Foto by Roma Capitale
Erano le 18.08 quando la fumata bianca è apparsa tra i gabbiani e il cielo di Roma, l’esplosione di gioia della piazza e le grida di giubilo, i sorrisi negli occhi e lacrime di felicità, mille bandiere sventolavano e le campane suonavano a festa dai campanili di San Pietro. Poi tutti gli sguardi si sono rivolti verso la Loggia delle benedizioni ed è stato annunciato l’habemus papam: Robert Francis Prevost, cardinale statunitense di 69 anni che ha scelto di prendere il nome di Leone XIV.
Dunque, non sarà un italiano, come tanti vaticanisti davano per scontato, né Parolin, né Pizzaballa e neppure Zuppi. Abbiamo un pontefice che non ci si aspettava, il primo Papa americano nella storia della Chiesa cattolica, agostiniano, e che sceglie un nome imprevisto: Leone XIV, un nome che a noi sembra lontano e che riporta al Papa Pecci, quello della “Rerum novarum” innovatore e vicino ai primi movimenti operaisti. La scelta del nome pontificale, Leone XIV, ha immediatamente catturato l’attenzione del mondo, suscitando curiosità e approfondimenti. Perché un cardinale di Chicago, con una lunga esperienza missionaria in America Latina e un profilo che unisce rigore dottrinale e sensibilità pastorale, ha optato per questo nome, evocativo di forza, tradizione e difesa della fede? Un gesto che riflette la sua spiritualità, la sua visione della Chiesa e il suo programma per il futuro. Questo potrebbe indicare l’intenzione di papa Prevost di proseguire sulla linea di Papa Leone XIII, noto per il suo impegno a favore dei diritti dei lavoratori e per la sua visione sociale della Chiesa.
Chi lo conosce, descrive Prevost come uomo di profonda spiritualità, ma anche amministratore capace e pragmatico. La sua lunga esperienza pastorale in America Latina gli ha donato quella sensibilità per i poveri e gli emarginati che caratterizzò anche il pontificato di Francesco. La sua formazione americana gli ha conferito un pragmatismo che potrebbe rivelarsi decisivo in questa fase turbolenta della storia ecclesiale.
Riguardo al ruolo delle donne nella Chiesa, ha più volte sostenuto la necessità di valorizzarne la presenza nei ruoli decisionali, pur senza sostenere il diaconato femminile. Durante il Sinodo del 2023, Prevost ha affermato che “clericalizzare le donne” non risolverebbe i problemi della Chiesa, sottolineando la necessità di valorizzare il ruolo femminile senza necessariamente attribuire ordini sacri.
Affacciandosi dalla loggia centrale di San Pietro, il nuovo Papa, ha pronunciato le sue prime parole da pontefice: “La pace sia con tutti voi”. E quindi: «Vorrei che questo saluto di pace entrasse nel vostro cuore, raggiungesse le vostre famiglie, tutte le persone ovunque siano, tutti i popoli e tutta la terra». Il concetto di pace è stato centrale nel suo discorso, che ha letto e non fatto a braccio: ha detto nove volte la parola “pace”, definendola «disarmata e disarmante, umile e perseverante». Ha poi fatto un appello: «Aiutateci anche voi, gli uni e gli altri, a costruire ponti, unendoci tutti per essere un solo popolo sempre in pace». Ha poi ringraziato il suo predecessore, papa Francesco, ricordando la sua ultima benedizione a Pasqua: «Conserviamo nei nostri orecchi quella voce debole che benediva Roma e il mondo intero. Consentitemi di dar seguito a quella stessa benedizione».
Leone XIV ha anche letto un passaggio in spagnolo, salutando la sua diocesi di Chiclayo in Perù, paese in cui è stato a lungo missionario e di cui ha anche ottenuto la cittadinanza, e si è definito «un figlio di Sant’Agostino, agostiniano». Mentre il primo papa statunitense pronunciava le sue prime parole in italiano da pontefice, arriva il messaggio del presidente Donald Trump sul suo social Truth. “Congratulazioni al Cardinale Robert Francis Prevost, appena nominato Papa. È un grande onore sapere che è il primo Papa americano. Che emozione, e che grande onore per il nostro Paese. Non vedo l’ora di incontrare Papa Leone XIV. Sarà un momento davvero significativo!”
Chissà come si comporterà Papa Leone XIV sulla scena mondiale di fronte a sfide epocali: una Chiesa ancora segnata dagli scandali, un mondo attraversato da conflitti e polarizzazioni, un’umanità in cerca di speranza. Il fatto che uno statunitense di origini ispaniche, formatosi in America Latina, sieda da oggi sul soglio pontificio è già di per sé un segno dei tempi. Resta da vedere come guiderà la Chiesa nelle tormente che si vedono all’orizzonte. E se volgerà lo sguardo avanti o indietro.