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LE CITAZIONI: Vonnegut. La distruzione di Dresda sopra il mattatoio

Kurt Vonnegut

by Ernesto Scelza
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‘Mattatoio N° 5’ è un romanzo di Kurt Vonnegut del 1969. Il libro è una testimonianza dell’autore sulla sua prigionia in Germania, durante la Seconda guerra mondiale. È ricoverato sotto un mattatoio, mentre i bombardamenti distruggono Dresda, ‘La Firenze dell’Elba’ . È considerato un’opera-chiave del pacifismo moderno e un racconto sul valore effimero dell’esistenza. Il sottotitolo (‘La crociata dei bambini’) non si riferisce solo alla Crociata dei fanciulli del 1212, ma alla guerra stessa, in cui uomini maturi decidono di far la guerra mandando dei ‘bambini’ a morire al posto loro.

 

«Lui era giù nel deposito della carne, la notte che Dresda venne distrutta. Sopra si sentivano come dei passi di giganti: erano grappoli di bombe ad alto potenziale che cadevano. I giganti non la smettevano più di camminare. Il deposito della carne era un rifugio sicurissimo. Là sotto cadeva solo, di tanto in tanto, una pioggia di polvere d’intonaco. C’erano gli americani, quattro delle loro guardie, alcune carcasse di animali e nessun altro. Le altre guardie, prima che cominciasse il bombardamento, erano tornate al calduccio delle loro case a Dresda. Sarebbero rimaste tutte uccise insieme alle loro famiglie.

Così va la vita.

(…) Ogni tanto una guardia andava in cima alle scale a vedere cosa stava succedendo là fuori, poi tornava giù e bisbigliava qualcosa alle altre. C’erano degli incendi, fuori. Dresda era tutta una sola, grande fiammata. Quell’unica fiammata stava divorando ogni sostanza organica, ogni cosa capace di bruciare.

Non fu prudente uscire dal rifugio fino a mezzogiorno dell’indomani. Quando gli americani e le loro guardie vennero fuori, il cielo era nero di fumo. Il sole era una capocchia di spillo. Dresda ormai era come la luna, nient’altro che minerali. I sassi scottavano. Nei dintorni erano tutti morti.

Così va la vita (…).

“Raccontami una storia” disse un giorno Montana Wildhack a Billy Pilgrim (…).

“Dresda venne distrutta la notte del 13 febbraio 1945” cominciò Billy Pilgrim. “Noi uscimmo dal nostro rifugio il giorno dopo.” Raccontò a Montana delle quattro guardie che, nel loro stupore e nella loro angoscia, sembravano un quartetto vocale di dilettanti. Le parlò del macello con tutti i pali di cinta spariti, con i tetti e le finestre andati; le disse di avere visto qua e là dei piccoli ceppi carbonizzati. Erano le persone rimaste intrappolate nell’incendio. Così va la vita.

Billy le disse cos’era accaduto agli edifici che prima formavano come una scogliera intorno al macello. Erano crollati. Il legno si era consumato, le pietre erano cadute e si erano ammucchiate l’una sull’altra fino a formare delle dune basse e graziose.

“Era come sulla luna” disse Billy Pilgrim.

Le guardie ordinarono agli americani di mettersi in fila per quattro, e gli uomini ubbidirono. Li fecero marciare di nuovo verso la porcilaia dove erano vissuti fino ad allora. I muri erano ancora in piedi, ma le finestre e il tetto erano crollati e dentro non c’era altro che cenere, e grumi di vetro fuso. A questo punto ci si rese conto che non c’erano più né cibo né acqua, e che i sopravvissuti, se volevano continuare a sopravvivere, dovevano mettersi a camminare sulla superficie lunare, scavalcando una duna dopo l’altra.

Cosa che fecero (…).

Dei caccia americani scesero in picchiata sotto il fumo per vedere se qualcosa si muoveva. Videro Billy e gli altri, e li spruzzarono di proiettili di mitragliatrice, ma li mancarono. Poi videro altre persone che si muovevano lungo la riva del fiume e spararono anche a loro. Ne colpirono alcune. Così va la vita.

L’idea era questa: affrettare la fine della guerra.

La storia di Billy finiva molto curiosamente in un sobborgo che non era stato toccato dal fuoco e dalle esplosioni. Al tramonto le guardie e gli americani giunsero a una locanda. Dentro c’erano delle candele accese. Da basso il fuoco ardeva in tre caminetti. C’erano tavoli e sedie vuoti che aspettavano che venisse qualcuno, e di sopra dei letti vuoti con le coperte piegate. (…) Il locandiere domandò alle guardie se venivano dalla città.

“Sì.”

“Sta arrivando altra gente?”

E le guardie dissero che, lungo il difficile percorso che avevano seguito, non avevano visto anima viva.

Il locandiere cieco disse che per quella notte gli americani avrebbero potuto dormire nella stalla, e diede loro della minestra, del surrogato di caffè e un po’ di birra. Poi si avvicinò alla stalla per ascoltare, mentre i prigionieri si accucciavano sulla paglia.

“Buonanotte, americani” disse in tedesco. “Dormite bene”.»

Kurt Vonnegut, Mattatoio N° 5 o La Crociata dei Bambini.