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LE CITAZIONI: Zoja, La morte del prossimo

by Ernesto Scelza
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“Ama il prossimo tuo come te stesso. Io sono il Signore”. Levitico 19.18.

“Amerai il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua forza e con tutta la tua mente, e il prossimo tuo come te stesso”. Luca 10.27 (Matteo 22.36-40; Marco 12.28-31).

Per millenni, un doppio comandamento ha retto la morale ebraicocristiana: ama Dio e ama il prossimo tuo come te stesso. Lo psicoanalista Luigi Zoja ne misura il declino.

«… Alla fine dell’Ottocento, Nietzsche ha annunciato: Dio è morto. Passato anche il Novecento, non è tempo di dire quel che tutti vediamo? È morto anche il prossimo.

Abbiamo perso anche la seconda parte del comandamento perché sappiamo sempre meno di cosa parla. “Il tuo prossimo” è una cosa molto semplice: la persona che vedi, senti, puoi toccare. La parola ebraica rea’ nel Levitico, e quella greca plesios, nel Vangelo di Luca, vogliono dire proprio questo: l’altro che ti sta vicino. Sia la Bibbia che i Vangeli sinottici non indicano un prossimo astratto, ma il tuo prossimo: quello che ti sta vicino, su cui puoi posare la mano… Cristo non ha modificato il comandamento ebraico: ma ha legato Dio e il prossimo, rendendo assoluto anche l’amore per lui. L’Antico Testamento riguardava i fedeli di Yahweh, non gli altri popoli. La novità del cristianesimo, generosissima ma astratta, è trasformare in prossimo anche l’abitante più lontano della Terra. L’amore gli è comunque dovuto: ecco la radice antica di idee moderne come i diritti universali dell’uomo o l’affirmative action

Donando al prossimo, amando il prossimo, noi rendiamo il dovuto anche a Dio. L’uomo giusto porta ogni giorno offerte a Dio e al prossimo. Per millenni il mondo ebraico-cristiano si è retto su questi due pilastri. Questo mondo ha conquistato il resto del mondo con la forza delle sue armi e della sua economia: se il risultato non è stato un genocidio globale ma una globalizzazione, questo si deve anche alla forza – immensa e globale – del doppio comandamento.

Ma la società di oggi è laica. Alla fine dell’Ottocento, il grido sconvolgente di Nietzsche si è sparso sulla Terra: “Dio è morto”. Anche chi non ama Nietzsche ha dovuto riconoscerlo come profeta: durante il Novecento, nel mondo ebraico-cristiano le persone religiose da maggioranza sono diventate minoranza. E, anche per questa minoranza, la fede è diventata soprattutto un fatto privato, come la scelta di una filosofia, di una convinzione politica, addirittura di un amore.

La società retta da due pilastri non ha avuto più equilibrio da quando uno è crollato. La morte di Dio ha svuotato il cielo. Ma niente resiste al risucchio del vuoto. Lo spazio celeste è stato riempito con l’assunzione dei miracoli della scienza e dell’economia fra le divinità, con l’elevazione alle stelle del desiderio personale. Troppo spesso si dimentica che desiderare significa proprio questo: smettere (de-) di affidarsi agli astri (sidera), farne a meno, sostituirsi al cielo. (…) Col volgere del secolo XX in secolo XXI cede in modo irrimediabile anche il secondo pilastro del comandamento: l’uomo metropolitano si sente sempre più circondato da estranei. È dunque tempo di pensare al sequel di Nietzsche, e dirci apertamente che è scomparso anche il prossimo. I tempi seguenti alla “morte di Dio” sono stati a volte detti post-teologici o postreligiosi. Per quelli attuali non si è ancora trovato un nome. Una sgradita possibilità sarebbe “postumano”.»

Luigi Zoja, La morte del prossimo.