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Le torri Amalfitane testimoni mute di grande Storia

by Federico L. I. Federico
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Superata Punta della Campanella e il frontistante promontorio di Montalto, su cui sono ancora visibili altrettante torri di difesa, si apre davanti al nostro sguardo il golfo di Salerno, sia che siamo in barca sia che siamo viandanti sul versante orientale dei colli di Sorrento. Un golfo il cui dominio fu conteso a Salerno per secoli da Amalfi, soprattutto quando la minuscola comunità di pescatori e navigatori straordinari si eresse il Repubblica marinara, dominatrice del Mediterraneo orientale. Salerno prevalse su Amalfi soltanto durante la dominazione Normanna, che la preferirono per il più agevole e spazioso porto che poteva essere potenziato. A differenza di quello amalfitano, letteralmente oppresso dai monti Lattari che sovrastavano il borgo marinaro. I Normanni furono la prima grande dinastia del Meridione d’Italia, fondatrice del “Regno di Napoli”. Esso fu il più grande Stato della Penisola Italiana fino alla sua soppressione attuata per la nascita del Regno d’Italia. Ma anche il più antico Stato d’Europa. Amalfi, negletta dai Normanni, in epoca aragonese risorse come centro marittimo e commerciale. Gli Aragonesi infatti istituirono il Ducato di Amalfi che affidarono ai fidati Piccolomini d’Aragona. E così Amalfi continuò a competere con i frontistanti e “odiati cugini” di Salerno, longobardi doc, a differenza di Amalfi la cui variegata società civile era più aperta non solo alle influenze culturali d’oltremare, ma anche a quelle dell’entroterra campano dell’alta Terra di Lavoro. La lingua napoletana fu la lingua adottata dalla Corte Reale aragonese nella seconda metà del Millequattrocento e poi da quella Vicereale spagnola fino oltre il primo decennio del Millesettecento.

‘O napulitano divenne così fu il collante culturale unificante delle popolazioni meridionali, eredi di diverse stirpi italiche, che conservano questo tesoro linguistico protetto dall’UNESCO dal 2014. Il Lettore di Touring ricorderà che il Regno di Napoli conservò per otto lunghi secoli sostanzialmente inalterati i propri confini geografici, estesi sul Tirreno dal basso Lazio fino al faro di Messina e sull’Adriatico dalla punta pietrosa di S. Maria di Leuca fino alle coste abruzzesi della cittadella fortificata di San Benedetto del Tronto.

Il Lettore ricorderà anche che lungo questo sterminato percorso costiero furono realizzate circa quattrocento torri di difesa a partire dai primissimi anni del Millecinquecento e per tutto il secolo, fino all’alba del Milleseicento. Le torri, tutte insieme, raccontano la storia di ottocento anni di incursioni ottomane, saracene e corsare, cruente e frequenti, respinte non sempre con successo dalle popolazioni rivierasche amalfitane. Esse per prime furono oggetto di depredazioni e deportazioni accompagnate da stupri, violenze e, più spesso, morte. Alcuni tragici eventi sono rimasti nella Storia, come la strage di Conca dei Marini nel 1543e l’attacco subito da Cetara nel 1534. Senza dimenticare la famosa invasione turca del 1587, devastante anche per le dimensioni geografiche. Eppure, erano circa una trentina le torri costruite in più fasi lungo la fascia costiera amalfitana. Ciò dimostra la difficoltà della difesa dell’area della “divina” costiera amalfitana – ambita preda dei saraceni – che va dagli attuali versanti meridionali dei comuni sorrentini che affacciano sul Golfo di Salerno, fino alle spiagge di Vietri sul Mare, ormai a un tiro di schioppo dal porto di Salerno la longobarda.

Di esse, le torri tonde, più alte e slanciate, avevano soprattutto funzione di avvistamento essendo situate nei luoghi più alti e impervi. Il passaggio dalla forma circolare a quella quadrata fu imposto dall’avvento delle armi da fuoco pesanti. Il ricorso all’artiglieria da parte degli invasori comportò necessitatamente alcune innovazioni nelle forme e nelle caratteristiche delle torri di difesa. Occorreva renderle più idonee a sostenere le bordate dei cannoni montati sulle navi che battevano a tappeto la costa prima dello sbarco delle truppe trasportate da natanti leggeri fin sulla spiaggia, ove era possibile.

In questo articolo – che intende soltanto essere introduttivo a successivi approfondimenti tra le torri saracene della costiera amalfitana – ci limitiamo a citare le Torri di Vietri sul Mare, la Torre di Cetara, la Torre di Erchie, la Torre Normanna di Maiori, la Torre di Atrani e le due torri di Amalfi. Oggi alcune di esse sono aperte al pubblico, altre sono private abitazioni, altre ancora luoghi di eventi. Qualcuna è stata oggetto di buoni interventi di restauro, qualche altra è stata profanata per ricavarne spazi utili. Le torri costiere – testimoni mute di grande Storia – rappresentano quindi iconicamente un pò il Regno di Napoli e ne hanno accompagnato il tramonto, fino ad essere cartolarizzate dal nuovo Stato Savoiardo e dall’Italietta che ne scaturì, piena zeppa di debiti. Ma esse connotano ancora oggi fortemente il paesaggio costiero meridionale, e quello campano in particolare, tant’è che molte sono diventate meta di turismo colto in ogni stagione dell’anno.