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L’Editoriale. Pandemia, politica e trasformazione

by Pasquale Cuofano
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Nel 1945, dopo venti anni di regime fascista, l’Italia era ridotta ad un cumulo di macerie dopo una guerra sanguinosa che coinvolse l’intera Europa e una lotta civile nella Capitale e al Centro Nord. I cittadini erano segnati da sofferenze indicibili che li avevano fiaccati nel corpo e nell’anima. Durante la Resistenza si formarono partiti clandestini al fine di restituire al popolo le regole democratiche ed insieme di costruire obiettivi comuni, anche nella diversità culturale ed ideologica.

Il varo della Costituzione fu uno dei più grandi risultati che il compromesso tra i grandi partiti di massa e, quindi, tra i principi marxisti, cattolici e liberali ai quali si ispiravano, riuscirono a realizzare. Dare all’Italia una Costituzione democratica con la presenza dei partiti, la libertà di voto e il ripristino del sistema parlamentare. Avviare la ricostruzione delle industrie, delle comunicazioni, degli ospedali, delle scuole e delle abitazioni distrutte dai bombardamenti. Modernizzare la produzione agricola, imprenditoriale e artigianale. Uomini politici come Alcide De Gasperi, Palmiro Togliatti, Pietro Nenni, a capo dei tre maggiori partiti di allora – Democrazia cristiana, Partito comunista italiano, Partito socialista italiano di unità proletaria – e altri rappresentanti della Resistenza, dettero vita a un Governo provvisorio.

L’area cattolica si proponeva di realizzare uno Stato ispirato ai principi del cattolicesimo, fondato sulla collaborazione tra le classi sociali, a tutela della famiglia e della piccola proprietà.

L’area socialista, contraria alla costruzione di uno Stato ispirato ai valori religiosi, aveva come obiettivo principale la tutela degli interessi della classe operaia e contadina nello spirito dell’equità sociale.

L’area liberal-democratica era favorevole alla creazione di uno Stato laico, senza radici religiose, con il compito prioritario di garantire le libertà individuali.

Il 2 giugno 1946 il popolo italiano, oltre a pronunciarsi con un referendum sulla forma istituzionale da dare al nuovo Stato (monarchia o repubblica), per la prima volta a suffragio universale per l’estensione del diritto di voto anche alle donne, venne chiamato ad eleggere un’Assemblea costituente che funzionò come primo Parlamento fino al 1948 e alla quale venne affidato il compito di scrivere la nuova Carta costituzionale.

I 556 deputati eletti appartenevano alle più diverse classi sociali e alle più varie professioni, rappresentate da avvocati, professori universitari e in generale esponenti delle professioni liberali, e da tecnici, lavoratori manuali e imprenditori, esigua minoranza. C’erano poi i “politici” in senso stretto, la maggiore parte dei quali era alla prima esperienza parlamentare: solo 93 deputati avevano ricoperto una carica nel parlamento liberale prefascista; gli altri si erano formati nell’opposizione antifascista (come Parri, Pertini, Lussu, Terracini) o addirittura nella guerra di liberazione (come Boldrini, Moscatelli, Modanino). Erano presenti tutti i grandi leader politici, i segretari dei partiti che avevano ottenuto una rappresentanza parlamentare, da De Gasperi a Togliatti, da Nenni e Saragat a La Malfa, né mancavano i nomi più prestigiosi della cultura come Croce, Einaudi, Colosso, Corbino. Un ruolo di primo piano avevano poi i giuristi insigni come Calamandrei, Mortati, Orlando, a cui si aggiungevano i più giovani e attivi esponenti della nuova leva di militanti politici, destinati ad affermarsi negli anni successivi, come Aldo Moro, Amintore Fanfani, Giorgio La Pira, Giovanni Leone, Giulio Andreotti.

Si trattava di una composizione assai eterogenea, in cui da un lato si vedeva confermata la leadership di quella classe dirigente che aveva guidato l’opposizione al fascismo attraverso l’azione dei CNL e, dall’altro, andava emergendo una nuova generazione di politici, pragmatica e attenta ai problemi di amministrazione dello Stato.

I segni della guerra erano ancora visibili, città distrutte, molta gente senza abitazione e accampata in rifugi improvvisati senza acqua e luce, mancanza di cibo che alimentava il mercato nero, ancora vivi odio e sentimento di vendetta nati durante il regime e la guerra civile. Solo un clima di concordia poteva favorire e avviare la Ricostruzione. Scelte economiche giuste, il piano Marshall, il commercio e le esportazioni, determinarono il “miracolo economico” in un cammino difficile ma forte nello stringere alleanze e individuare comuni obiettivi.

L’Italia conquistò i mercati mondiali con il suo Made in Italy, moda, manufatti pregevoli per qualità e stile. Da nazione sconfitta, grazie ai sacrifici di tanti partigiani e la decisiva capacità dello Statista Alcide De Gasperi, fu accolta ai summit dei vincitori, riuniti per stabilire provvidenze e strategie utili alla ricostruzione postbellica.

Oggi assistiamo basiti al perdurare di una pandemia che dal 2020 ha reso incerta ogni prospettiva di crescita economica oltre alla gravità sul piano sanitario. Una quarta ondata di contagi è prevista alla vigilia del secondo Natale senza soluzione di continuità. Le statistiche ed i dati economici pubblicati recentemente parlano di una ripresa lenta ma possibile esclusivamente con un programma di vaccinazioni più completo per tutti.

Le dichiarazioni programmatiche del Governo Draghi, concordate con l’Europa e con l’aiuto degli USA, fanno ben sperare, eppure c’è un elemento importante da non trascurare: il nostro Paese ha bisogno di riforme, di costruire una “modernità” al passo con il tempo. E’ necessaria la corretta gestione dei finanziamenti europei, una riscrittura dei programmi economici per l’Agricoltura, il Lavoro, l’Industria, la Formazione e la Scuola. Una polarizzazione e un assetto in campo politico, sociale, culturale, un piano nazionale della Sanità. Una rivisitazione seria della Giustizia penale, civile e amministrativa.

Un riequilibrio e la chiarezza delle funzioni e dei poteri tra Stato e Regioni, queste ultime come Enti locali di programmazione e non di spesa. E’ opportuno rivisitare il riassetto dell’ambito zonizzazione più conforme ai territori omogenei. Infine, dare ai Sindaci maggiore competenze e capacità di spesa, ai Consigli Comunali il ruolo di verifica dei costi, considerato che il gettito contributivo è sostenuto dai cittadini residenti.

Dopo gli ennesimi tentativi delle bicamerali, ancora oggi, si attende una concreta, efficiente e possibile rivisitazione della Costituzione della Repubblica nella mera velleità di adattarla all’attualità. Dal 1994 ad oggi, da più parti, spinti dal vento del nuovismo, tendenza ad appoggiare qualsiasi tipo di novità anche solo apparente, si parla di ipotetica “Seconda Repubblica” in campo politico, culturale, sociale e oltre.

E’ sotto gli occhi di tutti e sulla bocca di tanti la risposta corretta, saggia e unanime: “La seconda Repubblica non è mai nata!” L’elezione del nuovo Capo dello Stato nel febbraio 2022 è dettata ancora dalla Carta Costituzionale del 1948, così come il Parlamento da eleggere, sebbene con la riduzione del numero dei rappresentanti, presumibilmente nel 2023.

Una riflessione alla luce del grave momento che l’Italia attraversa, per la pandemia e la crisi endemica dell’economia, richiede l’impegno di tutti gli schieramenti politici della rappresentanza istituzionale a trovare modi e tempi per ridare fiducia al sessanta per cento dell’elettorato che non si sente rappresentato e, con la trasformazione del sistema, sfidare la pandemia come ieri, dopo una guerra devastante, i padri costituenti seppero affrontare e governare un Paese distrutto.

Oggi il Covid-19 può diventare la spinta di un radicale cambiamento anche attraverso l’incontro collaborativo generazionale. Le nuove generazioni hanno bisogno di certezze, di riforme, di stabilità, soprattutto di tornare a sognare come nel dopoguerra, di capire quanto è importante e fondamentale il progetto di costruire gli Stati Uniti D’Europa.

La forza dell’Europa mediterranea deve essere spinta dal motto “E pluribus unum”, una concordia tra molti. Il suo fascino, l’anima della sua cultura millenaria sono la molteplicità e la diversità, unico equilibrio capace di garantire un’azione comune per sconfiggere la pandemia e creare le condizioni per affrontare concretamente le problematiche dell’Ambiente, della Salute e del Lavoro.