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LE CITAZIONI: Zagrebelsky. Il lavoro è il centro della democrazia

Gustavo Zagrebelsky

by Ernesto Scelza
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“La solitudine dell’articolo 1” è il titolo malinconico che il giurista Gustavo Zagrebelsky appone al primo capitolo del suo pamphlet dedicato alla centralità del lavoro nella Costituzione repubblicana del 1948, che si apre con parole folgoranti: “L’Italia è una repubblica democratica fondata sul lavoro”. E ne ripercorre e sottolinea il valore del dibattito che accompagnò la formulazione nella Assemblea costituente. “Unico tra i diritti, il diritto al lavoro è esplicitamente enunciato tra i principi fondamentali della Costituzione. La politica deve essere condizionata al lavoro e non il lavoro alla politica. È bene ribadirlo, oggi, mentre è in corso il rovesciamento di questo rapporto”.

 

«La Costituzione pone il lavoro a fondamento, come principio di ciò che segue e ne dipende: dal lavoro, le politiche economiche; dalle politiche economiche, l’economia. Oggi, assistiamo a un mondo che, rispetto a questa sequenza, è rovesciato: dall’economia dipendono le politiche economiche; da queste i diritti e i doveri del lavoro. Dicendo “dipendere” non s’intenda necessariamente determinare, ma condizionare, almeno, questo si. Ora, il senso del condizionamento o, come si dice, delle compatibilità è certamente rovesciato. Il lavoro è il risultato passivo di fattori diversi, con i quali deve risultare compatibile. Non sono questi altri fattori a dover dimostrare la loro compatibilità col lavoro. Il lavoro, da “principale”, è diventato “conseguenziale”. Su questa constatazione, credo non ci sia bisogno di spendere parola. La Repubblica, possiamo dirla, senza mentire, “fondata” sul lavoro?

(…) Il ricordo del suicidio delle democrazie del primo dopoguerra era troppo vivo perché non si considerasse il lavoro anche come precondizione di vita democratica. Quegli esempi stavano a dimostrare, se pure ce ne fosse stato bisogno, che, più ancora dell’inflazione succeduta alla Grande Guerra, era stata, particolarmente nella Germania di Weimar, l’ondata di disoccupazione di milioni di persone, la devastazione del sistema finanziario nazionale e internazionale seguito alla “grande crisi” del ’ 29 e le politiche economiche recessive, ad alimentare la rivolta contro la democrazia. Il disagio sociale e la disperazione del lavoro, quando diventano psicologia collettiva, sono un’apertura di credito a favore dei demagoghi che promettono miracoli. Com’è possibile, si chiede la classe media, che, d’un tratto, dall’agio della vita nasca la miseria, per di più per cause immateriali che stanno in cose come “il credito”, “il debito”, “le banche”, “il disavanzo”. Ci deve essere qualcosa di losco. Ben venga colui che svela l’inganno. La democrazia è facile bersaglio dell’accusa d’essere forma che nasconde inganno.

Il significato profondo del collegamento, stabilito nell’art. 1, fra democrazia e lavoro sta qui: la questione democratica è questione del lavoro, e del lavoro libero e dignitoso. Che cosa importa la democrazia se non è garantito un lavoro che permetta di affrontare i giorni della vita, propria e dei propri figli, e di affrontarli con un minimo di tranquillità? La democrazia non è solo questione di regole formali, ma anche di condizioni materiali dell’esistenza… Il lavoro è la prima di queste condizioni materiali.»

Gustavo Zagrebelsky, Fondata sul lavoro.

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