l 13 giugno 1908, un paio di anni prima di morire, Leone Tostoj lancia dalla sua dimora di Jasnaja Poljana una “terribile requisitoria contro le continue condanne a morte nella Russia zarista”. A morire sono soprattutto i contadini – i ‘suoi’ contadini – che si ribellano alla miseria e alle loro insopportabili condizioni di vita. A condannarli e a eseguire le condanne sono i ‘giustiziatori’ a cui Tolstoj chiede di ricordare chi sono: “Prima ancora di essere giustiziatori, generali, procuratori, giudici, primi ministri e zar, siete esseri umani. Oggi avete visto la luce del giorno, un domani non ci sarete più”. Ma il messaggio possiamo intenderlo rivolto a tutti coloro che si prestano a farsi strumento di violenza, di guerra e di massacri.
La citazione è dalla storica e rara edizione curata nel 1908 da Ettore Janni, che un caro amico, architetto e bibliofilo, Alessio De Dominicis, ci ha amorevolmente concesso.
«Io mi rivolgo a tutti coloro che partecipano a questi terribili fatti (le esecuzioni capitali, ndr), cominciando con coloro che pongono addosso ai loro fratelli, uomini e donne, quei berretti e quei camici – dai guardiani delle prigioni sino a voi, capi che organizzate e autorizzate questi atroci delitti.
Fratelli! Tornate in voi stessi, fermatevi e pensate, considerate che state facendo! Ricordate chi siete!
Prima che giustizieri, generali, pubblici accusatori, giudici, primo ministro o Zar – non siete voi uomini? Uomini, a cui oggi è appena concessa una rapida occhiata nel mondo di Dio e che già non sarete più domani. (Voi, in particolare, boja di tutti i gradi, che vi siete suscitato e vi andate tuttavia suscitando un odio speciale, dovreste ricordarvi di questo), è possibile che nei vostri momenti lucidi non vediate che la vostra vocazione nella vita non può essere quella di tormentare e di uccidere uomini, mentre voi stessi tremate dalla paura di essere uccisi, e mentite, a voi stessi, agli altri, a Dio, assicurando agli altri e a voi stessi che col partecipare a questi atti voi fate un’opera importante e grande pel benessere di milioni di uomini? È possibile che – quando non siate ubriacati da quelli che vi circondano, dalle adulazioni e dai consueti sofismi – non comprendiate, ciascuno di voi, esser vaniloquio e invenzione che, mentre commettete degli atti scellerati, possiate ancora considerarvi uomini dabbene? Non potete non capire che voi, come ognuno di noi, avete un solo vero dovere, il quale comprende tutti gli altri: il dovere di vivere il breve spazio di tempo concessovi in accordo con la Volontà da cui siete stati mandati su questo mondo, e, in accordo con quella Volontà, di partirvi da esso. E quella Volontà desidera solo una cosa: amore da uomo a uomo.
Ma che fate voi? A che dedicate la vostra forze spirituale? Chi amate voi? Chi vi ama? Vostra moglie? Il figlio vostro? Ma questo non è amore. L’amore di moglie e di figlio non è umano amore. Così amano gli animali, e anche più fortemente. Umano amore è l’amore dell’uomo per l’uomo, per ogni uomo, come figlio di Dio e però come fratello.
Chi amate voi così? Nessuno. Chi vi ama così? Nessuno.
Voi siete sbigottiti come il boja o come è sbigottita una bestia selvaggia. La gente vi lusinga, perché in fondo al suo cuore vi disprezza e vi odia – e quanto vi odia! E voi lo sapete e avete paura degli uomini.
Sì, considerate questo, voi tutti, dal più alto al più umile della strage; considerate chi siete e cessate di far ciò che fate. Cessate, non per amor di voi stessi, non per amore della vostra parte nel mondo, non per amore degli uomini, non perché si possa così cessar di farvi rampogna, ma per amore dell’anima vostra, per il Dio che vive entro di voi!»
Leone Tolstoj, Non posso tacere.