilibri geopolitici si stavano radicalmente trasformando, quel richiamo assumeva un significato totalmente diverso”. Questa edizione Einaudi, per la cura di Martin Rueff e la traduzione di Mario Marchetti, si apre alla prospettiva del mondo alla ricerca di regole del terzo millennio.
«La gloria di Montesquieu si è troppo rapidamente inscritta nel marmo dei busti e nel metallo delle medaglie – sostanze levigate, dure, incorruttibili. La posterità lo vede di profilo, sorridente in ogni piega della toga e del volto, di un sorriso cesellato nel minerale. Le irregolarità della fisionomia non sono piú avvertibili, non contano piú: egli ha assunto una distanza da grande classico (…). Montesquieu… è oggetto di un’ammirazione tranquilla e scevra di passione. Se ha mai provocato scandali, il caso è chiuso e l’autore scagionato: nessun litigio con la posterità. Non ha nemici, non ha dunque bisogno di difensori. Abita l’immortalità con modestia, è come abbandonato alla pace distesa delle biblioteche.
Eppure gli dobbiamo qualcosa. Viviamo in una società allestita secondo i voti di Montesquieu: esecutivo, legislativo e giudiziario sono separati; in linea di principio, le pene sono proporzionate ai delitti; il liberalismo economico, con qualche correttivo, è pratica comune. Cose tanto familiari da badarvi appena. Vanno da sé, come l’aria che respiriamo. Anzi, abbiamo avuto pieno agio, edotti dal pensiero politico di Montesquieu, di constatare ciò che si corrompeva, logorato dall’uso. Abbiamo potuto vedere le crepe degli stati centralisti il cui corso lo inquietava, prima ancora che riga e compasso ne tracciassero con esattezza le planimetrie. L’irrompere delle condizioni economiche dell’era industriale ha falsato l’esito di calcoli fatti senza prevederle.
Alle idee di Montesquieu… è toccata la prova della storia, il massimo onore e, insieme, il massimo rischio. Inevitabilmente, le idee che si mescolano al flusso della storia non restano a lungo intatte. Si alterano, si decompongono o rinvigoriscono, diventano sagge o folli e, soprattutto, contaminate da idee estranee, riprese da nuovi teorici, adattate alle circostanze dagli uomini d’azione, plasmano la storia per esserne immediatamente riplasmate. Jefferson e i costituenti americani trovano in Montesquieu l’idea federalista. I monarchiens (fautori di una monarchia parlamentare sul modello inglese, ndr) del 1789, ma anche Marat, riprendono dall’Esprit des lois quanto conviene alla loro causa. La Restaurazione, istituendo la ‘Camera dei pari’, rendeva omaggio al sistema dei ‘corpi intermedi’ e ripescava un Montesquieu bicameralista, difensore dei diritti della nobiltà e della grande proprietà terriera. Ma altresí Babeuf e i suoi amici, come poi i socialisti ottocenteschi, potevano appellarsi a chi una volta aveva asserito che lo stato “deve garantire a tutti i cittadini i mezzi di sostentamento, il vitto, vesti decorose e un genere di vita non pregiudizievole alla salute”. Scaturita da una medesima sorgente, l’ispirazione si è dispersa in mille diversi rivoli. Ciascuno vi ha trovato il proprio tornaconto. Ma nessun movimento politico l’ha preso senza riserve come maestro.
(…) Sarebbe non poco ingiusto attribuirgli, come è stato fatto sovente, la paternità e la responsabilità del laissez faire del secolo successivo, tanto profondamente diverso dal suo liberalismo temperato (…). E le soluzioni parziali suggerite dall’Esprit des lois hanno ben avuto tempo di creare nuovi problemi… Tra le cose cui non abbiamo prestato orecchio, quei moniti che non sono riusciti a distoglierci da un infausto destino: “La rovina dell’Europa sarà dovuta ai suoi uomini d’arme…” Ma è inutile e vano pensare oggi a un’Europa in cui non fosse apparso Napoleone.»
Jean Starobinski, Montesquieu. Il coraggio della moderazione.